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LIBRI

Claudio Magris, il superstite

Dietro l'apparente semplicità di una raccolta di articoli, Livelli di guardia ci mostra la visione lucida e disperata che un grande intellettuale ha di un mondo in cui ormai è impossibile riconoscersi


di Giampaolo Rugarli


Claudio Magris non ha bisogno di venir presentato: è una delle rare stelle che mandano intensa luce nel cielo buio della letteratura italiana contemporanea. Però ha un difetto (condiviso da me e da altri – se pochi o molti non so): è una persona perbene. In Italia essere una persona perbene è una circostanza altamente ostativa: la realtà in cui viviamo appartiene ai furbi o ai mascalzoni, come insegnano le vicende della politica e non solo della politica.
 
Magris ha raccolto una scelta di articoli pubblicati sul Corriere della Sera tra il 2006 e il 2011 (la scelta, edita da Garzanti alla fine dello scorso anno, si intitola Livelli di guardia): traendo spunto dalle più disparate situazioni della nostra vita civile, l’Autore suggerisce un criterio o meglio un denominatore comune che dovrebbe essere norma fondante della nostra quotidianità. Suggerisce appunto di agire da gentiluomini ossia di essere perbene. È un precetto rivoluzionario nel marasma che ci avvolge, tant’è che, parafrasando quanto affermato da un’antica filosofia, non è sbagliato asserire che non è reale ciò che non è televisivo. È tendenza non di oggi ma già vecchia di qualche tempo dare spazio a ciò che è insignificante e porre in oblio ciò che dovrebbe occupare la scena: purtroppo la tendenza si va accentuando sempre di più, ed è l’imbecillità a correre sulla bocca di tutti.
 
Magris impavidamente non solo affronta i temi che la gente preferisce ignorare o addirittura ignora, ma si pone il problema della forma cioè dello stile, in un mondo che identifica la comicità con il turpiloquio o con le sortite carminative, e infine si interroga sull’ “imprendibile e mobile ombra del nostro cuore”. Il Crocifisso nelle scuole, la secessione leghista e il dio Po, i preti pedofili, un re travicello non meglio identificato, la mancata estradizione del terrorista Battisti, l’inadeguatezza della classe politica sono alcuni degli argomenti affrontati, e in ogni caso lo scioglimento disattende le attese più ovvie, anche dalla parte meno conformista. Così p.e. (e sono pienamente d’accordo) il Crocifisso deve restare anche nelle scuole pubbliche, perché “quell’uomo in croce che ha proferito il rivoluzionario discorso delle Beatitudini non può essere cancellato dalla coscienza”.
 
Fermissima la condanna della volgarità, che oramai è diventata nostro pane quotidiano. Non è in discussione il semplice linguaggio (anzi, in determinate circostanze la parolaccia può aiutare a dissacrare, a spezzare il cerchio di un certo perbenismo ipocrita), bensì larga parte dei nostri comportamenti a immagine dello specchio televisivo. L’apparire ha travolto e annullato l’essere, e dovunque impera la pubblicità che ha conquistato dignità di scienza e ha proprie cattedre universitarie. La cattedra di eccellenza è il programma tv noto come “L’isola dei famosi”.
 
Mi sto avvicinando al cuore del discorso di Magris ossia la ricerca della direzione da imprimere alla nostra vita. So che questo interrogativo (al di fuori delle risposte di intonazione religiosa) in anni più o meno recenti è stato persino deriso, attribuendo a mera casualità il nostro passaggio terreno e sentenziando tautologicamente che siamo al mondo perché siamo al mondo. Un personaggio della tv (mi sembra in un vecchio spettacolo di Renzo Arbore) derideva ogni ansia di sapere e di capire, declamando con enfasi ostentata: “Chi siamo? Dove andiamo? Ah, saperlo!”.
 
Evidentemente Magris non pensa e non si esprime così platealmente, ma è schierato con Kant. Kant sente ammirato stupore per due cose che colmano la sua anima, cioè il cielo stellato sopra di lui e la legge morale dentro di lui. Magris è tra i superstiti che interrogano la volta celeste e la propria coscienza. Ho scritto “superstiti” per mia dolente, maturata convinzione, e non per il gusto per i tono drammatici, pessimistici. Mi pare certo che civiltà e storia dell’uomo siano giunte a un punto di svolta, come fu quando il mondo pagano cedette al mondo cristiano. Non azzardo profezie, ma ho già espresso la mia opinione sul contesto in cui viviamo: al di là di tutte le rimozioni operate, credo che sia ancora lecito domandarsi se, dopo la nostra vita, vi sia altro. Chi crede in Dio risponde affermativamente, tutto il contrario chi non crede e preferisce gli algoritmi alle preghiere.
 
Il dilemma fede/ateismo non mi ha mai convinto, ho sempre pensato che nessuna delle due opinioni, quella affermativa e quella negativa, possa portate argomenti decisivi. Mi è sembrato e mi sembra molto più ragionevole quanto suggerisce Socrate cioè Platone (si vedano le pagine conclusive del Fedone) che sia giusto sperare in un Altrove che ci dia il perché della vita terrena e che ricompensi la rettitudine.
 
È impervia impresa leggere nel cuore altrui, e figuriamoci in quello di Claudio Magris. Tuttavia a me par di capire dai suoi scritti che egli sia uomo di speranza piuttosto che di fede (in positivo o in negativo), e si leggano le bellissime pagine su Padre Pio, le cui spoglie mortali ricevono quotidianamente un culto idolatra – una follia della quale anch’io sono stato testimone. Scrive Magris: “… anche chi crede ai miracoli farebbe bene.. . a sapere che il mistero – per il credente, pure il mistero di Dio – è quello della vita, nascere amare dubitare credere perdere illudersi osare morire, non gli effetti speciali delle Madonne in gesso che piangono”. Non so se la speranza di Magris includa anche l’al di là, ma il nostro autore certo vorrebbe che il transito terreno fosse più degno, meno stupido e casuale di quanto involontariamente proposto dal progresso della scienza e della tecnologia. Rinvio in proposito agli articoli sulla assuefazione alla tragedia (i profughi annegati a migliaia, che scivolano via come un’ordinaria notizia di cronaca) e sulla idiozia del male (il mentecatto norvegese che compie un massacro presumendo di redimere le vittime).
 
Livelli di guardia è da leggere e da rileggere tutto, con estrema attenzione, perché ci avverte che i livelli del titolo sono stati largamente oltrepassati, e che un secondo diluvio universale oggi non avrebbe bisogno della acque, potrebbe passare perfino inosservato. Nelle ultime pagine vi è un riferimento a Musil e Magris parla di una civiltà dove “succedeva spesso che un genio venisse preso per un babbeo, ma non accadeva mai che un babbeo venisse preso per un genio”. Ahimé. Da noi, nel nostro pezzo di mondo, capita sempre più di frequente che i babbei vengano presi per geni; forse è questo il secondo diluvio universale.



Tags: claudio magris, corriere della sera, Garzanti, Giampaolo Rugarli, Livelli di guardia, recensione,
19 Marzo 2012

Oggetto recensito:

Claudio Magris, Livelli di guardia, Garzanti 2011, 208 pagine, euro 18

giudizio:



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