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LIBRI - NARRATIVA

La resistenza sui campi

"Uno scrittore prestato al tennis" secondo Italo Calvino, un "dottor Divago" per il suo compagno di telecronache Rino Tommasi. Gianni Clerici, da tempo aristocratica voce narrante delle partite su terra rossa e prati, parla di opposizione al Fascismo e alla prigionia nel suo nuovo Australia Felix. Con il solito tocco (fin troppo) leggero


di Giuseppe De Marco

 


“Se leggete Clerici non saprete mai quello che è successo ma lui vi dirà perché”. Così Rino Tommasi sintetizza il meraviglioso mondo del “vecchio scriba” del tennis, con il quale ha formato per anni un insuperato duo di commentatori tv la cui fama e popolarità ha letteralmente varcato gli oceani, tanto da scomodare il prestigioso New York Times, che anni fa dedicò loro un pezzo divertito e celebrativo.
 
Chiunque avesse avuto la fortuna di vedersi riconosciuto come uno dei più apprezzati commentatori sportivi in circolazione, nonché probabilmente tra i maggiori conoscitori del tennis al mondo, probabilmente si accontenterebbe del traguardo e si godrebbe da par suo una vita da nababbo in giro per il mondo (“sono ricco in modo imbarazzante” confessò una volta lo stesso Clerici). Ma lui, Gianni Clerici, classe 1930, non è certo il tipo.
 
Snob, graffiante, colto, ironico e pungente, affettato quanto permaloso, Clerici è l’icona di un mondo che non c’è più e forse non c’è mai stato. Un aristocratico del pensiero, gaudente e serafico conoscitore del (bel) mondo, che da cinquant’anni si diletta con maliziosa leggerezza a trascrivere la sua weltanschauung tra le pieghe delle ancora seguitissime corrispondenze dai campi di mezzo mondo. Alle quali ormai da tempo, giusto per non farsi mancare niente, il nostro affianca l’attività di romanziere, poeta, sceneggiatore.
 
australiafelix.jpgIl tennis, quasi sempre presente, diventa a questo punto solo il pretesto per le celebri digressioni del “dottor Divago” (copyright sempre di Rino Tommasi) sull’universo e dintorni, sempre in punta di penna e con la leggiadria che contraddistingue la sua prosa suadente e ariosa.  Chi ha letto i libri di quello che Calvino definì “uno scrittore in prestito allo sport” saprà già che sfogliarne le pagine è un po’ come compiere un delicato viaggio nel tempo. Poche righe e pare già di trovarsi in compagnia di Scott Fitzgerald, a sorseggiare un martini mentre da lontano giunge il rumore sordo dei colpi di racchetta nei campi del circolo.
 
Con questo libro, Australia felix, Clerici prova a compiere un passo diverso. Fedele all’ambientazione “borghese” (Glauco Levi, il protagonista, è il rampollo di una ricca famiglia ebrea, costretto ad un dorato esilio in Australia per sfuggire alle imminenti leggi razziali), si spinge lungo uno scenario di molto più complesso. È l’Australia degli aborigeni, un popolo sterminato e reietto a cui è stata negata anche la triste ribalta mediatica che viene pietosamente concessa agli ultimi della Terra (palinsesto permettendo). Una tragedia silenziosa e per questo ancora più terribile.
 
Ma è anche, questa, una storia di resistenza. Al Fascismo, alla prigionia, alle logiche perverse di un capitalismo cieco, ad una concezione anacronistica eppure inestricabile di divisione del mondo in classi. Ad una vita borghese che è, al tempo stesso, trappola e lusinga.
 
È tutto questo, e certamente molto altro di più questo libro. Che ha però il grande difetto di sorvolare su questi grandi temi con una leggerezza che li rende eterei, impalpabili, alla lunga inconsistenti. Tra un doppio sul campo da tennis e una trasvolata in solitaria, tra una giornata al circolo e una “girl friend”, la vita di questo improbabile Gatsby scorre via con tale leggerezza che gli straordinari sconvolgimenti che lo circondano sembrano sfiorarlo appena.  Poco, quasi nulla, lascia veramente una traccia nell’animo del protagonista, che si muove come un burattino svogliato in una pur pregevole scenografia.
 
Si dirà che in questo appunto consiste l’insostenibile leggerezza dell’essere Gianni Clerici. In questa sua capacità di guardare al mondo con occhio socchiuso, come velato dalla fatica per l’ultima demi volée appena giocata.  Sarà. Ma certo a volare sempre troppo in alto si rischia di fare la fine di Icaro.



Tags: Australia Felix, fandango, Gianni Clerici, Giuseppe De Marco, recensione, Rino Tommasi, Tennis,
06 Luglio 2012

Oggetto recensito:

Gianni Clerici, Australia Felix, Fandango 2012, p 231, 14.90 euro

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