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LIBRI - SAGGISTICA

Voce di mamma

Le parole, i versi, i richiami materni come "cordone ombelicale" invisibile, per tenersi stretto il bimbo anche quando per un attimo si abbandona il contatto fisico. Dal motherese deriva il linguaggio parlato e anche il canto: questo, almeno, secondo l'affascinante teoria esposta in Lingua Madre da Dean Falk, venerdì al festival della scienza di Genova


di Dario De Marco

 


Questo viaggio comincia ben cinque milioni di anni fa. È stato allora infatti – anzi tra i cinque e i tre milioni di anni fa, per la precisione (per la precisione?) - che nell'evoluzione degli scimmioni nostri antenati accadde qualcosa di decisivo: la conquista della posizione eretta. Questo fatto, dalle cause tuttora ignote, ebbe delle conseguenze invece ben note ed evidenti a tutti: a cominciare dalla possibilità di usare le zampe anteriori, invece che per camminare o dondolarsi sui rami, per costruire utensili, e passare in pochi millenni dall'ascia di pietra all'AK47.
 
Ma un'altra conseguenza è meno palese, anche se per gli scienziati non è una novità: stare in piedi portò alla modifica delle ossa del bacino, il che portò nelle madri preistoriche al restringimento del canale del parto, il che per selezione naturale portò alla sopravvivenza dei soli neonati di dimensioni molto piccole. Il che, infine, portò a una modifica del modo in cui le mamme accudiscono i loro figli: non più solo con il corpo, ma con la voce. Spiega Dean Falk nel meraviglioso Lingua madre che i piccoli di scimpanzé dopo pochissimo tempo dalla nascita sono in grado di tenersi aggrappati alla madre, la quale dal canto suo può continuare a fare tutto quello che fa di solito, cioè camminare e cercare da mangiare, certo con un sovrappeso e qualche impaccio, ma insomma se la cava.
  
Immaginatevi invece una madre preistorica di homo, senza né il passeggino della Graco né il marsupio della Chicco: che fa? Si tiene il figlio in braccio, già. Ma siccome deve anche andare in giro per seguire il gruppo e raccogliere qualche radice di tanto in tanto, sarà costretta certe volte a metterlo giù, e quello ovviamente inizia a piangere. Allora lei, se proprio non può riprenderlo, fa quello che fanno le mamme (e non solo) ancora oggi: inizia a parlottare, canticchiare, fare dei versi, dei richiami, delle sillabe senza senso o con un senso semplicissimo. È il cosiddetto maternese (in inglese, meglio, motherese). Ecco: l'ipotesi della Falk, e qui sta la vera rivoluzionaria novità, è che questi balbettii e cinguettii tra madre e figlio siano stati l'origine al protolinguaggio, che a sua volta nel corso dei milioni d'anni si è dotato di grammatica e sintassi diventando linguaggio tout court.
 
Novità rivoluzionaria perché le ipotesi sull'origine del linguaggio, che è una delle tante cose della preistoria che restano misteriose, avevano finora riguardato i richiami che si danno i maschi impegnati nella caccia, o i versi che fanno i maschi impegnati nella competizione sessuale, ma insomma sempre e solo i maschi, mai le femmine. Porre le donne al centro di uno snodo così fondamentale nell'evoluzione umana, dire cioè che quello che ci distingue dalle scimmie non solo non è merito di Dio, ma neanche di Adamo, bensì di Eva, ahi ahi, che cosa terribile.
 
Ma il teorema della Falk si estende dal linguaggio anche alle altre arti, con un corollario che riguarda per esempio la musica, ed è altrettanto rivoluzionario. Sull'origine della musica, infatti, idem si affastellano ipotesi fumose, ma comunque le più accreditate vogliono canti e suoni come un'uscita recente, un complemento superfluo, un di più nell'evoluzione culturale dell'homo, uno sfizio, o com'è stato detto una “torta alla panna uditiva”. A quest'ipotesi, tutti noi che almeno una volta nella vita abbiamo avvertito l'enorme potenza, animale e ancestrale, di un ascolto musicale, ci ribelliamo con la pancia e con il cuore.
 
Però non possiamo portare prove; mentre Dean Falk, e qualche anno fa Steven Mithen con un libro appositamente dedicato al tema (Il canto degli antenati, Codice edizioni), ci mettono la scienza: e teorizzano che proprio dal maternese, nato dall'esigenza di mantenere il contatto con il bimbo “messo giù”, siano derivati da un lato il linguaggio e dall'altro la musica (le ninne nanne, le filastrocche, le cantilene), e si siano poi divisi e in parallelo sviluppati. Il primo come mezzo di comunicazione utile, l'altra solo e semplicemente come fatto estetico, cosa bella (e pure qui ci sarebbe da obiettare, dato che non mancano espressioni linguistiche – parlate o scritte – che possano definirsi belle, né manifestazioni sonore che nient'affatto estranee al concetto di utilità). Ancora le donne, quindi, all'origine del mondo. Della lingua. Della musica.
 
 
(Questo pezzo è l'inizio di un più ampio articolo estratto dalla rubrica Caravan che l'autore tiene sul mensile Blow Up)



Tags: Bollati Boringhieri, Dario De Marco, Dean Falk, età della pietra, Lingua Madre, preistoria,
27 Ottobre 2011

Oggetto recensito:

Dean Falk, Lingua Madre. Cure materne e origini del linguaggio, Bollati Boringhieri 2011, p 200, 19,50 euro

Incontro con l'autore: Dean Falk è al Festival della Scienza di Genova il 28 ottobre ore 18:30
al Palazzo Ducale, Sala del Maggior Consiglio, Piazza Matteotti 9. La sua lectio magistralis sarà introdotta da Telmo Pievani. Per maggiori informazioni leggi qui

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