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LIBRI

Un libro inutile

In difesa del privato di Wolfgang Sofsky vorrebbe aiutarci a difenderci dal controllo delle nostre vite, in costante aumento su più fronti. Ma non ci sono né intuizioni né interpretazioni, e neppure teorie convincenti o nuovi dati interessanti


di Roberto Basso


Ridicolo. In difesa del privato di Wolfgang Sofsky è un testo ridicolo. Una serie inenarrabile di considerazioni puerili e inutili. Ci si rigira questo libricino in mano e ci si chiede dove stia il mistero, il segreto, che cosa – sfuggito alla lettura – possa giustificare la scelta di Einaudi di pubblicarlo.
Il tema è interessante, sì, perché il controllo delle vite personali aumenta costantemente e con modalità finanche suadenti, che abituano progressivamente il cittadino ad essere l'oggetto di un'analisi microscopica da parte di una moltitudine di soggetti, istituzionali e commerciali. E un'opinione avvertita, un'intuizione felice possono fornire strumenti di autodifesa. Ma si arriva in fondo a questo libro sperando di trovarla, l'intuizione che giustifichi le centosessanta pagine, cozzando con la delusione.
 
Il primo capitolo, Tracce, è una descrizione in chiave narrativa di una giornata-tipo di un qualsiasi cittadino di una civiltà del sedicente primo mondo, capace di enumerare le circostanze e le occasioni in cui soggetti terzi raccolgono, collezionano e classificano informazioni su di lui. Abbastanza aggiornato, ma nulla di sconcertante per chiunque abbia un po' di dimestichezza con la modernità (in termini di comportamenti di consumo e tecnologie dell'informazione e comunicazione). Anzi, il tono profetico con cui si chiude è già fuori luogo perché a prescindere se sarà vero che “nel prossimo futuro ognuno porterà con sé una carta d'identità grazie alla quale sarà sempre possibile scoprire dove si trova”, già oggi chiunque abbia un cellulare GSM lascia tracce del proprio passaggio e – su base volontaria, per fortuna, per adesso – può farlo sapere ai suoi amici con Google Latitude (http://www.google.com/intl/it_it/latitude/intro.html).

Da qui in avanti tutto il testo è una somma paranoica di descrizioni tanto puerili da risultare imbarazzanti anche perché non sono pretesto di alcuna interpretazione: lo Stato ci terrorizzerebbe per promuovere un maggior controllo sociale, Sofsky si accontenta di terrorizzarci sul ruolo dello Stato. Ora, sulla paura come leva di controllo ampiamente utilizzata dal potere (la Presidenza degli Stati Uniti sui cittadini americani degli Usa, per esempio, prima e dopo l’11/9) si è scritto molto e bene, sulla paura come leva elettorale pure (per esempio le analisi di Ilvo Diamanti realizzate incrociando dati oggettivi sui reati commessi e spazio riservato dai media alla “emergenza criminalità” come rilevato dall'Osservatorio di Pavia in occasione della campagna elettorale italiana del 2008).
Sofsky invece si accontenta di raccontarci come al bar situazioni ipotetiche e immaginarie collocate in qualsiasi periodo storico alla maniera disinvolta con la quale chiunque di noi si può improvvisare esperto di calcio al lunedì mattina. L'attore sociale descritto dall'autore tedesco è una caricatura, una macchietta che si muove in un universo pittoresco. Leggendo Lo scherzo di Kundera si può apprendere molto di più dell'esperienza soggettiva di uno stato di polizia di quanto si possa fare con questo testo (e – sia concesso – con maggiore soddisfazione letteraria).
 
L'ipotesi di estendere quel clima allo stato di diritto democratico non funziona perché l'autore non fornisce alcun elemento per avvalorarla. Ci potevamo credere o meno prima di questa lettura, ché tale rimarrebbe la nostra convinzione. Non c'è un dato, non c'è un'intuizione, non c'è interpretazione. Sul concetto di libertà, per esempio: ci saremmo aspettati una declinazione originale, a seguito della demolizione del consesso sociale operata da Sofsky fin dalle sue radici. E invece: “la libertà di ciascuno termina là dove comincia quella dell'altro”. Quale originalità. Ecco, il non agile pamphlet, reso incommestibile dal dispositivo retorico che oppone una rappresentazione mainstream della realtà in chiave pittoresca e ironica alla descrizione oppositiva di Sofsky, è tutto qui, in questa mancanza di qualsiasi contributo originale in grado di fornire una ragione che ne giustifichi la pubblicazione.
 
La requisitoria che ci viene sciorinata non è contro lo Stato, contro l'illusione democratica, bensì demolisce l'idea stessa della convivenza sociale. Si legga qualcuno degli autori che campeggiano nella bibliografia (le dodici pagine migliori del volume, concepite in modo analitico e commentato anziché semplicemente compilativo): Mills e Hume, Marx, Rousseau, Orwell. E ancora Goffman e Foucault, Edward Shils – l'allievo di Talcott Parsons... I testi di Erving Goffman, per esempio, sono leggeri e perfino divertenti e ci schiudono molto di ciò che il nostro comportamento quotidiano sottintende, senza essere caricaturali quanto il cittadino di Sofsky.
Il quale non spiega perché dovremmo avere paura di dati che sono sì cospicui ma frammentati e distribuiti in archivi diversi, anziché concentrati e omogenei come presumibilmente li avevano la Stasi o la polizia fascista; non spiega perché i cittadini delle moderne società consumiste siano così disponibili a farsi catalogare; non fornisce una problematicizzazione del quadro dei “fatti” per creare almeno una prospettiva interpretativa, se non una spiegazione. Non c'è una teoria politica, ovvero della distribuzione del potere nella società: se “lo Stato è un'istituzione per il dominio sui cittadini” chi lo consegue, con quali mezzi lo esercita, in vista di quali scopi? Se il privato va difeso, opzione che sta a cuore all'autore, a cosa si deve opporre, verso quale nuovo equilibrio, con quali risultati nel patto sociale?
 
Insomma, ignoriamo perché Wolfgang Sofsky abbia buttato giù queste considerazioni, e soprattutto perché Einaudi le abbia pubblicate, ma non ignoriamo che la loro lettura sia tempo completamente perso.



Tags: controllo, Einaudi, gsm, In difesa del privato, media, politica, privacy, privato, regime, Roberto Basso, società del controllo, stato, Wolfgang Sofsky,
02 Marzo 2010

Oggetto recensito:

Wolfgang Sofsky, In difesa del privato, Einaudi 2010, p. 168, euro 10

giudizio:



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