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LIBRI - NARRATIVA

L'ultimo re di Roma

E' ambientato nel 476 d.C., è stato scritto nel 1949 ma parla del presente. Romolo Il Grande di Freiderich Dürrenmatt è un dramma sul decadimento dell'Occidente con un sovrano che sembra inetto, ma che in realtà ha la precisa intenzione di far crollare tutto. Viene ripubblicato ora, quasi come un monito


di Dario De Marco

 


Lo ammetto, non c'è altro mezzo. La patria ormai si può salvare solo coi milioni. Dobbiamo scegliere tra il capitalismo e la catastrofe. E non mi pare che l'uno sia molto meglio dell'altra.
 
Romolo il grande è in realtà quello che è passato alla storia come il piccolo Romolo. Già il suo nome era tutto un programma, una profezia: Romolo come il primo re di Roma, il fondatore, quasi fosse necessario avere un altro Romolo per sancire la fine, stabilire un'identità tra l'alfa e l'omega per chiudere il cerchio; Augustolo come Augusto, il primo imperatore, ma minore, minuscolo, quasi una parodia, una seconda volta in forma di farsa. La storia è nota: l'impero romano d'occidente crollava, e quell'imbecille stava lì, manco a Roma ma nella villa di campagna, a baloccarsi con le sue galline.
 
- La marea straniera sta invadendo i nostri stati. Tutte le dighe sono ormai pericolanti. Non possiamo più permetterci di marciare divisi, non possiamo permetterci il lusso di meschine insinuazioni che separino i nostri imperi. L'essenziale in questo momento è salvare la nostra civiltà.
 - Perché? La civiltà è forse qualcosa che si può salvare?
 
Romolo il grande è una commedia, appunto una farsa, ma dotata di una capacità profetica che mette paura tanto è precisa: ovviamente ciò che vi si legge non è la verità storica del 476 d.C., ma risale pur sempre al 1949, anno in cui Dürrenmatt la scrisse, un'altra epoca, altri mondi. Ebbene, sembra parlarci non dell'oggi, ma del domani: una società stanca e decadente che si crede superiore a tutti ma non conta più nulla (il cosiddetto mondo occidentale), i barbari che avanzano, feroci ma pieni d'iniziativa, di vitalità e d'inventiva, insomma di vita (i cinesi), una serie di personaggi queruli e affannati che si sbattono per salvare quello che è già perduto. Brividi.
 
- Sarà la fine del mondo!
- Sarà la nostra fine, vuoi dire. C'è una bella differenza.
- Noi siamo il mondo, Romolo.
- Noi non siamo altro che piccola gente di provincia, soverchiati e sopraffatti da un mondo che ci è ormai incomprensibile.

 
A un certo punto si iniziano a piazzare dei segni dove ci sono passi incredibilmente attinenti, ma dopo un po' si smette, perché se no il libro diventerebbe tutto un segno, e le famigerate orecchiette che mandavano in tilt la maestra delle elementari piagherebbero ogni singola pagina. Si smette e si inizia a seguire la storia, cioè la fantasia, perché pian piano si scopre che l'inettitudine di Romolo non è una debolezza caratteriale, ma una determinata volontà di accelerare la rovina. Insomma il piccolo Augusto non è un mezzo rimbambito che non sa cosa gli succede attorno, ma una testa lucidissima che analizza la situazione politica internazionale e sa che “gli altri” si stanno prendendo una giusta rivincita su chi per troppo tempo e senza titolo ha dettato la sua legge crudele al mondo. E sa anche che non c'è niente da fare, e che anzi è meglio non opporsi, fare la quinta colonna, e non per saltare sul carro del vincitore, ma per mero senso di giustizia, di realtà.
 
Uno si può chiedere, a questo punto, quand'è veramente che è iniziato il declino. Quando abbiamo smesso di essere “i buoni”? O quando ci siamo resi conto di non esserlo mai stati, buoni? Quando abbiamo iniziato a sparare agli indiani, o quando abbiamo cominciato a sentirci in colpa perché i nostri nonni avevano sparato agli indiani? Dürrenmatt lascia la risposta, come la domanda, a noi. Però ci prepara una sorpresa finale, un altro colpo di scena, che lascia spalle al muro lo stesso Romolo. E che non sveliamo, anche se questo libro è una ristampa. Ma che potrebbe, riprendendo il parallelo con la situazione attuale, dare agli eventi prossimi un risvolto ancora più inquietante. E soprattutto ridicolo.



Tags: Dario De Marco, Freiderich Durrenmatt, libro, marcosymarcos, recensione, Romolo il grande,
04 Novembre 2011

Oggetto recensito:

FRIEDRICH DÜRRENMATT, Romolo il Grande, marcosymarcos 2011, 192 p, 10 euro

Info: collana minimarcos, traduzione di Aloisio Rendi
 
Leggete anche: in Friedrich Dürrenmatt un tema ricorrente, oltre a quello della giustizia (Il giudice e il suo boia, Giustizia, La panne. Una storia ancora possibile) è quello della rilettura del mondo antico, sia mitico che storico. Un eccezionale esempio di rivisitazione di un tema classico, anzi di una molteplicità di rivisitazioni, di un susseguirsi di colpi di scena e rovesciamenti di verità, è il romanzo breve (o racconto lungo) La morte della Pizia

giudizio:



8.505
Media: 8.5 (8 voti)

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