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LIBRI - NARRATIVA

Il Dio del Rock

Un Gesù tutto musica e marijuana e un Padreterno in vacanza sono i protagonisti del nuovo romanzo dello scozzese John Niven, A volte ritorno. Da uno spunto non inedito, una storia buonista e un poco manichea che però, incredibilmente, funziona. Un miracolo?


di Giuseppe De Marco

 


Prendiamo, diciamo, un Kurt Cobain dei tempi andati. Mettiamogli uno sguardo magnetico e accattivante al posto di quello appannato dalle droghe e un bel sorriso smagliante. Diamo una pulita ai capelli ma lasciamo il look hippy/grunge. Miglioriamo infine (di parecchio) le doti vocali e la dimestichezza con la chitarra. E abbiamo il personaggio.
 
Adesso dobbiamo solo inserirlo nel contesto giusto. Per esempio un bell’X Factor americano, solo moltiplicato per mille in termini di squallore iper commerciale, nonché di audience e annesse folle in delirio. Ora seguiamo lo strabiliante percorso del nostro mentre conquista il pubblico a suon di Nirvana o Springsteen, sempre placidamente a suo agio anche mentre si lascia andare in diretta planetaria ad osservazioni poco lusinghiere nei confronti del Papa e dei cristiani. Manca solo l’ultimo particolare: il tizio in questione si chiama Gesù. E non è, naturalmente, un “Jesus” latinoamericano qualunque. Ma proprio lui: Gesù Cristo. E non servono altre presentazioni. 
 
Niven_John_300dpi_10190.gifDa questo espediente, che non è nuovo né originale (ci aveva già pensato, per dire solo l’ultimo in ordine di tempo, il controverso James Frey ne L’ultimo testamento della Sacra Bibbia) prende avvio l’ultimo romanzo di John Niven, scrittore e giornalista scozzese. E chiariamo subito una cosa. Prendere Gesù Cristo e mandarlo sulla Terra dei giorni nostri è chiaramente un’idea 

intrigante per uno scrittore. Ma è anche un’operazione terribilmente rischiosa. Sia che si scelga di preservarne l’immagine tramandata dalle Letture, sia che si opti invece per la soluzione “modernista”. Noia mortale o caricatura oscena sono i due opposti scogli contro i quali si rischia di naufragare. A cui bisogna aggiungere, visto il tema, il rischio di urtare la suscettibilità dei soliti noti che scatta appena si prova a nominare invano il nome di Dio (e infatti il romanzo ha collezionato ben 18 rifiuti da parte di altrettante timorate case editrici).  

Niven, in ogni caso, opta decisamente e senza remore per la seconda strada. E non solo nella decisione di reincarnare Gesù nei panni di un moderno hippy che beve birra e fuma marjuana a tutto spiano. Ma anche nella sua personale ricostruzione del carrozzone paradisiaco. A cominciare da Dio Padre: un gagliardo e iroso omaccione che passa con sovrumana indifferenza dal turpiloquio alla cannabis. Per proseguire con sua maestà Lucifero, un viscido signorotto la cui principale occupazione è quella di infilare dildo spinati nei fondoschiena delle anime dannate. Per finire con il nostro Gesù che, ripresosi dalla prima avventura terrena (finita maluccio, in verità) si rilassa strimpellando accordi in compagnia di Jimi Hendrix. 
 
A rompere l’idillio fumoso della sgangherata combriccola paradisiaca ci pensa proprio il Padretrerno. Tornato da un paio di settimane di vacanze passate a pescare, il Nostro si accorge infatti che nel frattempo la Terra sta, più o meno, andando a rotoli. A questo punto, raccolte le forze, bisogna resistere ancora ad un paio di passaggi sconfortanti (i quindici giorni celesti che equivalgono a cinque secoli terreni e il training accelerato a cui si sottopone Dio per rimettersi in paro con gli eventi terreni). Arrivati fin qui, se non si è ancora riposto il libro in attesa di tempi migliori, ci si è finalmente meritati (a caro prezzo) la seconda parte del racconto.
 
E qui torniamo al nostro Jesus/Cobain di cui sopra, in missione per salvare l’umanità perduta da un pulpito che si addica ai desolanti tempi moderni. La partenza in sordina, tra i bassifondi di New York (e dove sennò?); l’esordio in diretta televisiva; la fama mediatica; il tentativo, raggiunta la sua platea, di cambiare il mondo; l’epilogo inevitabile.
 
Il racconto è innervato di una morale buonista, ecologista e libertaria talmente scontata che proprio non si capisce come possa convincere. Per dire ci sono proprio i buoni contro i cattivi, da non credere. Eppure (miracolo?) funziona. La storia tiene incollati alle pagine. Il personaggio e i comprimari sono tanto improbabili quanto incredibilmente convincenti. Ci si affeziona all’american Jesus al punto da mandar giù senza colpo ferire tutta la filippica sui mali del mondo moderno. E ci si gode un finale che risolleva quasi tutti i punti bui del libro, che alla fine si lascia chiudere con un sorriso sul volto. E così sia.



Tags: A volte Ritorno, cristo, dio, Einaudi, Gesù, Giuseppe De Marco, John Niven, recensione, resurrezione,
21 Giugno 2012

Oggetto recensito:

John Niven, A volte ritorno, Einaudi 2012, p 360, 19 euro

 

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