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LIBRI - NARRATIVA

Celestini, rabbia e speranza

Le storie di Io cammino in fila indiana non sono figlie dell'Ascanio personaggio televisivo o dell'uomo di teatro. Ambiscono invece a tutto il valore letterario della pagina scritta. Parabole contemporanee che esplorano il buio della società attuale, ma solo per fare intravedere la luce alla fine del tunnel


di Dario De Marco


La recensione negativa non esiste più, e questo si sapeva. Ma non esiste più neanche la recensione positiva: sono state sostituite dalla recensione preventiva. Sui giornali non si dà il giudizio su un libro che è appena uscito, ma si prende un libro che deve ancora uscire e si fa: la segnalazione, l'anticipazione, la pubblicazione di un estratto o della prefazione, l'intervista alla Altan (“Dica quel che cazzo le pare”), la polemica a priori. Insomma, nel migliore dei casi chiacchiere a vacante, nel peggiore puro marketing. Questo soprattutto quando l'autore è un nome, o un nomone: si ricordano paginate e paginate per tutto il mese che ha preceduto l'uscita in libreria dell'ultimo romanzo di Umberto Eco, e scoccato il fatidico giorno, il silenzio. Sicché uno poi rimane col dubbio: ma sto Cimitero di Praga (o era Il ghetto di Varsavia?, non mi funziona wikipedia) come sarà veramente? Boh.
 
È per questo che ha senso (oltre che per giustificare la cronica lentezza del sottoscritto) parlare dell'ultimo libro di Ascanio Celestini, Io cammino in fila indiana, pubblicato nel lontano febbraio di quest'anno. Celestini sicuramente è un nome. Anzi di più, è un volto. Ed è, anche, una voce. C'è un modo post-paoliniano di fare teatro civile, e Ascanio ne è il capostipite. C'è persino uno stile affabulatorio di incursione televisiva direttamente riconducibile a lui. Ma questo libro, che pure è fatto di piccoli quadretti, fiabe surreali, apologhi postmoderni, è del tutto privo di tributi da pagare al Celestini personaggio.
 
Queste parabole possono, anzi devono, pretendono di essere lette senza immaginare la sua faccia o riprodurre la sua cadenza. L'autonomia letteraria, il valore in sé: ecco un grande merito di questo libro, ma non il più grande. Le storielle sono brevi e secche, a volte prendono la forma della poesia in verso sciolto, altrove hanno un andamento più serrato. La lingua è quella che conosciamo, un italo-romanesco volutamente basic, in apparenza quasi stentato. Affiorano tormentoni (la storia della goccia, “c'era una volta un piccolo paese...”) utili a costruire un mondo, a dare l'idea di qualcosa di preesistente, inesorabile. Leggendo ogni racconto, prima si ride, sarcastici ma pure sguaiati. Poi ci si inchina ammirati: ma quant'è bravo questo qui. Infine, a ogni e ciascuna fine, si prende la mazzata, si rimastica il suo sapore amaro, si stringono i denti dalla rabbia.
 
L'aspetto politico c'è, è pervasivo, e menomale. Però dire che Io cammino in fila indiana è una critica della società contemporanea (neocapitalista), o ancor più specificamente una critica della società italiana (berlusconista) è un'interpretazione troppo restrittiva. Sarebbe come dire, che so, che Il signore delle mosche è una critica all'organizzazione dei boy scout. Il libro trabocca di presente, di razzismi e altre stupidità, come no; ma si ha il sospetto che Ascanio sia perplesso non solo sulla società attuale, ma sulla società in sé, sul modo che hanno gli uomini di fare società. Il suo pessimismo è cosmico. Cosmico, ma non disperato. Perché la rabbia, che si indicava prima come effetto ultimo di questi racconti, la rabbia è il contrario della rassegnazione. Celestini ha la paura, fortissima, che la tendenza a fottere il prossimo sia insita nella cultura, peggio nella natura umana, neanche tanto per cattiveria, ma proprio per il fatto di esistere. E però Celestini ha la speranza, ancora più forte, che non sia tutto già deciso, che in qualche modo ci si possa provare, ci si debba, a cambiare sto finale.



Tags: Ascanio Celestini, Dario De Marco, Einaudi, Io cammino in fila indiana, recensione, teatro,
07 Ottobre 2011

Oggetto recensito:

Ascanio Celestini, Io cammino in fila indiana, Einaudi 2011, p 218, euro 18,50

giudizio:



8.37
Media: 8.4 (11 voti)

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