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TEATRO

Rodrigo Garcia, la chaise longue e il Masaccio

Abbiamo visto in anteprima nazionale l'ultimo spettacolo del radicale autore spagnolo, Esto es asi y a mi no me jodais


di Sergio Buttiglieri

Fotografie di Christian Bertelot


Tutto ciò che è ornamento dovrebbe essere vietato per legge, ci ricorda ad un certo punto Rodrigo Garcia, parafrasando, magari inconsapevolmente, Adolf Loos, precursore dell'architettura moderna, in questo insonne splendido evento teatrale colmo di delicatezza. Siamo parlando di Esto es asi y a mi no me jodais, il cui protagonista alla fine ci rivela che vuole avere le cose per poterle perdere, proprio come la vista che non ha più.
 
Pensavamo di ritrovarci dentro l'entropica irriverente rabbia dei suoi precedenti lavori, mentre questa volta Rodrigo Garcia, una delle figure teatrali più radicali delle nuove scene europee, con il suo nuovo spettacolo presentato in prima nazionale al Teatro Fabbricone di Prato, ci ha spiazzato completamente. 
 
Un lavoro poetico intriso di melanconia di panofskyana memoria, recitato da un celestiale ragazzo cieco, Melchior Derouet, e da una enigmatica donna, Nuria Lloansi, la quale, indossando un sacco a pelo, diventa a tratti uno strisciante megalombrico pieno di campanellini, mentre in una memorabile scena iniziale appare come una sonora sirena che, invece di sbattere la canonica coda, ammalia con due piatti da batteria percossi continuamente.
 
Melchior è, come tradizione insegna, il veggente omerico che disvela le nostre miserie. La donna al massimo soffia velate parole nell'orecchio di lui o filma e ribalta le scale dimensionali di ciò che vediamo, per poi finire stesa nuda su una sorta di struggente battigia, solcata da onde di detersivo liquido. 
 
La Tecnica su cui si fonda la nostra società, quella di cui parla spesso Galimberti, ha come assunto di base la totale assenza di contatto. Dalla lettera al telegrafo, dal fax al telefono, dalle e-mail agli sms, da facebook a chissà che altro in futuro, tutto è pensato per mantenere la distanza fra le persone. E anche nei centri commerciali alla fine non ci parliamo, troppo intenti a consumare merci, tema, questo, molto caro a Rodrigo, che l’ha affrontato ad esempio nella Carniceria Umana di qualche anno fa. 
 
rodrigo garcia Esto es asì 1 foto di christian bertelot-piccola.JPGLa pièce inizia con i due protagonisti rannicchiati sulla notissima chaise longue di Le Corbusier, una sorta di zattera sospesa su un mare di libri. Lei si sposta su un prato abitato da un uomo, che emergerà dall’erba solo dopo che lei le avrà iniziaticamente dato fuoco. Uno scrittore – ci ricorda Garcia tramite Melchior, neo Borges teatrale – è condannato alla parzialità, mentre tutti noi desideriamo l'assoluto. Bisogna fidarsi delle parole e non dell'eccitazione che le circonda, perché la felicità senza parole sarebbe nulla, in quanto indescrivibile. Mentre a Garcia, proprio per l'intenso desiderio di comunicare, scoppiano le biro in mano e le sue lacrime hanno mille colori. 
 
La scena di questo ultimo spiazzante lavoro di Garcia è particolarmente evocatrice, con una spropositata serie di piatti da batteristi di complesso rock sparsi ovunque. La lettura produce grugniti o risucchi ma non parole, come se fosse l'esemplificazione dell'ingordo nutrimento di cui ha bisogno l'uomo della tecnica. Un assorbimento ritmato da una sorta di metronomo vitale.
 
Ritrovarsi dentro a una sorta di lectio magistralis sul Masaccio però proprio non ce lo aspettavamo da questo pubblicitario prestato al teatro. Il racconto dell'incontro di lui bambino in vacanza con i suoi a Firenze con la Cappella Brancacci è, come d'altronde ci svela lui stesso dopo lo spettacolo, tutto falso. Ma la cacciata dal paradiso può essere vista come inizio di un viaggio: quello del Rinascimento prima di tutto, ma anche inizio dei nostri dubbi, della nostra voglia di conoscere e di andare oltre l'eterna staticità, che fino ad allora pervadeva i corpi dei personaggi dipinti. Corpi senza sudore, senza quella voglia di andare oltre il conosciuto. E il giovanissimo Masaccio diventa per Garcia una sorta di Corto Maltese ante litteram. Naturalmente però nessuno ha tempo per rivedere Masaccio, anche se ha una prospettiva più evocativa di qualsiasi 3d di oggi, perché dobbiamo vedere più cose, consumare di più e in più breve tempo possibile.
 
Di scene intense lo spettacolo è colmo: quando lei a cavallo della chaise longue parte in una danza frenetica usandola come fosse una mezzaluna per devastare i libri cosparsi a terra. Oppure quando scuoia ferinamente lui, come fosse una vorace iena con la sua carcassa. Lacerazioni del cuore che Garcia ci porge con estrema teatralità laica. 
 
Infiniti, calorosi applausi a questo esile, timido genio teatrale del nostro tempo, che a osservarlo dal vivo sembra un topo da biblioteca, un impiegato del catasto. Amando visceralmente il teatro, perché per lui significa essenzialmente non essere soli, Garcia però sa tirare fuori una grinta inimmaginabile, soprattutto se raffrontata alla soporifera medietà degli spettacoli che transitano nelle stagioni più tradizionali.



Tags: cappella brancacci, carniceria umana, ESTO ES ASI Y A MI NO ME JODAIS, fabbricone di prato, il masaccio, linguaggio, prima nazionale, rodrigo garcia, scrittore, Sergio Buttiglieri,
16 Giugno 2010

Oggetto recensito:
ESTO ES ASI Y A MI NO ME JODAIS DI RODRIGO GARCIA

Produzione: La Carniceria Teatro con Bonlieu Scene Nationale d'Annecy
Visto: durante l'interessante Festival Teatrale di Prato Contemporanea Festival 10, Le arti della Scena, al Teatro Fabbricone
Prossimamente in scena: dal 5 al 14 novembre a Parigi, Théâtre de Gennevilliers, al Festival d'Automne.
Prossimi spettacoli di Rodrigo Garcia in Italia: Versus in prima nazionale a Torino, Teatro Carignano, 19 e 20 ottobre 2010; Muerte y reencarnación en un cow boy in prima nazionale a Torino, Cavallerizza Reale, 21 ottobre 2010
Tutte le tournée: su http://rodrigogarcia.es

giudizio:



8.780004
Media: 8.8 (9 voti)

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