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LIBRI

Valerio Magrelli, scrivere con i piedi

Dalle domeniche allo stadio alle partitelle sotto Castel S. Angelo, per l'autore di Addio al calcio lo sport non è soltanto una passione: è una mitologia privata fatta di ricordi, una chiave di interpretazione per rileggere le nostre vite


di Giuseppe Grattacaso


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Negli ultimi anni Valerio Magrelli ha dedicato un'attenzione costante e si direbbe crescente alla prosa, rifuggendo però dalle forme del racconto e del romanzo per dedicarsi a brevi scritti, quasi epigrammatici, incentrati su un unico argomento. A partire dal 2003 si sono susseguiti tre volumi di questo tipo, intervallati dall'unica raccolta di poesie, Disturbi del sistema binario, pubblicata nel 2006.
 
Dopo l'analisi del proprio corpo, delle malattie e della inevitabile decadenza che stava al centro di Nel condominio di carne, e la riflessione su quel particolare surrogato dell'esistenza che sono i viaggi in treno (contenuta nel più recente La vicevita), Magrelli ora si muove lungo un terreno che appare quanto mai a lui congeniale, in cui l'abituale registro ironico e autoironico si condisce di una vena spesso malinconica ed elegiaca. Addio al calcio è una raccolta di 90 brevi prose, contrassegnate ognuna non dal titolo né dal numero delle pagine, ma dal minuto e dal tempo di quella speciale partita di cui fanno parte; l’autore rilegge quella che sicuramente è stata una sua grande passione, ma che finisce anche per essere una chiave di lettura utile ad interpretare eventi del quotidiano e più in generale accadimenti solo apparentemente lontani.
 
Il calcio - quello giocato, visto, parlato o solamente evocato - in racconti che si avvicinano alla concreta indeterminatezza del mito, diventa nelle mani di Magrelli un poderoso strumento ottico, dotato di una lente bifocale che avvicina per allontanare vicende e argomenti, permettendo a chi scrive e al lettore di muoversi tra passato e presente con veloce e allo stesso tempo pacatissima risolutezza.
 
E così al calcio del presente, agli stadi dove non è più possibile ascoltare i suoni che provengono dal terreno di gioco, il respiro dei giocatori, il colpo del piede sulla palla, si contrappone - richiamato dai versi di Vittorio Sereni, dalle pagine di Borges e Bioy Casares - lo sport com’era un tempo: meno patinato, meno parlato ma più leggendario, di una mitologia privata, dove un forte tiro su un campetto assolato nella calura di un pomeriggio d'estate spezza la traversa “che scende cigolando sul portiere”. Quel calcio, dagli effetti quasi metafisici, che si gioca nelle stanze di una casa vuota, nei giorni che seguono un trasloco, con l'ebbrezza di partite che durano ore e lasciano il ricordo “di un ibrido, di una strana chimera, un insensato incrocio tra campo di calcio e tinello”. 
 
La realtà, anche quella più abusata o più banale, produce lampi improvvisi, impreviste epifanie, si traveste essa stessa da metafora e regala significati che permettono di penetrare le vicende da nuovi angoli di esplorazione. E' così ad esempio che la bellissima pagina raccolta al 41' del primo tempo rievoca i pomeriggi trascorsi di un giovanissimo Valerio sui praticelli tra i contrafforti di Castel Sant'Angelo. Finita la partita, veniva il bello: cercare di spedire la palla oltre le mura. Una missione impossibile, eppure, ricorda Magrelli, “eravamo capaci di impiegare ore intere nel tentativo di calciare più su, più su possibile. Risento ancora il tonfo, e il lungo silenzio che seguiva l'ascesa di quei proiettili lentissimi, protesi verso il cielo, inutilmente”. Leggendo queste parole vien fatto di pensare come quel gioco, nella sua folle ossessione, nella sua ostinata lentezza, nel mirare verso un traguardo irraggiungibile, risulti in fondo molto simile alla poesia.
 
Addio al calcio è anche un dialogo a distanza con il figlio che, a disagio fin da piccolo con gli scarpini e attratto piuttosto dalla PlayStation, chiude presto con il “calcio sterminato”, quello per capirci “dei campi che non finiscono più, in cui serve artigliare il terreno a forza di tacchetti e di fiatone”. E rievoca anche il rapporto col padre che, in quella straordinaria notte estiva di Italia–Germania, chiuso in bagno durante i tempi supplementari perchè incapace di affrontare quella elettrizzante “epica in cucina”, chiamama il figlio per chiedere informazioni, “per sapere cosa si stava perdendo”, e al termine della partita poteva finalmente abbracciarlo, “sciolto dal suo incantesimo”.
 
Nel personalissimo pantheon calcistico dello scrittore trovano posto personaggi vari, la maggior parte fantasmi nella memoria collettiva. Si tratta ad esempio di Jackie Charlton che, nelle vesti di allenatore dell'Eire, stringe nervosamente tra le mani la scoppola, in un gesto d'altri tempi che nulla ha a che vedere con le prove attoriali degli allenatori da oggi. O di Rudi Volk, “antico cannoniere” della Roma, autore della rete determinante nel primo derby giocato contro la Lazio; o ancora di un anonimo giovane campione locale, aggressivo e sguaiato, che si ferma in mezzo al campo a ruttare e diventa, agli occhi del bambino Magrelli, irresistibile per il suo “carisma primitivo”.
 
Addio al calcio è in fondo un meraviglioso atto d'amore verso uno sport che l'autore confessa di non praticare più attivamente (“io, che vivevo all'aperto, ebbro di ossigeno, sono rientrato nel nero bozzolo, rinchiuso nell'astuccio di una stanza a macinare chilometri in cyclette”), e di non seguire nemmeno da spettatore. Eppure, conclude “quel morbo lontano continua a possedermi, senza che abbia trovato alcun antidoto”. Perché questa invincibile attrazione? Forse perché, come scrive l'autore a proposito di palloni ancora una volta scagliati verso il cielo - ma questa volta molti anni dopo le esibizioni di Castel Sant'Angelo - “quel gioco era slegato da tutto, e si traduceva in un semplice desiderio di movimento e di elevazione. Forse perché quel gioco era una preghiera”.



Tags: calcio, Condominio di Carne, Disturbi del sistema binario, Einaudi, Giuseppe Grattacaso, L'invicibile attrazione di un campo da calcio, recensione, sport, Valerio Magrelli,
12 Ottobre 2010

Oggetto recensito:

Valerio Magrelli, Addio al calcio, Einaudi 2010, p. 114, euro 17

giudizio:



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