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di Alessandro Spaventa

Viva la Rai?


Se l’acqua è opportuno e doveroso che rimanga in mani pubbliche, altrettanto non si può dire per la nostra cara, amata e augusta televisione di stato.
Ragioni di carattere economico, se esistevano alla sua origine (i rilevanti investimenti per lanciare una nuova tecnologia), ormai non ce ne sono. Ci sono però, a detta di molti, ragioni di carattere “democratico”. La televisione pubblica, secondo questi ultimi, è necessaria per garantire il pluralismo dell’informazione e programmi di valore culturale, informativo, e chi più ne ha più ne metta, che la tv commerciale per sua natura non inserirebbe nel palinsesto. E qui i casi sono due, o questi avvocati dell’informazione di stato non vedono la Rai, oppure sono in malafede. Per accorgersene basta gustarsi qualche telegiornale e scorrere un giorno a caso la programmazione della tv pubblica. I telegiornali propinano informazioni di partito (quale dipende dalla rete che guardate), scelte da direttori nominati da un consiglio di amministrazione che è espressione di quegli stessi partiti. Lottizzazione, la chiamano. La programmazione è un susseguirsi di inutili talk show e varietà, infarcita fino al midollo di pubblicità. Per quanto meritevole, è arduo sostenere che Report da solo possa giustificare tre reti, ingaggi plurimiliardari per Bonolis ed equivalenti e il costo di qualche migliaio di stipendi. Che senso ha pagare il canone per una televisione che è uguale a quella commerciale (e che oltretutto è governata dallo stesso padrone)? E soprattutto ha senso che nell’era di Internet, dove l’informazione è veramente plurale, e della televisione digitale, con la sua miriade di canali, ci si ostini ancora ad un mezzo d’informazione di stato? D’altronde se non esistono giornali e case editrici di stato (fatta eccezione per il poligrafico), perchè dovrebbe esistere una tv pubblica (mezzo ormai altrettanto vetusto)?
Privatizziamo quindi questa benedetta Rai, vendiamola ad un vero concorrente di Mediaset e passiamo oltre. E se proprio non si può, almeno facciamo come i francesi: solo canone e niente pubblicità. Forse allora sì che si avrebbero programmi di un qualche valore culturale (se non altro perchè costano meno).

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Inserito da Alessandro Spaventa - 12 gennaio, 2010 - 11:47


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