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FILM

Il crimine e l'umanità

In L'uomo che verrà Giorgio Diritti (noto per il grande successo de Il vento fa il suo giro) racconta la strage nazista di Marzabotto con gli occhi di una bambina


di Gianpaolo Fissore


All’inizio dell’autunno del 1944 le SS tedesche compirono nelle campagne emiliane intorno a Marzabotto una delle imprese più efferate della loro campagna d’Italia, uccidendo per rappresaglia più di 700 civili inermi, in gran parte donne e bambini. Ispirandosi a quella strage Giorgio Diritti, al suo secondo lungometraggio dopo Il vento fa il suo giro, si è assunto un impegno assai arduo: affidare a un’opera di finzione il compito di tramandare memoria di quel crimine contro l’umanità. Il risultato, L’uomo che verrà, è un film che ispira gratitudine, una lezione di storia che è anche una lezione di cinema.
 
maya-sansa-in-un-immagine-del-film-l-uomo-che-verra-126599.jpgImpeccabile la fotografia; curatissima, intercalata dai silenzi, la colonna sonora; fondamentale il lavoro di casting, decisiva la scelta del punto di vista. Testimone ideale dell’atrocità estrema, di per sé indicibile, è Martina, una bambina priva proprio dell’uso della parola. Davanti ai suoi occhi prende forma la tragedia che ha come preludio la violenza della guerra combattuta e come conseguenza la violenza perpetrata indiscriminatamente sugli inermi.
Intorno a lei si muove una comunità contadina povera e dignitosa, di volti spigolosi e di fatiche mal retribuite: nei gesti quotidiani e nei dialoghi in dialetto (altra scelta connotativa e indovinatissima di questo film) la determinazione a sopravvivere su una terra avara, per di più violata da una guerra di cui non si conosce la fine. Forse mai nel cinema di casa nostra (né da Bernardo Bertolucci, né tanto meno dai fratelli Taviani) la rappresentazione dell’Italia di mezzo, obbligata a convivere con la presenza della guerra sulla sua terra, è stata resa in modo così verosimile, mantenendo uno stile sobrio, antiretorico, dal piano sequenza iniziale all’inquadratura finale.
Dall’inverno del 1943 e fino ai giorni della strage i mesi del lavoro agricolo scorrono con il loro ritmo naturale a dispetto di una guerra che, contro natura, sovrintende alle fatiche quotidiane delle vittime predestinate. Sono contadini sottomessi, ma non vinti. Stanno dalla parte giusta, ma, anche se volessero, non potrebbero chiamarsi fuori perché la Storia li ha collocati dove passa la linea del fuoco, dove i tedeschi occupanti sono attestati sull’ultimo fronte e dove le bande dei “ribelli” sono rese più audaci dalla prossimità degli Alleati.
 
L’uomo che verrà è una tragedia della Storia, angosciante e agghiacciante, raccontata dalla parte delle vittime. E’ un prezioso affresco corale, restituito allo spettatore attraverso lo sguardo muto e coraggioso di una bambina già in precedenza vittima di una privazione. A lei tocca l’attraversamento dell’orrore, a lei spetta il dovere di una testimonianza che il tempo non renderà muta. Alla sua sensibilità, alla sua ostinazione nel non distogliere lo sguardo, alla sua determinazione nel preservare la vita sopravvissuta all’atrocità, è affidato il divenire di un’umanità ancora degna di chiamarsi con questo nome.
Questo film intenso ed essenziale ci dice che Martina vivrà affinché si conservi memoria delle vittime, e perché senza memoria non ci sarà nessun “uomo che verrà”. Martina è la vita che continua, ma non dimentica. E noi non ci dimenticheremo facilmente di Martina.



Tags: crimini di guerra, Gianpaolo Fissore, giorgio diritti, guerra, II guerra mondiale, il vento fa il suo giro, l'uomo che verrà, marzabotto, strage nazista,
26 Gennaio 2010

Oggetto recensito:
L’UOMO CHE VERRÀ DI GIORGIO DIRITTI, ITALIA 2009, 117 M.
giudizio:



8.01
Media: 8 (4 voti)

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