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LIBRI - SAGGISTICA

Futurismo rivisto e corretto

Hanno titoli come Za-bum oppure a, b, c… Numerissimo dei pazzi…, e ovviamente grafiche ancora più folli e fantasiose. Sono le Riviste futuriste, una modalità espressiva in cui quel movimento d'avanguardia diede il meglio di sé. Claudia Salaris le ha raccolte per decenni fino a formare un'impressinante collezione, e ora le mostra in questo libro illustrato. Che un altro esperto del settore recensisce per noi, senza omettere qualche precisazione


di Cesare de Seta


Dirò senza esitare che il lavoro compiuto da Claudia Salaris con il suo Riviste futuriste è di quelli che lasciano sbigottiti e ammirati. In oltre trent’anni ha raccolto una collezione di testi rarissima, che io sappia, suscitando in me un sano sentimento d’invidia amichevole. Anch’io ho una raccolta di libri futuristi di cui sono orgoglioso: una parte, la più preziosa, l’ho ereditata dalla biblioteca di mio padre e ho avuto la pessima idea di rilegare ciascun libro in tela, con dorso e angoli in pelle bordeaux, scritte in oro zecchino: sapevo di compiere una sciocchezza che fa inorridire un bibliofilo, ma a me andava fare così. Un po’ per ripagare Filippo Tommaso Marinetti della stessa moneta, lui che libri e biblioteche voleva bruciare, sia per rendere omaggio alla memoria di mio padre che li aveva comprati quando era un ragazzo.
 
Ovviamente per motivi di studio e per passione ho lasciato intonsi quelli che io ho comprato più o meno negli stessi anni dell’autrice: ma ella, con il pittore Pablo Echaurren, ha acquistato non solo libri, quando – come giustamente ricorda in premessa – avevano prezzi assai modici, ma ha collezionato un coacervo incredibile di giornali, riviste, manifesti e locandine che vanno dalla fondazione del movimento 1909 al 1944, quando muore Marinetti, vate del futurismo e patron assoluto, come oggi Grillo. Naturalmente questa periodizzazione crea dei seri problemi, perché come tutti sanno la storiografia – oramai lussureggiante – ha adottato periodizzazioni molteplici e non affatto concordi. La Salaris ha un’idea del futurismo molto larga, che personalmente non condivido: perché, e l’ho scritto in varie salse, il vero movimento futurista, come l’intendo, finisce forse con la morte di Boccioni e di Sant’Elia (1916). Ma è poi vero quello che ho appena scritto? Negli anni ho nutrito dei dubbi e sono giunto alla conclusione che bisogna allargare la tela, e inserire nomi e figure che continuarono a fare opere che avevano quell’origine: il così detto Secondo futurismo. Senza dimenticare che molti dei fondatori cambiarono strada. Basti dire Balla, Carrà e Severini.
 
Questo discorso porta lontano e ci distoglierebbe dalle 1183 pagine dell’opera che ci propone la Salaris. Una miniera che si può leggere a pezzi, a brandelli e soprattutto consultare come un dizionario per voci, grazie all’indice dei nomi. Un inventario, lo chiama l’autrice, che di ogni oggetto, foglio, rivista allega - oltre a riproduzioni preziose - la descrizione tecnica, informazioni di ogni genere storiche e critiche, e una bibliografia talvolta non esauriente, come è nei limiti di una tale impresa condotta individualmente. Senza cioè quel sostegno collettivo che è a base di simili imprese.
 
Questo volume è scandito in una introduzione e di un primo, brevissimo capitolo: Atto di nascita. Su Le Figaro apparve il Manifesto il 20 febbraio del 1909. La studiosa certamente sa che il Manifesto comparve prima in fogli semiclandestini a Bologna e a Napoli, fogli che non possiede e non mi pare citi. Il secondo capitolo è titolato semplicemente Futurismo ed è organizzato in ordine alfabetico: inizia con Affrica (1935), e si conclude con Za-bum, rivista del 1929, che fa il verso a un celebre titolo di Marinetti, e contiene una rubrica intitolata Futurismo. Mi chiedo se un ordine cronologico non sarebbe stato più utile per capire la sequenza di questo movimento, che forse darebbe ragione (o quanto meno evidenzierebbe) a talune mie perplessità sulla periodizzazione.
 

Il terzo capitolo ha per titolo Umorismo, goliardia e altri almanacchi: comincia con a, b, c… Numerissimo dei pazzi…, numero di un settimanale edito a Napoli il 17 agosto del 1924 e si chiude con Almanacco antiletterario Bompiani (1937), con una coda di minor rilievo. In questo capitolo trovo il Il Travaso, celebre testata umoristica di lunga vita: tra i numeri antologizzati trovo Il Travaso delle idee futuriste del 24 settembre 1933: ha una bella copertina a colori di Enrico de Seta, nato nel 1904, con una vignetta che ironizza sulla visita a una mostra futurista. Enrico, una volta vien chiamato Luigi - prozio deputato e sottosegretario che fece una legge per la riforma delle Accademie di Belle Arti - era mio cugino: è morto centenario qualche hanno fa, dopo una folgorante carriera di cartellonista cinematografico. Che potesse capitare tra “i futuristi” credo non gli sia mai passato per la testa, perché lui, Luigi Bompard, Umberto Onorato e altre celebri matite del Travaso col futurismo non hanno nulla a che vedere. Da cui si deduce che l’autrice è una calamita che accoglie nella sua collezione tutto quanto in qualche modo e maniera, abbia una attinenza anche vaga col futurismo. La collezione è dunque il ritratto di un clima artistico più che del movimento inteso in senso stretto e proprio.
 
Il terzo e ultimo capitolo titola Avanguardismi: va da L’Alba, mensile bolognese del 1915, a Vesuvio,  mensile napoletano uscito nel 1929. La Salaris è bulimica: mette nel suo repertorio anche Valori Plastici e La Raccolta, riviste che erano antagonistiche a Marinetti e al futurismo. Poco ci manca che ci trovi anche la Critica di Benedetto Croce, acerrimo nemico del movimento. Vado a vedere Lacerba, braccio fiorentino del movimento con punte di diamante Soffici e Papini: me ne sono occupato in modo analitico. Guardo nella bibliografia e non ci sono: poco male, anche Omero sonnecchia, idem per Sant’Elia, Sartoris, ecc. Mi fa intendere questo sondaggio che le bibliografie in calce sono tirate giù un po’ alla carlona: sono troppi i casi con assenze clamorose per poterli citare. Ma sarebbe tedioso, e farebbe pensare che sono un prof. astioso e piccino piccino, sono un prof. ma tutt’altro che astioso per cui non posso che essere grato a Claudia Salaris che ha messo a disposizione degli studiosi un repertorio prezioso che va usato con molta cautela e con molti distinguo. Si aggiunga la traduzione di tutti i testi e le schede in inglese. Un plauso senza riserva all’editore Gli Ori di Pistoia che s’è assunto l’onore di stampare questo repertorio enciclopedico con una grafica elegante e con riproduzioni impeccabili. Una coraggiosa impresa editoriale per questi tempi a cui auguro tutta la fortuna che merita. A Gli Ori vanno tutti i soli.



Tags: Cesare de Seta, Claudia Salaris, Filippo Tommaso Marinetti, futurismo, gli ori, riviste futuriste,
04 Aprile 2013

Oggetto recensito:

Claudia Salaris, Riviste futuriste. Collezione Echarruen Salaris, with english text, pp. 1183, Gli Ori 2012

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