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POLITICA

Arrestate quei giudici

Ammettiamo che Berlusconi abbia ragione: i magistrati lo perseguitano. Ma allora le leggi ad personam sono una risposta troppo debole. Che aspettate? Chiamate il 113


di Remo Bassetti


E’ veramente sorprendente come, dopo tanti anni di discussione sulle leggi ad personam, la questione non sia mai stata affrontata sotto una prospettiva che pure mi parrebbe la più ovvia.
La premessa è nota: praticamente da quando è al governo Silvio Berlusconi vara, o prova a varare, delle leggi che lo metterebbero al riparo dalle sue pendenze giudiziarie. A volte per ottenere questo risultato ricorre a norme che coinvolgono un’elevata quantità di altri soggetti; a volte, come nel Lodo Alfano, tenta una strada che coinvolge lui, e al massimo qualche altra figura istituzionale. In entrambi i casi le critiche che gli vengono rivolte sono quelle di proteggersi con “leggi ad personam”, pensate esclusivamente in funzione di un suo specifico interesse piuttosto che del bene della collettività.
Di fronte a ciò, la difesa della fazione berlusconiana, e molto spesso anche la sua (vedi ancora di recente, “i pm comunisti” o “certi pm mi aggrediscono più di Tartaglia”), è quella di negare esplicitamente l’obiettività dei pubblici ministeri o dei giudici che indagano su Berlusconi. Per forza, di fronte al fatto che quelli sono disonesti ed eversori, lui si deve difendere. Non è questione di leggi ad personam. Anche se, stranamente, questa metafora non è mai stata usata, a me viene da dire che è come il provvedimento che dispone una scorta. Certo che è ad personam, ma la scorta viene assegnata a chi si trova in pericolo, mica a tutti i cittadini. E, per giunta in quel caso, la scorta, pur difendendo una sola persona, sta in realtà interessandosi del bene comune, visto che la protezione delle figure istituzionali è un interesse generale.
 
C’è però un piccolo problema. Quando una figura istituzionale viene minacciata, di solito, non si sa chi sono quelli che minacciano. Oppure si sa, ma si ignora dove andarli a prendere. Ma se invece fosse notorio? Immaginiamo che in un condominio ci fosse una targhetta fuori al citofono con scritto, che so, “Brigate Rosse – gruppo terroristico”. Che i componenti di quel nucleo fossero noti e dichiarati, salutassero cordialmente il custode al mattino alzando il mitra da lontano, aprissero la partita Iva per farsi fatturare l’esplosivo, e distribuissero per strada bigliettini con la ragione sociale. Immaginiamo ancora che, a un certo punto, siccome in uno dei loro volantini minacciano il capo del governo, questi si faccia mettere sotto scorta, e archivi la questione. Eh, ma mica saremo tanto contenti. Che bel tipo, diremmo. Quelli sono le Brigate Rosse, non è che perché adesso lui ci ha la scorta, sciolgono l’associazione e si danno al giardinaggio o aprono un negozio di elettrodomestici. Sceglieranno un altro bersaglio, che non ha la scorta, e colpiranno lui. Non doveva preoccuparsi della sua scorta quell’egoista del capo del governo. Doveva segnalare l’organizzazione alla Procura, affinché li arrestassero.
 
Il caso corrente di Berlusconi è assolutamente analogo. Rispettiamo il suo punto di vista. Magari ha ragione, son terribili questi magistrati di Milano. Delinquenti, essenzialmente, poiché è chiaro che se invece di muoversi secondo la legge cercano d’incastrare un povero innocente, non li si può chiamare diversamente. Se è così, significa che non esitano a fabbricare prove false, torturare i testimoni, prendere ordini dai loro superiori di partito (comunisti). Però lui si protegge con le sue leggi ad personam. E a noi chi ci pensa? Se questi figuri ragionano così, mollato Berlusconi, attaccheranno un altro. Un altro con la grana, visto che sono comunisti. Oppure un integerrimo politico di destra. O anche il primo che gli capita a tiro, perché quando sei un delinquente non è che ti fai tanti scrupoli. Quindi, come nel caso dei terroristi sopra indicati, l’unico mezzo di difesa sociale è quello di vederli in carcere. O almeno (ma proprio perché abbiamo inaugurato la stagione dell’amore, come Battiato), via dallo scranno, dalla funzione. La questione è proprio in questi termini: le leggi ad personam non solo non sarebbero giustificate se in realtà i giudici che indagano su Berlusconi fossero onesti, ma ancor meno sarebbero giustificate se fossero corrotti.
E’ ovvio che, rispetto all’esempio di quel nucleo di Brigate Rosse di cui parlavo prima, c’è una differenza. Questi giudici sono subdoli, non è che dichiarano ai quattro venti di commettere dei reati e di far parte di un’associazione sovversiva. Incontrano il custode del palazzo del tribunale e lo salutano bonariamente da lontano, con la toga sotto il braccio, come a intendere che vanno a fare il loro dovere. Ma non è un ostacolo insormontabile. Cominci col denunciarli, Berlusconi. Vediamo dopo qualche indagine approfondita se viene fuori soltanto che sbagliano l’abbinamento dei calzini. Vari un decreto ferma-sovversivi (per i giudici) piuttosto che un decreto para-sedere (per lui). Ecco, questo è ciò di cui non mi do pace: mi domando, ma perché non ci ha mai pensato?


Tags: Berlusconi, comunisti, giudici, leggi ad personam, legittimo impedimento, lodo alfano, mills, persecuzione, pm, processo, processo breve, Remo Bassetti, sme, tartaglia,
19 Gennaio 2010


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