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LIBRI

Tutto iniziò negli anni Ottanta

Riportando tutto a casa di Nicola Lagioia non è solo un romanzo generazionale, ma un affresco allegorico di quell'epoca capace di spiegare anche le derive del presente


di Matteo Di Gesù


Per prima cosa occorrerà, se non sgomberare il campo, quantomeno presidiarlo, per tenere testa ai detrattori dell’ultimo romanzo di Nicola Lagioia, Riportando tutto a casa, e controbattere preventivamente al loro argomento più insidioso, che suona più o meno così: "perché mai dovrebbe appassionare il racconto delle vicende di tre giovani maschi, narrato retrospettivamente da uno dei tre, principiando dalla stagione dell’esistenza consacrata un tempo alla lettura dell’Isola del tesoro, ambientato a Bari dentro gli (‘negli’ sarebbe inadeguato e fuorviante) sfavillanti anni Ottanta?" La risposta più ovvia reciterebbe all’incirca come segue. È prerogativa dei romanzi, e non da ieri, prospettare una visione vasta e complessa sulla storia, le cose degli umani, i guasti del potere, lo stare al mondo e via dicendo, proprio raccontando di personaggi irrilevanti: come a ben vedere sono questi tre adolescenti pugliesi, sebbene rampolli di borghesia rampante, losca, sinistra. Quei due filatori di Lecco nel 1628, per dire, non è che fossero eroi titanici: eppure il vecchio Manzoni li ha resi i protagonisti di un’epopea moderna, che ancora funziona. Ma, si obietterà, le loro peripezie si stagliavano sullo sfondo della Grande Storia. E allora che dire della giornata insignificante del 16 giugno 1904 trascorsa da quell’altro tizio dublinese?
 
La si sta tirando per le lunghe, d’accordo. Ma solo per dire che, insomma, si tratterebbe di letteratura – e dunque di forme che funzionano per la lingua di cui sono fatte e per la potenza immaginativa che sanno sprigionare. Mica di tesine di sociologia sperimentale. Rispetto a questa robusta premessa, Riportando tutto a casa riesce a essere ciò che ha l’ambizione di voler essere: non tanto un romanzo generazionale (il che, ad ogni modo non sarebbe un demerito o un aspetto limitativo, se è vero che i nati nella prima metà dei Settanta, ormai uomini e donne alle soglie dei quaranta, e con essi il loro immaginario, la loro condizione sociale, il loro tempo, non si può dire siano stati sufficientemente raccontati e rappresentati, dovendo ancora contendere lo spazio alla presenzialista, narcisista pretora di quelli “che hanno fatto il Sessantotto” e alle loro infinite autocelebrazioni); non solamente, si diceva, un romanzo generazionale, quanto un potente affresco allegorico capace di dire molto dell’Italia del tempo presente. La chiave, assai efficace, è quella della ricostruzione del passato prossimo (e della sua impietosa rimeditazione) come indispensabile postulato per provare a comprendere il presente e le cause che lo hanno reso quel porcaio che è; ma finanche come terapia, forse "placeba", magari disperata, per cercare di guarirne; o solo per attutirne il lezzo.  
 
È un’anamnesi personale, quella condotta dall’anonimo protagonista, un'inchiesta privata che nel progressivo disvelarsi si fa deliberatamente collettiva, sociale, pubblica. Così la parabola di formazione che su tali presupposti ci si dovrebbe attendere dalla narrazione, è piuttosto una iniziazione all’abiezione (ma di quell’abiezione ordinaria e consueta, domestica e diffusa che è il nostro contemporaneo si sta parlando) o meglio una dettagliata illustrazione del processo che ci ha resi quello che siamo. Ecco: il romanzo di Lagioia funziona esattamente come il prequel di una storia – la nostra – che conoscevamo già assai bene, essendoci piombati dentro quasi senza accorgercene, e che in qualche modo ci appassiona, ma rispetto alla quale ci chiedevamo insistentemente cosa fosse successo subito prima (forse perché ce ne eravamo beatamente scordati) e a quando si dovesse far risalire il trauma originario.
 
È anche questa la ragione per la quale l’autore satura il romanzo di modernariato anni Ottanta con piglio di catalogatore e scrupolo di schedatore museale (ad esempio, pescando a campione, a proposito di una trasmissione televisiva a suo tempo celebre, si legge: "Le loro battute sovvertivano la comicità così come la comicità si andava sviluppando, e cioè nient’altro che il sentimento del contrario, passato indenne lungo i secoli – fortificato dalla peste, il sentimento del contrario, fortificato dagli anatemi e dalle scomuniche – per andarsi a rovesciare nel variopinto crematorio del Drive in. Non più il sentimento del contrario, ma dell’identico"). Non solo per descrivere, dunque, ma per significare tramite figure retoriche. Altre due allegorie esemplari: la condizione di "dopo-morti" simboleggiata dall'avvento della musica new wave dopo il punk: "il punk è stato il suicidio della musica rock. Questo invece è il funerale... Vuol dire che tu sei nato morto"; l'osceno spettacolo della finale di Coppa Campioni del 1985 all'Heysel giocata al cospetto dei morti, l'esultanza di Platini, uno strano urlo, come un barrito, "wroom... wrooom", che attraversa la penisola "e in questo grido che non aveva nulla di veramente ragionevole ma realizzava l'aspirazione potentemente disastrosamente umana di fabbricarsi una cattiva coscienza, sentii per la prima volta un lampante inaggirabile senso di appartenenza al mio paese".
Quanto alla lingua: sfavilla di disarmonie oscillanti tra ferma nettezza da anatomista del reale e aperture di inaspettata vastità e di improvvisi lirismi. E marca netta la distanza tra sé e il piattume standard del romanzificio contemporaneo italiano.



Tags: anni ottanta, drive in, Einaudi, manzoni, Matteo Di Gesù, nicola la gioia, platini, punk, riportando tutto a casa, romanzo,
04 Febbraio 2010

Oggetto recensito:

NICOLA LAGIOIA, RIPORTANDO TUTTO A CASA, EINAUDI 2009, P. 292, EURO 20

Altro di Lagioia: Occidente per principianti (2004) e, appena ripubblicato, Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (2001)
Altro su Lagioia: è il responsabile di una delle migliori collane di narrativa italiana, Nichel di Minimum Fax
Il titolo: è la traduzione di un celebre titolo dylaniano, Bringing it all back home
Altri meriti del libro: l'aver segnalato alla nazione che Carofiglio non detiene l'esclusiva su Bari e dintorni
giudizio:



8.229996
Media: 8.2 (9 voti)

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