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ECONOMIA

Il banco vince sempre

Tutto il potere concentrato nelle mani di pochi. Molta attenzione ai giochi finanziari e poca all'economia reale delle piccole imprese in affanno. Nessun rispetto per i correntisti (cioè noi). Ecco perché le banche italiane possono continuare a farsi gli affari propri. Poco disturbate dalla politica: a destra Tremonti accenna qualche debole protesta, ma a sinistra è silenzio totale


di Peppino Ortoleva


La vecchia battuta di Brecht, “che cos'è rapinare una banca a confronto con il fondarne una?”, è ormai consunta anche a furia di citarla a sproposito. E poi, ci siamo tutti convertiti al mercato, no? E veniamo invitati da tutte le parti a sentirci rassicurati, e anche un po' orgogliosi, per il fatto che l'Italia ha banche grandi e redditizie.
Però, se proprio nel mercato vogliamo stare ci sarebbero alcune regole a cui attenersi, soprattutto quando si tratta di quel particolare business che si chiama banca, una pietra angolare di tutto il sistema e insieme una macchina per fare soldi per mezzo di soldi. Regole che si chiamano trasparenza, responsabilità, attenzione alle esigenze dell'economia nel suo complesso. E rispetto per le leggi. Se invece di abbandonarci al patriottismo finanziario ripensiamo al comportamento delle grandi banche italiane in questi ultimi anni c'è poco da stare allegri.
 
Trasparenza. Nell'arco di meno di dieci anni siamo passati da qualche centinaio di istituti indipendenti a tre gruppi nazionali, tre-quattro banche straniere effettivamente attive sul nostro mercato, e uno spolverio di piccole casse e banche residue, per molte delle quali è facile prevedere un rapido assorbimento nei gruppi maggiori. Erano troppe prima, sicuramente. E ammettiamo pure che ora siano il numero giusto, anche se è evidente che hanno un tale potere da sfidare qualsiasi regolazione antitrust, e questo di sicuro non è un bene. Ma alzi la mano chi ha capito come siamo arrivati a questa concentrazione, con quali soldi sono state fatte tutte le acquisizioni, con quanto rispetto per i risparmiatori, “ceduti” in blocco insieme con gli sportelli, magari in nome della concorrenza. Che dovrebbe significare al contrario maggiore libertà di scelta.
 
Responsabilità. Il signor Geronzi, al vertice della Banca di Roma al tempo di Cirio e Parmalat, è oggi al vertice di Mediobanca. Calisto Tanzi è stato giustamente condannato, Geronzi invece è stato promosso, e sta per trapiantarsi sul più grosso di tutti i tesori, le Assicurazioni Generali. E al suo posto in Mediobanca si appresta a salire Marco Tronchetti Provera, quello dell'affare Pirelli-Telecom-spionaggio telefonico.
 
Rispetto per le leggi. E' stato vietato con una precisa norma quel trucchetto che si chiama “commissione di massimo scoperto” e che porta gli interessi effettivi pagati sui conti correnti a livelli doppi o tripli rispetto al tasso nominale. Continua a essere praticato, gli hanno solo cambiato nome e già che c'erano hanno ritoccato ancora, verso l'alto, i propri guadagni. La cosa è stata ampiamente denunciata, ma continua. Si chiama “avere il coltello dalla parte del manico”. E' solo un esempio, controllate il vostro “contratto” e confrontatelo con i tanti piccoli soprusi che subite mese dopo mese, previa, s'intende, letterina d'informazione. Da oggi il prelievo allo sportello non è più gratuito, da oggi la lettera che vi arriva a casa costa... da oggi tanto comandiamo noi come sempre.
 
Attenzione alle esigenze dell'economia. Man mano che (in nome delle regole internazionali, per carità) il controllo su ogni operazione si informatizza, e che si riduce a zero il potere di contrattazione e soprattutto di valutazione dei funzionari locali, sembra che le banche italiane neppure sappiano più con quale mercato hanno a che fare. Le piccole e piccolissime imprese, fino a qualche anno fa oggetto di una sciocca retorica che ne sottovalutava le debolezze, oggi sono letteralmente schiacciate dalla stretta creditizia, e sono intere regioni a pagarne il prezzo. Gli utili delle banche italiane continuano a crescere, mentre l'economia reale continua a perdere colpi.
 
E la politica, ha qualcosa da dire? Tremonti, ogni tanto, si lascia andare a qualche critica, a qualche minaccia, tenta di introdurre qualche misura. Poca roba, comunque. Dal centrosinistra però solo, totale, silenzio. Qualcuno forse sogna ancora di impadronirsene, di una banca; altri magari sperano in qualche posto per sé o per i propri cari, nei consigli di amministrazione o nelle presidenze delle fondazioni. Certo, di trasparenza, responsabilità e attenzione all'economia sembrano preoccuparsene meno di Confindustria. E allora: che cos'è tagliare le unghie a una banca in confronto a starci dentro?



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02 Febbraio 2010


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