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SPECIALE 150 ANNI/4: L'ORARIO

coccarda.jpgFare parte di una nazione significa condividere un tempo, oltre che uno spazio. Pochi lo sanno, ma quando nel 1861 l'Italia diventò unita, ogni città e paese aveva la propria ora: ecco perché gli orologi vennero sincronizzati


di Peppino Ortoleva

Nella notte precedente l'ultima domenica di marzo, tutti regoleremo i nostri orologi, portandoli avanti di un'ora. E' un gesto ormai abituale, anche se non al punto da non farci più caso: dopo tutto, vista la quantità di orologi e display di cui ormai tutti disponiamo, in casa, al polso, in automobile, l'atto di regolare l'ora richiede un po' di tempo e qualche fatica, che molti trovano noiosa, come l'altra, simmetrica, che si compie l'ultima domenica di ottobre. Ma è una scadenza ormai nota, che suscita al massimo qualche lieve fastidio.   Ben diversamente and&
21 Marzo 2011

LA TV IDEALE/4

Continua il dibattito degli intellettuali sulla televisione del futuro. Studioso dei media e professore all'Università di Torino, Peppino Ortoleva invita a tornare a monte della questione: perché la qualità delle trasmissioni dipende anche da cosa intendiamo per "pubblico" e "privato"
 


di Peppino Ortoleva

E' bello pensare a una televisione ideale, che produce e manda in onda i programmi che riteniamo i migliori, sulla base di criteri estetici, pedagogici, o perché no etici: del resto, la televisione italiana abbonda di figure e figuri che fanno la morale a tutti. La vecchia tradizione liberale, quella che nasce da Milton e passa per Stuart Mill, quella che ormai dovrebbe essere un patrimonio dell'umanità come Venezia, ci invita però a un ragionamento diverso. La televisione ideale non nasce dalla somma di sogni o progetti singoli: nasce da un processo collettivo, fatto di c
24 Novembre 2010

POLITICA

I recenti fatti di Pomigliano hanno portato a galla tutte le contraddizioni del nuovo rapporto padrone-lavoratore. Tra una Stampa sorprendentemente attenta alle ragioni dei sindacati e un'opposizione che non vuole opporsi, sulle magliette della Fiom spunta anche il marchio LEGEA


di Peppino Ortoleva

La discussione sulla fabbrica di automobili di Pomigliano d'Arco e sul conflitto sindacale intorno alla proposta di contratto della FIAT è arrivata presto a toni paradossali. La FIAT stessa, e alcuni giornali, hanno fatto a gara nel presentare il dissenso di un sindacato, la FIOM, non come un fenomeno fisiologico ma come il nemico da battere sul campo; e hanno cercato di fare della rispettabile ma comunque minoritaria percentuale ottenuta dai no un segnale di “ingovernabilità”.   Proprio il giornale della famiglia Agnelli, La Stampa, anticamente detta büsiar
24 Giugno 2010

ECONOMIA

Tutto il potere concentrato nelle mani di pochi. Molta attenzione ai giochi finanziari e poca all'economia reale delle piccole imprese in affanno. Nessun rispetto per i correntisti (cioè noi). Ecco perché le banche italiane possono continuare a farsi gli affari propri. Poco disturbate dalla politica: a destra Tremonti accenna qualche debole protesta, ma a sinistra è silenzio totale


di Peppino Ortoleva

La vecchia battuta di Brecht, “che cos'è rapinare una banca a confronto con il fondarne una?”, è ormai consunta anche a furia di citarla a sproposito. E poi, ci siamo tutti convertiti al mercato, no? E veniamo invitati da tutte le parti a sentirci rassicurati, e anche un po' orgogliosi, per il fatto che l'Italia ha banche grandi e redditizie. Però, se proprio nel mercato vogliamo stare ci sarebbero alcune regole a cui attenersi, soprattutto quando si tratta di quel particolare business che si chiama banca, una pietra angolare di tutto il sistema e insieme una
02 Febbraio 2010

ATTUALITA'

Il premier non pronuncia la parola "crisi" per salvare il paese dalla recessione. Le Usl sono diventate "Aziende" e i presidi si chiamano "dirigenti": così sanità e scuola sono molto più efficienti. In questi casi, ma sono solo alcuni esempi, per cambiare la realtà si cambiano le denominazioni. Certo, è soltanto un trucco. Ma quasi sempre ci caschiamo


di Peppino Ortoleva

Pensare di cambiare le cose modificando i nomi è una delle forme più caratteristiche (lo diceva tra gli altri anche Freud) di pensiero magico, e trova le sue radici in una delle più belle e insieme delle più illusorie esperienze infantili, quella appunto di imparare a “comandare” gli  oggetti con l'atto stesso del nominarli. E' anche per questo che alcune figure di truffatori, capaci di incantare i gruppi di astanti a una fiera o qualche volta interi popoli, hanno tra i loro trucchi preferiti proprio la continua rimodulazione di termini e significat
20 Gennaio 2010

POLITICA

Altro che binari davanti al Duomo: il sindaco di Firenze ha pedonalizzato tutta l'area. E il trasporto pubblico è nel caos. Ma per Renzi, come per tutto il centrosinistra, l'importante è comunicare


di Peppino Ortoleva

La rassegna stampa è per il ceto politico italiano quello che lo specchio era per la strega di Biancaneve. Ogni mattina la consultano per sentirsi dire che sono belli e bravi. Se qualcosa va storto, la colpa generalmente non la danno a se stessi, ma al fatto di non essere stati capiti: risultato ufficiale “bisogna investire di più in comunicazione”, risultato ufficioso “cerchiamo e puniamo chi rema contro la nostra immagine”. Il fenomeno non è nuovo, certo, e non è solo italiano: ma ha assunto caratteri sempre più degenerativi, e sta
07 Gennaio 2010

POLITICA

E' la definizione più spesso associata a berlusconismo e leghismo, ma in realtà non significa quel che tutti pensano


di Peppino Ortoleva

L’accusa di “populismo” è di questi tempi così frequente da diventare un refrain: sembra la definizione più ovvia per il berlusconismo e, mutatis mutandis, per il leghismo. Non hanno sempre in bocca il richiamo alla gente? E Berlusconi, non ha il vizio di citare l’articolo 1 della costituzione solo per quel che riguarda la sovranità che appartiene al popolo, dimenticando regolarmente che lui “la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”, al punto che glielo ha ricordato pure Fini? Ergo,populismo. Eh no, piano con le p
23 Dicembre 2009

ATTUALITA'

Le spie di epoca comunista? Non ce n'è più bisogno: oggi tutti possono controllare tutti. Ma per far tremare i potenti ci vuole anche altro


di Peppino Ortoleva

“Certe cose non solo non bisogna dirle; non bisogna neppure pensarle”. La dichiarazione di Maurizio Gasparri all'indomani della pubblicazione delle conversazioni “eterodosse” di Gianfranco Fini, al di là del disagio che provoca comunque l'associazione del nome Gasparri con la parola “pensare”, suona come un avvertimento. Se negli ultimi tempi della Ddr un regime paranoico era arrivato ad arruolare un cittadino su sei per spiare gli altri cinque, adesso non c'è bisogno di arruolamenti, il cittadino accanto o i dispositivi automatici di ogni isol
09 Dicembre 2009