Il cappello da escursionista e il talento da divulgatore Bill Bryson non li abbandona mai, nemmeno quando si trova tra le mura domestiche. Dopo il successo della sua Breve Storia di (quasi) tutto ecco una Breve storia della vita privata che parte dai nostri soggiorni per arrivare alle grandi rivoluzioni
di Giuseppe De Marco
Cercate una sua foto: William McGuire Bryson è esattamente il tipo con cui trascorrereste volentieri una serata al pub. "Ehilà Billy, vecchio mio, come va?". E lui giù a raccontare: "Sono appena tornato dall’Australia, sai quanto ci vorrebbe in barca a remi da qui a li?". Oppure:"Ehi, hai visto il tizio che ci ha portato le birre? Pensa che il suo bisnonno è quello che ha inventato il risvolto dei pantaloni. E il buffo è che lo zio aveva appena inventato i terminali dei lacci per le scarpe". E potrebbe andare avanti per ore. "Ah, che bontà questa birra. A proposito, lo sai da dove deriva il nome birra? E chi è stato il primo a dire cin-cin?". Alla fine della serata conoscereste più aneddoti voi (ammesso che riusciate a ricordarli) di tutti i vostri amici e conoscenti messi assieme.
Tutti quelli che non hanno modo di invitarlo al pub, possono comunque accontentarsi di leggere qualcuno dei suoi libri. L’effetto è più o meno lo stesso, e in più risparmiate il costo delle birre.
Bryson ha iniziato come scrittore di viaggi. Dall’Africa agli Appalachi, dalla Gran Bretagna all’Australia: praticamente ogni volta che ha fatto la valigia, ne è tornato con un libro e un mucchio di storie da raccontare. Ma non è solo un grande affabulatore; Bryson è anche uno straordinario divulgatore scientifico (oltre che giornalista e linguista: ha curato un paio di dizionari di inglese. In effetti gli manca solo un libro di cucina). Una specie di Piero Angela d’oltre oceano, condito con quel tocco sornione di humour e autoironia che non fa mai male.
Fatto sta che, a furia di armeggiare in lungo e in largo con il pianeta, deve essersi chiesto dove diavolo fosse il libretto di istruzioni e, una volta appurato che non era ancora stato predisposto, ha deciso di scriverlo lui stesso. (Sì, è chiaro che a nessuno di noi sarebbe mai venuto in mente una cosa del genere; ma del resto quanti di voi vendono best seller con i propri diari di viaggio?). Ne uscì fuori, nel 2003, un’incredibile Breve Storia di (quasi) tutto. Un libro che ha spopolato per la sua straordinaria capacità di raccontare l’evoluzione della scienza con un linguaggio assolutamente naturale e attraverso storie ed aneddoti che renderebbero godibile la materia anche al più riottoso degli adolescenti.
Bryson ci ha preso gusto e così ha deciso di riprovarci, stavolta però invertendo il percorso logico. Invece di studiare il mondo fuori casa per scoprire la storia del progresso, ha studiato la storia del progresso per scoprire l’origine della casa stessa. In breve, girovagando per la sua dimora nel Norfolk in Gran Bretagna, Bryson ha cominciato a farsi domande che a nessuno normalmente verrebbe in mente di porsi. Tipo perché mai le forchette abbiano quattro punte (si chiamano “rebbi”, prendere nota) oppure perché a tavola si portino sale e pepe e non, chessò, zenzero e cannella. Insomma, curiosità in pieno stile Bryson: chi ha inventato il materasso o il termosifone, i vetri alle finestre, le scale, le trappole per topi. Dopo di che, visto che l’appetito vien mangiando, ha cominciato a domandarsi come vivessero i nostri avi più o meno recenti. Come mangiavano, come dormivano, cosa leggevano, come educavano i figli, di cosa parlavano tra di loro. Insomma come trascorrevano il tempo in quei metri quadri che rispondono al nome di “casa”.
Si capisce presto che, pur limitando il proprio raggio di osservazione a poche decine di metri, il vecchio Billy punta in realtà molto in alto. Perché dietro alla semplice “casa” c’è la vita domestica, che è una cosa di gran lunga più complessa. Studiandone l’evoluzione attraverso il tempo e lo spazio, ne viene fuori una vera e propria storia del mondo. Una storia “privata” certo, cui è stata finora ingiustamente negata l’ufficialità della maiuscola. Ma che, a conti fatti, di quella Storia costituisce l’emanazione più concreta e tangibile. Perché senza le grandi rivoluzioni che si studiano a scuola non ci sarebbero state le piccole rivoluzioni che invece viviamo ogni giorno tra le nostre quattro mura. Come pure senza le migliaia di scoperte o invenzioni spesso dimenticate (e Bryson ha una storia per ciascuna) non ci sarebbero molte delle comodità di cui oggi ci circondiamo.
Troppo facile dire che “Bryson è riuscito a scrivere una storia del mondo senza uscire di casa” come affermato in quarta di copertina, riportando una formula d’effetto ma fuorviante. Perché per scrivere un libro del genere l’autore deve essersi documentato e parecchio. Solo che, invece di fare sfoggio della cultura accumulata, ha deciso di renderla accessibile a tutti. Un’operazione poco diffusa dalle nostre parti.
Il che ci porta alla vera nota dolente del libro. Perché la storia di Bryson è in realtà, sotto molti aspetti, la storia di una cultura (quella anglosassone) che non sempre coincide con la nostra. Insomma, per la classica ciliegina sulla torta ci vorrebbe un Bryson italiano. Che ci racconti magari la storia del mattarello o del sofà, dei balconi e dei vicoli, dei panni stesi e dei caffè, attingendo ad una tradizione che non ha certo nulla da invidiare ai cugini d’oltre oceano. Campanilismo? Macchè. Si chiama glocal e va anche di moda.
Tags: Bill bryson, Breve storia del privato, Breve storia di (quasi) tutto, divulgatore, domestico, esploratore, Giuseppe De Marco, guanda, recensione,
Bill Bryson, Breve Storia della vita privata, Guanda 2011, p 536, 20 euro
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