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LIBRI

Il palleggio di Camilleri e Lucarelli

In Acqua in bocca i due grandi del giallo italiano simulano un'indagine congiunta dei loro investigatori. Montalbano e Grazia Negro però giocano senza troppa convinzione


di Giampaolo Simi


Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli sono i due autori più importanti del giallo italiano. Situandosi a due estremità anagrafiche, geografiche e timbriche, in questi anni lo hanno in qualche modo delimitato e compreso: a nord l'Emilia livida, convulsa e già in pieno sballo post-industriale del quarantenne Lucarelli, a sud la Sicilia splendente, ipnotica e ancora atavica nel pastiche post-moderno del settantenne Camilleri. A nord l'erede del ruvido Scerbanenco, a sud l'epigono del sommo Gadda.
Ovvio che quando i due scrivono qualcosa insieme, si grida all'avvenimento editoriale dell'anno. 
 
Acqua in bocca, edito da Minimum Fax, è una storia a quattro mani scritta utilizzando sostanzialmente la forma epistolare, con le classiche appendici di documenti, rapporti e note di servizio, articoli di giornale. A spedirseli sono il famosissimo Salvo Montalbano e Grazia Negro, l'ispettore protagonista di Almost Blue, il libro che impose Lucarelli oltre la cerchia degli appassionati di noir (all'epoca non molti). L'espediente ha permesso ai due autori di far progredire la storia passandosi la staffetta e lavorando, come del resto è spiegato nella nota finale, per corrispondenza loro stessi.
 
Tutto inizia quando a Bologna viene ucciso in modo bizzarro (oltreché inutilmente laborioso) un tal Arturo Magnifico, uno spedizioniere originario di Vigata. L'indagine viene però ostacolata e Grazia Negro si affida allora al collega Montalbano il quale, per prima cosa, le suggerisce di non chiedergli aiuto su un'indagine non autorizzata utilizzando la carta intestata della Questura. Consiglio che parrebbe già vano nel momento in cui viene espresso. Ciononostante, da quel momento i due ricorreranno a forme di comunicazione che spaziano spigliatamente dal codice dei pizzini di Provenzano al Manuale delle Giovani Marmotte, dai cannoli ai tortellini. 
 
Sforzo del tutto inutile, perché dopo pochi giorni qualcuno manomette i freni dell'auto di Grazia Negro. La poliziotta si salva per miracolo e Montalbano annusa subito “puzza di servizi deviati”. Ci sono loro dietro l'omicidio di Magnifico e dietro i classici suicidi sospetti, tutti opera della stessa killer. Una che, non fosse già abbastanza vistosa e riconoscibile per un seno da maggiorata e un neo accanto all'occhio, fa esplodere vetrate di acquari e firma i suoi omicidi con un esemplare di pesce combattente. Di lì a poco scopriranno che, in barba al garante della privacy, la killer ha in mano le loro schede con addirittura foto, nome, domicilio e numero di cellulare. Essendo entrambi dipendenti del Ministero dell'Interno, non pare dimostrazione di potenza degna della Spectre. E avendo Grazia Negro già subito un attentato, non pare neppure questo grande abbrivio al climax della storia.
 
Il fatto è che se, imparando da narcos e mafiosi, Salvo e Grazia si fossero parlati per Skype con un paio di account fasulli, avrebbero risparmiato tempo, fatica e rischiato quasi niente. È una battuta, ma del resto il tono stesso del testo le consente, visto che contempla cose come “un cadavere ormai privo di vita” riesumato dall'ampia manualistica umoristica sulle Forze dell'Ordine. 
 
È una battuta, dicevamo, ma poi neanche tanto. Perché esemplifica meglio di tanti altri particolari un dato fondamentale: se Salvo e Grazia avessero agito come due normali persone del loro tempo, Acqua in bocca, o meglio il carteggio che ne rappresenta il presupposto di fondo, non sarebbe stato possibile, anzi non sarebbe stato, per meglio dire, scrivibile.
Ma siamo di fronte a due personaggi e i personaggi, nella finzione, possono anche scalare i grattacieli in calzamaglia, si sa, altrimenti non è divertente. Il punto qui è però esattamente il contrario: i due investigatori, a ben vedere, quasi inciampano nel salire un banale scalino, traccheggiano fra ricette per il brodo e ciacole personali mentre hanno i servizi deviati alle calcagna.
 
Il problema vero è allora che i due personaggi (in cui i due scrittori si immergono direttamente, nella prima persona delle lettere) sembrano vivere e agire soltanto in una iper-finzione di ammiccamenti ai loro stessi autori e di rimandi televisivi (dal cameo di Coliandro alla foto di Zingaretti, da Silio Bozzi a un Catarella ormai promosso a terzo dei Fratelli De Rege, quelli di “Vieni avanti, cretino”). Vivono in un mondo funzionale solo a se stesso e molto circoscritto, già conosciuto e in definitiva assai prevedibile e pilotato. Proprio come pesci in un acquario, si muovono in un ambiente artificiale per noi, il gentile pubblico, che li guardiamo come da oltre un vetro, uno schermo. Con questi presupposti, neanche il tocco di realismo tentato tramite le lettere e i documenti funziona. Acquista anzi l'aspetto di quei falsi relitti di nave da cui, all'ora stabilita, spunta il modesto parente di un vero squalo bianco.
 
Spiace allora iscrivere le cento pagine di Acqua in bocca alla gadgettistica libraria con cui il mercato editoriale pompa risorse nel proprio debilitato sistema. Spiace, ma la logica è quella di unire due brand di successo, ammiccando al largo pubblico che ha presente il volto televisivo di Zingaretti e i programmi di Lucarelli, e non due scrittori che si sono guadagnati i propri lettori prima dell'effetto moltiplicatore della tv (con opere di ben altra levatura). Spiace perché Lucarelli e Camilleri sono fra i non molti romanzieri in circolazione e non hanno mai rinunciato a esserlo, muovendosi con grande onestà intellettuale fra le pressioni del mercato e i benefits del successo. Lo ha dimostrato Lucarelli con L'ottava vibrazione, un romanzo solido, accurato, potente, costato anni di lavoro e più volte rimandato. Lo dimostra Camilleri quando si allontana da un Montalbano che nella serialità denuncia una qualche stanchezza. Sembra allora che i due giallisti italiani più importanti diano oggi il meglio fuori dal genere che hanno contribuito ad affermare. Perché? Perché forse il genere che hanno contribuito ad affermare è ormai solo un gioco. 
 
Acqua in bocca è del resto nato come un incontro, una sfida fra due scrittori di stile profondamente diverso. Fosse apparso a puntate su un quotidiano durante l'estate, sarebbe stato divertente aspettare e capire come i duellanti rilanciassero ogni volta alla mossa dell'altro. 
E invece esce in volume, permettendo a una casa editrice come Minimum Fax di affacciarsi a un pubblico molto vasto (e questo è un gran bene, vista la qualità delle scritture che propone il suo catalogo). Proprio il presentarlo come opera compiuta, e non in divenire, evidenzia però certe soluzioni estemporanee, svela la natura più cheap di certi espedienti del mestiere.
 
È comprensibile che la nota finale dell'editore parli entusiasta di una jam session letteraria paragonabile alle improvvisazioni congiunte di due grandi jazzisti “liberi dal carico della struttura”. Comprensibile ma difficilmente condivisibile. Il paragone è suggestivo, ma musica e letteratura hanno funzioni, tempi, palcoscenici diversi. L'improvvisazione è davvero l'ultima cosa di cui si sente il bisogno oggi nell'ambiente culturale italiano, e la mancanza di struttura, cioè di progetto, è la prima cosa per cui un editore di qualità frulla i manoscritti nel cestino.
Acqua in bocca assomiglia, più che a un duetto fra Dizzie Gillespie e Miles Davis, a un'esibizione in cui Nadal e Federer si limitano a palleggiare da fondo campo, senza neppure indulgere a grandi colpi a effetto, perché forse hanno la testa altrove.
 
Il giallo italiano è diventato solo un gioco, ma proprio i suoi due fuoriclasse danno l'impressione di divertirsi fino a un certo punto. Forse di non crederci più neppure tanto.
Almeno in questo senso l'avvenimento editoriale, il colpo di scena culturale, c'è.



Tags: acqua in bocca, andrea camilleri, carlo lucarelli, giallo italiano, Giampaolo Simi, grazia negro, Minimum fax, recensione, salvo montalbano,
30 Luglio 2010

Oggetto recensito:

Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli, Acqua in bocca, Minimum Fax 2010, p. 108, euro 10

L'editore: Minimum Fax per la collana “A quattro mani” che, quindi, pare destinata a ospitare altri duetti celebri
Una buona ragione per acquistare il libro: perché, se già non lo conoscete, Minimum Fax ha in catalogo della buonissima scrittura, italiana e straniera, dalle nuove tendenze ai classici. Da Asimov a Saunders, da Starnone a D'Amicis
Un'altra buona ragione: scopritela da soli nei credits dietro il frontespizio

giudizio:



9
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