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LIBRI

Senza tetto che scotta

Finalmente un libro che parla di clochard raccontandoli davvero, ma in lingua letteraria


di Daniel Agami


“Se lei non vuole me, io non sarò più me. Rinuncio al mio nome, a coloro che lo sanno a quelli che lo dicono. Alla targa sul campanello. Al codice postale.” (Paola Presciuttini)
Siamo sinceri, e voi che leggete, per favore, siatelo con noi: del dolore altrui non ce ne frega niente. Non quello delle persone a cui vogliamo molto bene, e neanche quello dei grandi casi di dolore nazionale (i terremotati, le vittime degli assassini misteriosi, i personaggi famosi vedovi, quelli di Sinistra Ecologia Libertà): quelli ci interessano un po’. Ci riferiamo al dolore di chi non conosciamo, o conosciamo poco, al dolore di chi soffre (non solo provano dolore, pure sofferenza: egoisti!): è già incomprensibile averne uno nostro, impossibile occuparsi di quello altrui. Ma esprimiamo la nostra solidarietà per i barboni che dormono per strada, salvo poi istintivamente allontanarci, negli atri delle stazioni, nei sottopassaggi, nei portici dei bei licei: e ci assolviamo scomodando il pudore, il rispetto della privacy. Li si chiama senza fissa dimora, per adeguarci al politically correct progressista e lessicale, ma li continuiamo a pensare barboni, distanziandoci da loro almeno un marciapiede. E prima che una rivolta violenta dei senzatetto riporti quella condizione (as?)sociale alle home-page dei quotidiani e a noi, un libro se ne occupa, in orgogliosa inattualità: In una sola notte, antologia di racconti “senza dimora”, uscita in libreria il 30 dicembre 2009, nelle stesse ore in cui, nel 1994, Raiuno inaugurava un fortunato veglione televisivo (da Bologna, e dalle piazze di Italia) ideato da Lucio Dalla e prodotto da Bibi Ballandi con fine solidaristico per i clochards (Era La notte degli angeli, e nel corso degli anni ha cambiato modalità, luogo, titolo, ma soprattutto ha archiviato senzatetto e solidarietà: ora è l’Anno che verrà, ed è il becero programma che di solito si mette muto alle feste capodannuali per il final countdown).
Rinunciando pregevolmente alla moda della scrittura-verità, la raccolta narrativa mostra efficacemente come gli scrittori possano pedinare le realtà dei senza fissa dimora restituendone una dimensione reale e vera, con il linguaggio letterario dell’invenzione e dell’immaginazione. Ecco, dai racconti sembra che loro (gli scrittori) non si siano allontanati con il falso pudore delle nostre coscienze da loro (i senza dimora), ma li abbiano osservati con vicinanza centimetrica, e soprattutto li abbiano ascoltati. Gli otto barboni degli otto racconti non cedono alla morbosità creativa del barbone simpatico, il barbone filosofo od altre demenzialità a cui la pubblicistica spesso ci abitua, no: sono persone scomode, banali, vittime, innamorate, fantasiose, solidali, cattive, buone, sarcastiche ma soprattutto in ognuno di essi, ed in ognuno dei racconti prevale una qualità fintamente retorica, che è la dignità. Lo spunto ideativo richiesto agli scrittori è quello di immaginare una notte di un clochard, e la maggior parte degli autori squarcia l’interiorità dei senza tetto con indagini originali, ben scritte ma soprattutto ben meditate: Guglielmo Pispisa, degli scrittori collettivi Kai Zen, demistifica e ragiona sui luoghi comuni che caratterizzano i senza tetto, dandogli l’inquietante volto del licenziato (Che pensieri hai?); Claudio Morici taglia il cordone ombelicale letterario con il neorealismo e attinge, con grande spasso del lettore, alla letteratura disegnata della Marvel, declinando satiricamente i clochards come supereroi, come già Stefano Benni e Caparezza avevano narrato gli operai, dove disagi sono superpoteri, in uno dei racconti più convincenti (L’uomo invisibile); Paola Presciuttini, dal cognome temibile per i correttori automatici di Word, in un emozionante monologo articola il tema come electio vitae, depressiva, onirica, e struggente conseguenza dell’amore non corrisposto, nell’ottima La novella del barbone innamorato, il migliore racconto del libro; Gianluca Morozzi affronta la vita dei senza dimora come fosse la nostra, con la stessa alternanza tra cattiveria, indifferenza, fragilità, bontà ed irrisolti, in un racconto ben scritto ma anch’esso irrisolto (Vuoi che ti dica di lui). Ad altri scrittori va dato il merito di avere creduto nell’opera (tutti sono a partecipazione gratuita, e per i proventi vedi infra), ma non quello letterario: è il caso dei racconti di Nino Gianni D’Attis, narcisisticamente romanesco, e di Maksim Cristan, il cui (fanculopensiero) per Feltrinelli popolava le librerie dell’editore nel 2007 (pure troppo), con un racconto che pensavamo inscrivibile, ed invece è solo illeggibile, e dà la voglia di rimandare al mittente il titolo succitato. Chiudono il libro l’esordio narrativo del poliziotto Gaetano Messineo, crudo e promettente, che racconta una notte brava della peggio gioventù romana, sulla stregua dei romanzi romani di Pasolini (Quattro colpi) e il brioso (è raro, ma è davvero così) vademecum per chi vuole fare il clochard senza rompicoglioni che lo aiutino (Se bastasse un cartone), scritto proprio da uno di quei rompicoglioni (il medico Mauro Pettorruso).

Ed il libro lo chiudiamo anche noi, sentendo anche l’odore del cartone, e consapevoli che capiremo la realtà dei senza fissa dimora meglio con la narrativa che con qualunque puntata di Annozero, animata dalla tranquillità antitelevisiva della generazione giovane (strilla sempre, prima o poi li faranno conoscere agli Amici di Maria De Filippi) e dalla sensibilità di Maurizio Belpietro, dedicata a loro.



Tags: barboni, chochard, claudio morici, Daniel Agami, ec edizioni, gaetano messineo, gianluca morozzi, girolamo grammatico, guglielmo pispisa, kai zen, maksim cristian, mauro pettorruso, nino d'attis, paola presciuttini, politically correct, racconti, senza fissa dimora, solidarietà,
14 Febbraio 2010

Oggetto recensito:

A.A.V.V., IN UNA SOLA NOTTE - RACCONTI SENZA DIMORA, A CURA DI GIROLAMO GRAMMATICO, EC EDIZIONI, P.95, EURO 5

EC(i sono gli scrittori): Nino D’Attis, Gianluca Morozzi, Paola Presciuttini, Guglielmo Pispisa (Kai Zen), Claudio Morici, Maksim Cristan, Gaetano Messineo, Mauro Pettorruso; ognuno si presenta, nella propria nota biografica, con un proprio aforisma sulla povertà. La raccolta merita un sole, ma ne aggiungiamo volentieri un altro, per i senza fissa dimora: per illuminarli e perché fa freddo
EC(’è la solidarietá): la casa editrice appartiene alla Europe Consulting, onlus dedita all’assistenza dei vagabondi senza domicilio nelle stazioni ferroviarie (a Roma Termini con Binario 95), che stampa anche un mensile, Shaker, scritto e pensato dai clochards: tutti i proventi del libro sono devoluti proprio al finanziamento del mensile romano. Il libro è in distribuzione a Roma ed in ordinazione
EC(’è la frase che abbiamo temuto di più): “Che bella sensazione ti dà una pistola carica in mano”. Scritta dal poliziotto esordiente scrittore, speriamo non sia autobiografica

EC(’è il dubbio che abbiamo): ma invece che destinare i proventi del libro (già in ristampa) al mensile dei senza fissa dimora, non si poteva destinarli direttamente ai senza fissa dimora?

giudizio:



7.74
Media: 7.7 (11 voti)

Commenti

Guardandomi indietro,

9

Guardandomi indietro, l'immagine più ricorrente che ho di me è con foglio di carta e penna in mano. Ho sempre scritto per il bisogno direi fisico di farlo. Per la prima volta vengo letto da persone che non mi conoscono, e per la prima volta qualcosa che ho scritto viene recensita. Non nascondo il piacere nell'aver letto le tue belle parole ma ancora più grande è la soddisfazione nell'aver contribuito ad un progetto che (è romai rarissimo) fonde insieme narrativa e impegno sociale. P.S.: Riguardo la pistola carica in mano... tranquillo la mia è in sicura e ben riposta!

anche a me manca il

9

anche a me manca il cartaceo!!! ;)

Ottimo libro! Ps arridatece

8.01

Ottimo libro!

Ps arridatece giudizio universale!!!

Grazie per la recensione!

8.01

Grazie per la recensione! Davvero. Rispondo solo all'ultima domanda. Shaker non esiste per sostenere se stesso ma per sostenere il perrcorso di recupero psicologico, creativo e sociale delle persone senza dimora ospiti (in particolare) del Centro Binario 95. Quindi il ricavato non va a sostenere Shaker ma gli scrittori (senza dimora) di shaker in questo percorso. Come si dice... E' più facile dare un pesce o insegnare a pescare ?

Vi aspettiamo sul Binario! Alessandro

E' inutile dire e spiegare

E' inutile dire e spiegare quanto mi abbia fatto felice questa recensione! L'attenzione con cui leggi, osservi, analizzi mi rende sempre più orgoglioso di conoscerti!

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