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Accendete Blackout

Sfratto previsto il 30 giugno per la radio torinese che da sempre ha legato il suo destino a tutti i movimenti "contro". Sintonizziamoci con lei per augurarle almeno altri diciott'anni di attività


di Redazione

blackout.jpgOrmai è questione di giorni. Qualcuno ancora, e poi ognuno potrà capire da sé come è andata a finire la storia di RadioBlackout semplicemente collegandosi alla sezione streaming del sito ufficiale o - per i torinesi in ascolto- sintonizzandosi sulle frequenze FM 105.250. Se il segnale tace vuol dire che il Comune ha mantenuto le sue promesse di sfratto (previsto per il 30 giugno nel momento in cui scriviamo) e che l’emittente ha dovuto levare le tende dalla sede di via Cecchi, dopo ben diciotto anni di affitto (regolarmente pagato, precisano sul sito). Anni durante i quali Radio Blackout ha continuato a battere il sentiero più difficile, legando il suo destino a doppio filo con quello di tutti i movimenti “contro”: dalle manifestazioni studentesche alle campagne per i diritti degli immigrati, dal popolo delle occupazioni alle frequenti iniziative di festa - unico sostegno economico per una stazione radio che da sempre rifiuta qualsiasi introito pubblicitario. L’ultima (solo per ora, si spera) è quella che il 27 maggio ha pacificamente invaso il centro storico. In Piazza Castello si sono riunite le vecchie leve della scena musicale sabauda: alcune nel frattempo cresciute popstar di fama nazionale (leggi Subsonica), altre rimaste fedeli al circuito duro e puro dei piccoli club e dei centri sociali. Tutte, comunque, pronte a scendere in campo, per scongiurare il silenzio di quelle frequenze che li avevano coccolati fin dai primi passi, offrendo loro spazi preziosi. 
 
Anche per realizzare concerti di amicizia e solidarietà, però, la strada non è meno in salita: il permesso è stato strappato con i denti al Municipio, fino all’ultimo momento fortemente indeciso se concedere uno dei luoghi più importanti della città ad un’iniziativa che, già sapeva, gli avrebbe dato contro. Contrattempi come questo sono ordinaria amministrazione per realtà come Radio Blackout, poco simpatica a tutte le amministrazioni, indipendentemente dal segno politico. Questa volta però la cosa sembra più seria, per i sette arresti (tre domiciliari) effettuati il 12 maggio scorso durante un blitz della polizia e per gli aspiranti neoinquilini, già appostati dietro l’angolo: la fondazione Umana Mente e, soprattutto, Vodafone Italia, che già ha promesso un robusto restyling della sede di Via Cecchi. Il timore è che, più della censura cui accenna lo slogan qui sopra, ad avere la meglio sulla decisione finale sia stata la promessa di un affitto più succoso. Anche per questo sarebbe bello che tutti quanti ci sintonizzassimo su Radio Blackout martedì 29 giugno, un giorno prima della scadenza e della fine della storia. Per spegnere insieme a lei la candelina dei suoi primi, travagliati diciotto anni, e assieme augurarle che non siano anche gli ultimi. E per la semplice curiosità di sapere che cosa combinerà un tipo così una volta che sarà maggiorenne.



Tags: centri sociali, concerti, controcultura, manifestazione, occupazione, Radio Blackout, Redazione, torino, Militanze,
28 Giugno 2010

Oggetto recensito:

RADIO BLACKOUT

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