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LIBRI - NARRATIVA

Galiazzo, ex cannibale

Dal momento che, come specifica il sottotitolo, si tratta di "Opere postume di autore ancora in vita" è al lettore che tocca scoprire le influenze, gli studi e il percorso di questo scrittore italiano, che ha smesso di scrivere ma ha ancora racconti da farci leggere, come quelli raccolti in Sinapsi


di Stefano Nicosia

 


Ora, a me non va per nulla di parlarvi di questo libro. Dovreste, molto semplicemente, comprarlo, perché è uno dei migliori libri italiani di racconti (ventidue) in circolazione. Ma non ho alcuna voglia di farvi venire pian piano l’acquolina in bocca per questo autore poco più che quarantenne, ex cannibale e ora scrittore postumo – categoria che sarebbe piaciuta immensamente a Giorgio Manganelli. Ben inteso, Galiazzo è ancora in vita, ma ci parla dai suoi cassetti polverosamente inediti, dai fogli volanti di riviste sgangherate e forse mai esistite, come Maltese narrazioni.
 
Devo davvero perdere il mio tempo per raccomandarvi questo mefistofelico di un Galiazzo? Prendete il primo racconto, Il ferro è una cosa viva: vi mettete lì, leggete, e ad un certo punto vedete diabolicamente allungarsi le ombre sulla pagina. Pensavate fosse un racconto solare, stavate anche ridendo di gusto, e invece no, sornionamente le righe vi girano intorno, vi conducono dove non credevate di stare andando.
 
galiazzo.jpgPerché ogni opera postuma traffica con lo zolfo, giocherella con il pince-nez dei diavoli teologhi, amplifica l’esperienza dei singoli sensi. In Deodorante, sempre se dovessi convincervi a comprarlo e non foste già schizzati dal vostro libraio (indipendente, magari: ma è un’altra storia), assaggereste l’allucinazione da ciclometicone del protagonista, che poi muore. Tranquilli, sarà lui a dirvelo all’inizio. Se aveste pazienza, scoprireste subito dopo che esistono Sedici gradazioni di nero e una donna nello spazio che interferisce con il radiofaro, lasciando un’impronta del proprio corpo nudo nell’etere senza gravità.
 
Ma da sempre il sulfureo è anche sinonimo di un umorismo che si acquatta nell’ombra, se non proprio nei giochini stilistici simpatici come quelli di Volontariato urbano, o nel gran bel colpo di genio di Nell’attesa che Andrea Pazienza…. Ecco, lì si vede da dove viene uno scrittore, dove ha mangiato, fornicato, fatto i pisolini pomeridiani, e si intravede anche un pezzo della strada, piena di molliche di sbocconcellamenti di Manganelli, Borges, Vonnegut e di manuali di economia.
 
Completano il volume una prefazione di Tiziano Scarpa e un’intervista all’autore di Matteo B. Bianchi. In quest’ultima riluccica l’ironia e il gusto del paradosso che Galiazzo dissemina nei suoi testi migliori, insieme ad una scapestrataggine da eterno sparigliatore, sembrerebbe, dei luoghi comuni come degli automatismi delle lingua. Le idee sono quasi sempre ottime, concepite apparentemente sotto allucinogeni, e ci troverete sopra le impronte digitali di uno scrittore messosi in pensione per quasi dieci anni dalle scene – che erano state enaudiane, mica robetta – laureato in Economia, programmatore di computer. E, alleluia, tutto questo lo mette nei racconti.  
 
Niente chiari di luna e sospiri sotto la pioggia: nella filosofia di Galiazzo c’è anche del sano cazzeggio, un pulp distribuito con gesto agile, e insomma un repertorio tenuto insieme da una bravura senza sfacciataggine; ma bravura vera, non si scherza. Però non mi va di parlarvi di questo (gran bel) libro. Andate a comprarlo.



Tags: Indiana, Matteo Galiazzo, Opere postume di un autore ancora in vita, recensione, Sinapsi, Stefano Nicosia,
29 Giugno 2012

Oggetto recensito:

Matteo Galiazzo, Sinapsi. Opere postume di autore ancora in vita, Indiana 2012, p 304, 16,50 euro

 

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