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LIBRI

Giorgio Vasta incide Palermo

L'autore de Il tempo materiale torna in libreria con Spaesamento: tre giorni di fine agosto tra Mondello e piazza Politeama. Per comprendere gli abissi della città e dell'Italia di Berlusconi, con una scrittura precisa come un bisturi


di Matteo Di Gesù


Mi sono trovato d’accordo con chi ha salutato l’esordio narrativo di Giorgio Vasta (Il tempo materiale, Minimum fax 2008) come uno dei più significativi degli ultimi anni. Evidentemente non sono stato il solo: il romanzo è in corso di pubblicazione in Francia, Germania, Olanda, Spagna, Inghilterra e Stati Uniti. Così, mi sono fiondato vorace su questo nuovo Spaesamento uscito da un paio di mesi per Laterza.
 
Le aspettative non sono andate deluse: si tratta di un resoconto minuzioso, scritto in prima persona, di tre giorni in una afosa Palermo di fine agosto. O meglio, come spiega lo stesso protagonista nelle prime pagine del libro, di un meticoloso lavoro di carotaggio per recuperare, sotto alla superficie del tempo presente, “campioni di materia profonda in grado di raccontarmi la storia geofisica di questo luogo e stanare i penati e interrogarli per comprendere la consistenza della famigerata identità locale, la conoscenza profonda della struttura di uno stabile da estendere a quella dell'intero abitato, del quartiere e di tutta la città”.
 
I prelevamenti avvengono sulla spiaggia affollata di Mondello e tra i suoi frequentatori, nei bar del centro e tra i loro avventori o nei negozi di abbigliamento che li hanno rimpiazzati, tra i bambini dei vicoli della città vecchia e i giovani emo di piazza Politeama, tra le palme sterminate da un parassita e gli operai che le abbattono. Ma non si deve per questo intendere Spaesamento come una cronaca siciliana o, ancore peggio, come una ennesima pratica di autoesotismo (rubo questo termine ad Alajmo): giacché non è tanto il sottosuolo di Palermo, quanto gli abissi dell’Italia berlusconiana che a Vasta interessa carotare; la città siciliana è a ben vedere un luogo casuale, sebbene assai congeniale, dal quale avviare la campionatura.
 
Lo strumento per questa perforazione è la lingua affilatissima e inesorabile con cui il libro è scritto, un bisturi piuttosto che una trivella. Geometrica, di rarefatta precisione, e al contempo straniante e perturbante: a riprova del fatto che in letteratura conta assai non solo cosa si dice, ma come lo si dice; e che, anche quando si ambisce a “raccontare la realtà”, occorre produrre qualche sforzo in più, altrimenti si rischia di schizzarne bozzetti a carboncino su carta ruvida.
 
E se il referto di Vasta sembra indurre a un implacabile disincanto, proprio questa scrittura calibratissima ne controbilancia il pessimismo: l'ostinazione a comprendere, a venirne a capo affidandosi alla letteratura (che qui è declinata, direi umilmente, quale indispensabile esercizio per nominare il mondo) mi sembra un buon viatico per continuare ad abitare l'Italia contemporanea, per attraversare il nostro orrendo presente, sperando di tirarsene fuori, o addirittura provando a trasformarlo. 
 
“Mi serve una rabbia che separi e leghi, una rabbia che mi faccia comprendere che Palermo è collegata all'Italia che è collegata all'Europa che è collegata all'Occidente, l'Occidente al mondo, e che questo spazio di fuga è mescolato a un tempo centrifugo e tutto dà sempre forma all'umano, una sua declinazione tragica, e noi siamo qui, nella materia, nella matrice, a cercare ancora un modo. (…) Sento che questa rabbia deve essere feconda e generare un'intelligenza utile e una fiducia incoerente e infondata, una fiducia calma e trasparente, qui, nel cosciente disincanto”. Così si legge nelle ultime pagine del libro: potrebbe essere un ottimo proposito per la ripresa autunnale, al rientro dalle vacanze. Forse il più urgente da mettere in atto.



Tags: Berlusconi, giorgio vasta, italia, Laterza, Matteo Di Gesù, mondello, palermo, piazza politeama, recensione, spaesamento,
26 Luglio 2010

Oggetto recensito:

Giorgio Vasta, Spaesamento, Laterza 2010, p. 118, euro 9.50

giudizio:



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