Due bande di scassinatori organizzano in contemporanea un furto alla medesima banca. Mescolando i registri di thriller, commedia e noir, Le regole della truffa di Rob Minkoff si inserisce in uno dei filoni più saccheggiati della storia del cinema
di Marco D''Egidio
La rapina è un topos vecchio quanto il cinema. Il bagaglio delle 'robbery' in celluloide contiene thriller, action movie, avventure, gialli e commedie, generi spesso combinati nella stessa pellicola. Inevitabile sentire il peso di tanta produzione per registi e sceneggiatori, che a fronte di una formula di facile successo, si vedono spostata sempre più in alto l’asticella della novità.
Ma la differenziazione verticale non è l’unica via. Chi non ha intenzione di farsi spazio in un panorama tanto affollato a furia di sofisticherie tecnologiche, ma anzi pesca a piene mani nel vasto repertorio della rapina classica (fino a rispettare addirittura l’unità di luogo), è Rob Minkoff, regista de Le regole della truffa, presentato all’ultimo Sundance Film Festival. La sua è infatti un’opera dal sapore rétro, quasi nostalgico e vintage: non nell’estetica (pienamente contemporanea), quanto nella trama, nei tempi e in definitiva nella meccanica degli avvenimenti.
Mix di generi diversi con il fil rouge della comicità a unire tutto, il film è tutto ambientato nella banca che due bande di scassinatori, una più sgangherata dell’altra, si trovano ad assaltare (per caso?) nel medesimo istante. Per fortuna che in quel momento a provarci con l’impiegata allo sportello (una brava Ashley Judd) c'era un cliente un po’ strano, un geniaccio dei numeri dalla memoria formidabile (Patrick Dempsey perfettamente calato nel ruolo): chissà che, divenendo leader degli ostaggi, non ne possa approfittare per far colpo sulla bella cassiera...
Il ritmo è sostenuto, i registri ruotano, le battute rasentano la demenzialità ma talvolta riescono divertenti mentre in altri casi sono sparate a salve. Le regole della truffa assomiglia, per il tipo di risata che vuole proporre, a The Mexican, sebbene rispetto alla poco fortunata commedia on the road con la coppia Pitt-Roberts sia generalmente meno dispersivo e più veloce. Se il copione prevede che ogni imprevisto si trasformi in un teatrino, una scrittura fondata sull’ostinata spremitura del potenziale comico di personaggi ritagliati con le forbici esaurisce presto l’originalità, insinuando nello spettatore la sensazione del già sentito. O del già visto, che è un punto di forza solo se gli espedienti non vanno avanti in loop.
Una mano di giallo alla Agatha Christie è quello che salva baracca e burattini: i colpi di scena che il finale riserva sono ben assestati e sciolgono un film che sembrava inceppato sulle gag. Ma nel complesso il bagaglio delle rapine sul grande schermo non si appesantisce granché.
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Le regole della truffa di Rob Minkoff, USA 2011, 118 m
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