Il regista britannico Michael Winterbottom si dà al noir e porta sul grande schermo The killer inside me, romanzo di Jim Thompson del 1952. Attraverso la figura di Lou Ford, giovane sceriffo dal grilletto facile, ci instilla un dubbio più inquietante delle scene di atroce violenza
di Andrea B. Previtera
A metà di Arancia Meccanica (il libro, non il film), il capodrugo Alexander DeLarge si domanda e ci domanda: perché tutti si interrogano sempre sulle ragioni del male, ma danno per scontato il bene? Perché il male dovrebbe necessariamente originare da una qualche causa scatenante? Ed ecco insinuarsi, sottile, un’inquietudine che non ha niente a che vedere con i pestaggi a sangue, gli abusi sessuali, le molteplici espressioni di ferocia del protagonista.
Questa è una recensione di The Killer Inside Me (il film, non il libro), tuttavia basteranno poche scene per farvi porre quella medesima domanda. Per percepire un vago sentore di arancia mentre assistiamo alla spirale delirante ma in qualche modo delicata dei crimini di Lou Ford, vicesceriffo di una cittadina texana degli anni ’50.
Tratto dal romanzo consacratorio di Jim Thompson (anzi ri-tratto, esiste un primo adattamento del 1976, ad opera di Burt Kennedy), The Killer Inside Me è per premesse e ambientazione il prototipo del noir a matrice indagatoria e cattivone singolo. E che ci vuole, si potrebbe pensare: quattro cappelli a borsalino, qualche macchinone bombato, e un paio di detective che sbrogliano il caso fumando moltissime sigarette – già fatto, già visto. E invece no.
Perché questa è una storia che non concede alcun compromesso, raccontata ed illustrata con un nitore e un distacco che lasciano ogni volta impreparati alla violenza. Atti di fredda ferocia privi di quei crescendo a cui siamo stati istruiti dalla manualistica del cinema. E ogni marionetta dello psicoteatrino a cui siamo esposti ha qualcosa da nascondere, per scelta o per necessità, in un incastro complesso e tuttavia incredibilmente chiaro.
Casey Affleck, poi, chiamato ad interpretare il ruolo del neanchetrentenne vicesceriffo sociopatico Lou Ford, è perfetto, nella totale assenza di espressività caratteristica di famiglia. Attorno a lui Michael Winterbottom dipinge un mondo che sembra una sequenza di tele di Vettriano, con una struttura narrativa tanto netta che sembra di sentire un dito venir leccato e voltare le pagine.
Non c’è molto altro da dire: se The Killer Inside Me soffre qualche pecca – qualche sempliciotteria, qualche stereotipo – la eredita per lo più dal materiale da cui proviene, ma si tratta pur sempre di un romanzo del millenovecentocinquantadue americano. E dunque, a voi la mente e i dilemmi dell’omicida e uomo di legge Lou Ford, con preghiera di prestare attenzione alla segnaletica. Cartello triangolare a bordo rosso: pericolo di nodi allo stomaco, limitare il consumo di popcorn.
Tags: Andrea B. Previtera, Arancia Meccanica, Casey Affleck, Jessica Alba, Jim Thompson, Killer inside me, Michael Winterbottom, noir, recensione, thriller,
The Killer Inside Me, di Michael Winterbottom, Svezia Canada GB 2010, 109 m
Commenti
Invia nuovo commento