• Seguici su:
LIBRI - NARRATIVA

Cattiverìa, album di famiglia

Dietro l'accento strano che sta nel titolo del terzo libro di Rosario Palazzolo, romanziere e autore teatrale, c'è una storia di abusi e una collezione di istantanee disconnesse. E' una via crucis di tante vicende che forse sono sempre la stessa


di Stefano Nicosia

 


Per cominciare: cattiverìa, non cattiveria, e non vi diciamo perché. Lo troverete alla fine del libro, ma non ci provate neppure ad andare sfogliare le ultime pagine, bisogna arrivarci quadro dopo quadro. Che sì, è come dire passo dopo passo, ma il romanzo di Palazzolo vi mette davanti a delle scene, e sembra che siate proprio lì, al margine del palcoscenico dove si svolge un rosario di rappresentazioni, sgranate dalle voci narranti. Quadri stranianti – sennò dove sta il bello – che non scorrono cronologicamente ordinati, uniformi, rassicuranti.
 
Ci vedrete dentro la Madre, che organizza la narrazione, che la depista quando è il caso. È una Parca triste e spietata al tempo stesso, siete costretti a seguirla mentre mette in scena una tragicomica vicenda familiare grazie alla potenza del linguaggio. Poi ci sono il Figlio e il Padre, gli ingredienti perché il dramma possa compiersi dentro una famiglia che sembra di una Palermo popolare, ma che prende anch’essa la maiuscola, la palazzolo.jpgFamiglia, diventa un prototipo al tempo stesso universale e particolarissimo. È sì una storia di abusi, di incomprensioni, di rituali crostificati e di pelli ulcerate dal male quotidiano; ma è anche una rappresentazione greca, universale, talmente potente da risultare catartica nel suo stesso dolore, senza aver bisogno di un secondo momento di distensione.
 
La vera forza di questa macchina profondamente teatrale è la lingua inventata da Palazzolo, un piccolo capolavoro di linguaggio parlato popolare, di prosa lirica, di codice pubblicitario manomesso, di flusso di coscienza (ah, il flusso di coscienza! Popolare poi! Very pittoresco! C’avete l’acquolina in bocca, vero? Non ne sarete delusi, ma non aspettatevi Lo cunto de li cunti senza punteggiatura o un Giuseppe Pitrè postmoderno) flusso di coscienza, si diceva, gestito con un equilibrio invidiabile, e una leggibilità fuori dal comune. Ora, qualcuno direbbe “Sono trecento pagine ma si leggono tutte d’un fiato!”. No. Il teatro, anche quando è messo su pagina, ha i suoi tempi, le sue pause, conduce lo spettatore, e questi difficilmente può metabolizzare senza deglutire. E proprio come in teatro, l’altra parte in causa è il lettore. Si narra per noi, ci siamo anche noi, con la madre, il figlio, il padre, Carla che rompe la cornice e ci fa entrare nel gioco metanarrativo, gli altri personaggi che sono plasmati dal linguaggio – ché altrimenti non esisterebbero.
 
Non per caso il booktrailer di Cattiverìa assomiglia ad un frammento teatrale, con tanto di attori palermitani (in collaborazione con il Teatro Garibaldi Aperto, bella iniziativa a Palermo; non per caso, Palazzolo è autore teatrale. Noi avevamo recensito un altro libro a metà strada tra la narrazione orale e il romanzo, Così in terra di Davide Enia, anche lui palermitano, anche lui autore per il teatro. Tuttavia, sono molto diversi questi due modi di avvicinare quelli che sono due modi di rappresentare storie. Enia è un affabulatore totale, una bocca comanda e da quella si pende e si dipende, sul palcoscenico come nel romanzo. Il libro di Palazzolo è invece una via crucis di storie, con tanti cristi terreni e voci che sembrano raccontare la stessa storia, mentre sono, invece, molte storie. O è il contrario?



Tags: Cattiverìa, famiglia, perdisa pop, recensione, rosario palazzolo, Stefano Nicosia, teatro,
24 Luglio 2013

Oggetto recensito:

Rosario Palazzolo, Cattiverìa, Perdisa Pop 2013, p. 320, 18 euro

L'autore: Rosario Palazzolo è nato a Palermo nel 1972. È regista, attore e autore teatrale. Ha scritto e diretto: Ciò che accadde all’improvviso, I tempi stanno per cambiare (con Luigi Bernardi), i tre spettacoli che compongono la Trilogia dell’impossibilità e il Dittico Del Disincanto. Sempre per Perdisa Pop ha scritto L'ammazzatore (2007) e Concetto al buio, nel 2010.
 
La citazione:
 "Immaginati la migliore storia in cui non si fa altro che morire, sforzati, fai un respiro lungo lungo e riempiti la bocca di tutta l’acquolina che puoi, riempitela sulla fiducia, perché io ti prometto che sarà una storia per come la vuoi tu, la mia, una di quelle con tutto il bene che finisce male e la sofferenza del cane e la speranza del cacio e la faccia bianca di sticchio e il cuore tutto sanguinato e niente, proprio nisba, che ti sembrerà fuori posto"

giudizio:



0

Commenti

Invia nuovo commento

Il contenuto di questo campo è privato e non verrà mostrato pubblicamente.
 
CAPTCHA
Questa domanda serve a verificare che il form non venga inviato da procedure automatizzate
Image CAPTCHA
Enter the characters (without spaces) shown in the image.