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SPECIALE FINE ANNO - POLITICA

Chi va piano va Bersani

Metà anno se n'è andata per l'elezione del segretario Pd. Mentre il partito esercitava la trasparenza democratica però il Paese è andato avanti, e ora ci ritroviamo con sei mesi di opposizione arretrata da recuperare


di Roberto Alajmo


Meglio metterla giù di piatto, senza troppe mani avanti. Il fatto più importante degli ultimi dodici mesi, quello per cui questo 2009 sarà ricordato a lungo, è l’elezione di Pierluigi Bersani alla segreteria del Pd.
Non esiste hard news che possa intaccare l’evidenza di questo evento di enorme peso. Peso temporale, se non altro. Qualsiasi inondazione, terremoto, strage, arresto, attentato si brucia nell’arco di pochi giorni, magari con un indotto di polemiche, soccorsi, ricostruzioni, processi. Ma nulla che possa competere col ciclo semestrale dell’elezione di Bersani. L’avvento di Bersani ha avuto l’andamento di un adagio di Brahms, basandosi sul principio che bisogna sempre prendersi il tempo che serve, e quando si arriva si arriva. Anche volendo contare dall’apertura ufficiale della fase precongressuale, saltando cioè il consolato post-veltroniano di Franceschini, stiamo parlando di un periodo di mesi e mesi.
 
Prima si sono dovute fissare le regole: comitati, primarie, delegati, congresso. E già questo ha portato via del tempo. Poi, dopo essersi messi d’accordo, è cominciata la fase del surplace. Come i ciclisti nelle gare su pista, i diversi leader sono rimasti immobili aspettando che fosse l’avversario a fare la prima mossa, per poi lanciarsi all’inseguimento. Quindi candidature centellinate, per paura che venissero bruciate. Quando finalmente il campo dei concorrenti si è delineato con certezza, è cominciata la gara vera e propria. Anche questa fase, tuttavia è stata densa di tatticismi. Per lunghissimo tempo Bersani, Franceschini e Marino si sono studiati, hanno saggiato le rispettive difese, si sono punzecchiati, hanno litigato apertamente: tutto secondo un calendario che è durato fino a ottobre. Non c’è stato giorno in cui non sia partita dalle rispettive segreterie una frecciata. Anche quando il tema era dettato dall’attualità politica nazionale, era solo in seconda battuta che la frecciata era rivolta alla maggioranza di governo. In realtà le polemiche erano tutte per uso interno al partito. Riferite a nuora perché suocera intenda.
 
Il potenziale elettorato del Pd ha assistito a queste lunghe schermaglie prima con passione e poi, man mano, con una forma crescente di costernata desolazione. Perché, beninteso, mentre l’evento dell’anno si consumava a fuoco lentissimo, la vita andava avanti. La vita delle persone e la vita politica nazionale. Per circa sei mesi il governo è stato costretto ad assumere in sé il ruolo di maggioranza e opposizione, inscenando una serie di micropolemiche interne che hanno dato la sensazione che il processo dinamico di ogni democrazia fosse ancora in vigore. Bossi contro Fini, Tremonti contro Brunetta, sottosegretari contro sottosegretari.
Intanto che nel Pd si dava corso alla trasparenza democratica il Paese reale mica poteva fermarsi. È andato avanti: cioè, nella fattispecie, indietro. E quando finalmente Bersani si è insediato, s’è scoperto che c’erano sei mesi di opposizione arretrata da smaltire. Adesso si tratta di mettersi al passo. Una cosa alla volta, però. Per carità: senza fretta.


Tags: bersani, democrazia, elezioni segreteria pd, evento dell'anno, franceschini, Pd, politica interna, primarie, Roberto Alajmo,
29 Dicembre 2009

Oggetto recensito:

ELEZIONE DI BERSANI ALLA SEGRETERIA DEL PD

giudizio:



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