Il Liberismo, come un fiume in piena rompe gli argini di ogni regola e controllo. L’etica, da valore morale e atteggiamento filantropico, diviene in ogni ambito meccanismo esso stesso di vantaggio operativo nei confronti dei singoli, le aziende e istituzioni. I codici deontologici delle varie attività, professioni e istituzioni, sono la giusta risposta del mondo che lavora? Alla ricerca ai un Codice Etico condiviso come base comune fra codici deontologici.
di Adolfo de Rienzi
Riportiamo un'estratto dall'introduzione del libro Liberismo ed etica - Codici deontologici a confronto, a cura dell'Accademia del Notariato (editore Ed Insieme)
Il sentire comune della gente di buon senso che rivolge l’attenzione oltre i confini nazionali e che mette a confronto il vivere quotidiano del nostro Paese con quello degli altri Paesi, anche solo europei, non può non cogliere il degrado che parte dalla politica e, a cascata, attraversa le istituzioni per giungere alle realtà delle imprese passando attraverso il variegato mondo delle professioni.
Una delle risposte che si cerca di dare a questo stato di fatto, del quale la vicenda dei rifiuti sembra costituire un aspetto emblematico, è la tendenza quasi esponenziale a fare confluire l’esigenza di pulizia che per convenzione viene chiamata “etica” in “codici deontologici”. Vi è così un proliferare di “codici deontologici” in ogni ambito. In questa pubblicazione si è inteso soddisfare l’esigenza pratica di assemblare alcuni di questi codici a beneficio delle professioni giuridico-economiche che si interfacciano costantemente.
È appena il caso di ricordare che, con particolare riferimento alle professioni ordinistiche, ad onta delle espressioni usate e spesso contro l’intenzione degli estensori, i codici de quo costituiscono vere e proprie norme di secondo livello. Si è ritenuto dotare gli studi dei professionisti di codici di deontologia non solo per la intuitiva esigenza di una immediata consultazione ma anche per favorire chi, da una contestuale comparazione voglia cogliere spunti de iure condendo.
Per completezza di argomento si è ritenuto utile riportare anche codici in uso presso talune organizzazioni imprenditoriali e presso organizzazioni non ordinistiche.
Corre l’obbligo di sottolineare che si tratta di materie in continua evoluzione che potranno variare anche in corso di stampa di questo volume. È opportuno, quindi, verificare la corrispondenza dai siti web ufficiali delle rispettive organizzazioni qualora si abbia l’esigenza di approfondire singole problematiche. Ed ora, tanto per dare il buon esempio de iure condendo, consentitemi qualche breve considerazione di carattere generale che già avevo in precedenza minacciato di fare.
Tutti i codici di deontologia dettano principi di comportamento. “Si sa che la gente dà buoni consigli se non può dare il cattivo esempio” recitava una canzone di De André negli anni sessanta. Il Consiglio di Stato (n. 122/97) esplicitamente mette in guardia: “...l’occupazione da parte della tecnica di spazi propri dell’etica ha determinato la supremazia delle morali professionali sulla morale comune, se non la riduzione della seconda alle prime...”, infatti le prescrizioni deontologiche hanno una ragion d’essere solo se costituiscono ‘regole di dettaglio’ a garanzia dell’effettività.
Mettendo quindi a confronto questi strumenti di auto–regolazione della vita delle organizzazioni spiccano, sopra gli altri due principi che tutti ritengono fondanti: indipendenza ed autonomia. A seguire assumono rilevanza i canoni-guida di correttezza e lealtà. Ogni attività, per essere esercitata in modo da creare un clima di fiducia da parte di chi a quella attività si rivolge, deve attingere a valori universalmente riconosciuti.
Che sia un pubblico dipendente o un lavoratore autonomo occorre che chi opera sia libero da qualsiasi coinvolgimento da centri di potere affaristici che possano condizionare le sue funzioni. Correttezza significa trasparenza e comprensibilità del proprio operato, è scrupolo, è non abuso delle proprie posizioni di potere, è imparzialità di comportamento. Lealtà è il rispetto dovuto alla propria ed alla altrui dignità, al decoro anche al di fuori dell’esercizio della propria funzione, è confronto coraggioso e aperto.
Anche la riservatezza e la segretezza sono principi presenti nei codici deontologici. Rivelare informazioni, fatti o documenti dei quali si è venuti a conoscenza a causa delle proprie funzioni possono creare gravi pregiudizi. La presenza di tanti elementi condivisi dai vari codici di deontologia rendono necessarie ulteriori considerazioni.
Occorre cercare di studiare e adottare codici di comportamento condivisi. Possibilmente più sintetici e con regole più chiare. Evidenziando ciò che unisce è più facile sottolineare e disciplinare ciò che differenzia. È una forma di rispetto delle peculiarità che caratterizzano le singole attività, professioni ed istituzioni.
L’etica interdisciplinare può e deve diventare un momento di superamento di inutili e controproducenti frammentazioni ed equivoci. Di conflitti d’interessi tra professioni e delle professioni con le varie istituzioni ed attività. Continuare a considerare l’etica come un orticello che ciascuno si coltiva incurante del proprio vicino, può creare danni seri a sè ed al proprio vicino.
L’idea di casta nasce proprio dall’abitudine a creare steccati talvolta inutili e talaltra dannosi anche alla categoria che li costruisce. Che senso ha brigare politicamente per attribuire competenze a questa o a quell’altra categoria professionale se non si hanno ben chiare le ragioni profonde che differenziano le categorie stesse?
Che senso ha modificare una legge senza che le categorie interessate siano sinergicamente consapevoli e parte essenziale di quelle modifiche? Questo, sempre rispettando le istituzioni preposte alla legiferazione ed i destinatari ultimi della norma. I conflitti di interessi e le invasioni di campo tra i poteri dello Stato nascono anche da questi semplici e fondanti principi di etica.
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