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LIBRI

Gianni Celati, quel che non ti aspetti da un prosimetro

I Sonetti del Badalucco nell'Italia odierna, raccolta di versi e riflessioni dell'attore Attilio Vecchiatto, mettono a nudo le pecche della nostra identità nazionale. Dimostrando che la letteratura impegnata non è fatta di soli romanzi


di Matteo Di Gesù


Sarà l'imminenza del centocinquantenario dell'Unità d'Italia, sarà lo stato in cui versa la nazione: quello che è certo è che la pubblicistica sull'identità italiana, indagata da svariati approcci disciplinari, metodologici e ideologici, sta conoscendo una rinnovata fortuna. Non è ancora scoccato il capodanno del fatidico 2011, ma già occorrerebbe una libreria nuova in salotto per contenere tutto quello che è uscito in questi mesi sulla questione (e per la gran parte si tratta di ottimi lavori). 
  
Di certo non dovrebbe mancare, nello scaffale dell'italianologo, Sonetti del Badalucco nell'Italia odierna di Gianni Celati, oltretutto eccellente lettura post-estiva, quando l'altrove provvisorio dove si sono trascorse le vacanze ha consentito interessanti riflessioni sul paese da cui si proviene (e dove mestamente si è tornati a feria finita). Di che si tratta: per la sua organizzazione formale è quello che gli addetti ai lavori chiamerebbero un prosimetro, cioè un testo in cui si alternano versi e prosa. Autore dei versi, sonetti shakespeariani con il distico finale a rima baciata, è un personaggio che i lettori di Celati avevano già incontrato alcuni anni fa (nella Recita dell'attore Vecchiatto nel teatro di Rio Saliceto, annata 1996): Attilio Vecchiatto, appunto, attore italiano vissuto avventurosamente in giro per il mondo, prima di tornare in Italia con la moglie, dove è morto nel 1993. Biografia, questa di Vecchiatto, che viene ricostruita frammentariamente nelle parti in prosa del libro, curate da Enrico De Vivo con l'aiuto prezioso di Roberto Papetti.
 
Così nella lettura si susseguono le vicende picaresche dell'attore e le sue poesie: testimonianze postume, tristi, rabbiose, malinconiche, viscerali dell'opinione che sull'Italia, il suo tessuto civile, i suoi costumi si era fatto una volta tornatoci precariamente a vivere (ed era tornato, spiega, perché il nostro era l'unico paese dove “ci sono ancora i cani randagi”). Questi sonetti, insomma, sono una sorta di corpo a corpo con questo eponimo, misterioso, Badalucco: come spiega Celati nelle vesti di curatore, Vecchiatto appellava Badalucco “un'identità collettiva, la figura dell'adulto italiano, il furbone che conosciamo tutti – quell'essere per cui Zavattini proponeva di ‘defurbizzare l'Italia’”. 
 
Il libro di Celati è una gemma di scrittura civile e leggerezza letteraria. Un'esemplare disamina dello squallore dei tempi nostri “senza vergogna” e di chi li governa, una denuncia del loro degrado. La quale attesta ancora una volta come in letteratura si possa essere politicamente incisivi, impegnati o addirittura militanti senza necessariamente rimestare la zuppa riscaldata del realismo (per quello che significhi ancora, poi, tale categoria): perfino astenendosi dallo scrivere un romanzo, o peggio un noir. Ma usando semmai la finzione, la parodia, l'antimimetismo, il gioco metaletterario. Proprio da Celati, del resto, avevamo appreso a suo tempo il valore civile, se non sovversivo, dell'essere buffi.



Tags: attilio vecchiatto, gianni celati, letteratura civile, Matteo Di Gesù, prosimetro, recita dell'attore vecchiatto nel teatro di rio saliceto, sonetti, sonetti del badalucco nell'Italia odierna, unità d'italia,
02 Settembre 2010

Oggetto recensito:

Gianni Celati, con il contributo di Enrico De Vivo, Sonetti del Badalucco nell'Italia odierna, Feltrinelli 2010, p. 110, euro 7.50

giudizio:



9
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