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FILM

Buenos Aires, una Olivetti e due amori

Il segreto dei suoi occhi, tratto dal libro di Eduardo Sacheri, racconta 25 anni di storia argentina recente attraverso la vita di un cancelliere di tribunale. Il regista Juan Josè Campanella gioca sapientemente con la macchina da presa, intrecciando memoria ed oblio


di Marinella Doriguzzi Bozzo

 


L'oscar 2010 al miglior film straniero va ancora una volta a un film sudamericano che, come Affetti e dispetti, riesce a darci un’idea del clima politico del paese in cui si svolgono i fatti narrati, pur parlando d'altro
 
Argentina, 1974: Isabel, seconda moglie del dittatore Peron, nonchè clone della ben più celebre Evita, succede al marito. Segue, due anni dopo, il dispotico potere militare del generale Videla (2.300 omicidi politici, 10.000 arresti, 30.000 desaparecidos).
Argentina, 1999: Fernando De La Rua, eletto presidente, non riesce ad imporre il programma anticorruzione e di ricostruzione, mentre le grandi multinazionali si trasferiscono in Brasile, lasciando il paese nel caos. 
 
Un intervallo di 25 anni, di cronografia di una nazione ancora lontana dal più accettabile equilibrio di oggi, e di storia di vita di un cancelliere del tribunale di Buenos Aires, appena pensionato. In mezzo, la stessa vecchia macchina per scrivere Olivetti, che allora saltava e che continua a saltare la lettera A, e che viene riconsegnata al protagonista per poterci scrivere un romanzo. Romanzo che funge da pretesto per ricostruire un delitto prima problematico e poi risolto, ma archiviato per vergognosi motivi politici, e nel contempo narrarci la sua esperienza, del suo unico amico, della donna della sua vita. 
 
Anche i due grandi amori di fatto si incrociano e si sovrappongono, uno stroncato dalla morte, l’altro mancato, come spesso si mancano gli amori: per inadeguatezza, assenza di coraggio, equivoci, circostanze fortuite. Amori come idee, appena o mai consumati, e perciò destinati a durare tutta la vita, perché, come dice uno dei personaggi principali, le passioni non finiscono mai. 
 
Sullo sfondo, la burocrazia della macchina statale, feroce e lassista, ironica, raffinata e dispotica, ma anche violenta e ignorante, divisa fra i pochi che hanno ancora il senso dell’onore e della giustizia e i molti che la usano per farsi strada nel mondo, a qualsiasi prezzo.
 
Tratto da un libro del giovane scrittore argentino Eduardo Sacheri, edito in Italia dalla Bur, il film ha parecchi punti di forza: il primo è la sceneggiatura, che scorre avanti e indietro nel tempo attraverso flash back mai forzati, perchè di fatto condotti dallo sviluppo logico della scrittura del romanzo; e quindi intriganti, e intricati, ma comunque sempre perfettamente comprensibili.
 
Il secondo punto di forza è l’articolazione fantasiosa eppure ferrea del teorema narrativo, che ha la suspense di una pericolosa partita di poker, in cui i caratteri dei giocatori contano quanto, anzi, forse più, delle carte stesse, e che funziona come trama al punto di permettersi parecchi ribaltamenti e ben tre finali, senza che il rigore del meccanismo ne risenta, perchè i conti continuano a tornare al millimetro, sia psicologicamente che fattualmente. 
 
Infine, c'è il riuscitissimo pastiche di generi, che amalgama con naturalezza il legal thriller, il noir poliziesco, il sentimentale, il pamphlet sociopolitico, il tutto governato da un senso originale del mélo e da una sicurezza priva di velleitarismi nell'uso emotivo, ma professionalissimo, della macchina da presa. La macchina gioca sulle luci e le oscurità degli interni come delle coscienze, sui primi piani sgranati delle schiene e dei volti, tanto che spesso le inquadrature sembrano dividere lo schermo in due, talvolta in verticale, talora in orizzontale. 
 
Quasi a voler rammentare che si sta giocando sul dualismo di una storia nella storia, di un tempo passato nel presente, del bene incistato nel male, della giovinezza perduta nella maturità. Ma anche sul dualismo della memoria e dell’oblio, come della realtà effettiva rispetto a quella rimodellata dalle rivisitazioni del ricordo. Nonchè del complesso rapporto fra scrittura ed immagine,già tante volte portato sullo schermo, e di cui il film rappresenta uno degli esempi più riusciti. 
 
In sintesi, è un'opera nobile e accattivante, con qualche lentezza e ridondanza di troppo, e con una prestazione attoriale lievemente inficiata dal trucco, che ringiovanisce e invecchia gli stessi soggetti. 
 
Non all’altezza di altri memorabili oscar, quali Le invasioni barbariche (2004) o Le vite degli altri(2007), ma da cogliere e raccomandare come una garanzia, soprattutto nei limiti di una stagione cinematografica ormai agli sgoccioli perchè sfidata, come tutti gli anni, dal vincente approssimarsi delle vacanze.



Tags: argentina, desaparecidos, dittatura, generale videla, il segreto dei suoi occhi, isabel peron, Juan Josè Campanella, Marinella Doriguzzi Bozzo,
07 Luglio 2010

Oggetto recensito:

IL SEGRETO DEI SUOI OCCHI, di Juan Josè Campanella, Argentina/Spagna 2009, 129 m

Gli attori: Ricardo Dorin, Soledad Villamil, Guillermo Francella, José Luis Gioia, Pablo Rago

giudizio:



8.01
Media: 8 (1 vote)

Commenti

Doriguzzi Bozzo riesce sempre

Doriguzzi Bozzo riesce sempre a vedere dei film che io non vedo neanche passare. La ringrazio per l'impegno profuso e per il fatto di avvertirci che il cinema esiste ancora nonostante Avatar. Dei due film che cita in chiusura ho senz'altro preferito "Le invasioni barbariche". "Le vite degli altri" mi è un po' parsa una maramaldata (se ci si ricorda cosa esattamente vuol dire). Tanto che l'ho sentita citare a "Prima Pagina" (meritoria trasmissione di Radio 3) in difesa delle legge berlusconiana sulle intercettazioni. Anche quando i fatti argentini erano contemporanei, li si citava con imbarazzo e guardando dall'altra parte. Ecco, l'importante è voltarsi dall'altra parte al momento giusto. Poi se ne parlerà con calma... Non faccio alcun riferimento al film recensito, che non ho proprio visto. Doriguzzi Bozzo continui così!

da Suo appassionato lettore

8.01

da Suo appassionato lettore ancora una volta La ringrazio per questo suo complesso invito al piacere di gustare Campanella. Come ha ragione: "le passioni non finiscono mai".

Francesco Maria

Che dire?Grazie per la sua

Che dire?Grazie per la sua assidua benevolenza

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