Padre di Giuseppe e Bernardo, amico fraterno di Pier Paolo Pasolini. Attilio è una delle figure più sottovalutate del panorama letterario novecentesco italiano: il Festival della Mente di Sarzana cerca di rendergli giustizia con un'edizione interamente dedicata a lui. Dal 2 al 4 settembre
di Sergio Buttiglieri
Quest'anno ricorre il centenario della nascita di Attilio Bertolucci: il Festival della Mente che si terrà a Sarzana dal 2 al 4 settembre, renderà omaggio al poeta, sicuramente tra le personalità più sfaccettate del nostro Novecento. Domenica alle 21,15 Sonia Bergamasco e Fabrizio Gifuni (quest’ultimo in passato ci aveva emozionato con la rilettura teatrale di Pasolini ‘na specie de cadavere lunghissimo, diretto dal figlio di Attilio, Giuseppe Bertolucci) saranno impegnati in un recital tutto incentrato sul sodalizio che per tanti anni unì Bertolucci all’amico Pier Paolo Pasolini. L’amicizia ‘"in versi" di due grandi poeti, entrambi approdati prestissimo a Roma e addirittura residenti nello stesso stabile - nel quartiere Monteverde.
Domenica alle 10, uno dei figli cineasti, Giuseppe assieme allo scrittore e critico Emanuele Trevi discuterà di cinema e letteratura ricordando l’amore per la settima arte di Attilio: quella passione che la prole avrebbe ereditato con i risultati che tutti conosciamo. Ma oltre che al cinema, il poeta s’interessava di teatro d’opera così come di arte: la sua formazione, alla pari di quella di Pasolini, avvenne a Bologna con il maestro Roberto Longhi, uno degli storici dell’arte che meglio coniugò una prosa raffinata con l’analisi della pittura italiana. (in questi giorni è in libreria la raccolta dei suoi scritti d’arte, ‘La consolazione della pittura’, Aragno editore).
Di Attilio, qui a Tellaro tutti ricordano la sua proverbiale pigrizia, in realtà un teatrino che metteva su per nascondere una grande energia. Il bisogno e la paura della solitudine come del dialogo. Per anni ha soggiornato nel borgo, vicino a Sarzana, in quella sorta di candida casa-torre ottagonale sul golfo che tanto gli ricordava il suo amato battistero di Parma. Spesso passava a trovare l’amico Mario Soldati, “di tutt’altra pasta” come ricordano i vecchi tellaresi, arroccato com'era nella sua villa sulla scogliera. Oppure, poco prima che morisse, marcava visita a casa di Percy Lubbock, caro amico di Henry James e “ultimo dei grandi inglesi italianati” come amava definirlo Attilio, che lo riteneva autore del “miglior libro sulla tecnica del romanzo che esista nella letteratura inglese”. Lubbock risiedeva in una delle più belle ville a picco sul mare nel tratto di costa fra Tellaro e Lerici, non lontano dalla casa sulla spiaggia di Fiascherino dove nel 1913 visse anche D.H. Lawrence. Proprio di fronte alla famosa frana sopra l’Eco del Mare, lo stabilimento più esclusivo d’Italia che alla fine dell’anno scorso ha restituito per qualche mese, pur fra mille disagi, un genuino carattere d’insularità a Tellaro.
Leggere Bertolucci in quegli anni era considerato controcorrente: secondo gli schemi ideologici del periodo - oscillanti tra il sociologismo e una rigida scuola semiotica- era la poesia stessa a essere tenuta in poco conto. Peculiarità di Bertolucci fu invece proprio quella di non rinnegare mai "l’utilità" nella poesia.
Ma era anche uno straordinario prosatore, un intellettuale finissimo e di grande libertà. Era, prima di essere uno scrittore, anzitutto un osservatore, un 'lettore'. Possiamo dire che Bertolucci, assieme a Sereni Caproni e Luzi costituisca il nucleo fondamentale della poesia novecentesca italiana.
“Dovrei scrivere di me nudo -scrive in una lettera, rivelando una sua profonda verità 'fisica'. Un’ebbrezza di corporeità che ben traspare dalla sua sintassi smottata, ben diversa, di più ampio respiro rispetto quella di Pasolini. “Lasciami sanguinare” è un altro bellissimo verso, che ci auguriamo di sentire dalle voci di Gifuni e Bergamasco, nella serata a lui dedicata.
Ecco forse la ragione per la quale Gianfranco Contini non lo inserì nel suo famoso testo sulla letteratura dell’Italia Unita, pur scusandosi con lui nel ‘51, in occasione del premio che ricevette per la sua raccolta di poesie La Capanna Indiana. In fondo la poesia di Bertolucci è il segno di un’epoca altra, in cui la presenza del corpo diventa un ingombro post-Freudiano. Il suo “stare sempre più in là rispetto a chi viene dopo”, come definì il suo stile Enzo Siciliano, è forse la chiosa linguistica più bella per definire questo grande poeta parmense. .
Ma il Festival della Mente riserva molte altre occasioni da non perdere: dalla nota sociologa Chiara Saraceno al famoso genetista Edoardo Boncinelli, dal mitico Zygmunt Bauman (il teorico della società liquida) al caustico Enzo Mari, uno degli indiscussi maestri del design italiano, Marco Belpoliti (quello del Corpo del Capo, edito da Guanda dopo che Einaudi non se la sentì di pubblicarlo) a Pippo Delbono, uno dei più radicali registi attori del nostro nuovo teatro, da Michela Marzano ( quella di Sii bella e sta zitta) a Giuseppe Battiston, altro grande attore teatrale e cinematografico; da Almudena Grandes, uno dei più rilevanti scrittori spagnoli contemporanei, autore di Età di Lulù) a Francesco Piccolo scrittore e sceneggiatore ( suo fra l’altro l’Habemus Papa di Moretti); da Vittorio Gregotti, uno dei migliori teorici dell’architettura, alla filosofa Luce Irigaray, da sempre attenta al pensiero orientale
Tags: Attilio Bertolucci, Emanuele Trevi, Fabrizio Gifuni, festival della mente, pier paolo pasolini, recensione, sarzana, Sergio Buttiglieri,
Festival della Mente, Sarzana
Quando: dal 2 al 4 settembre
Il programma: portale.festivaldellamente.it/eventi
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