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LIBRI

Riabilitiamo il ladro di suoni

Vittorio Giacopini, già autore de Il Re in fuga. La leggenda di Bobby Fischer, racconta la storia di Dean Benedetti, l'italoamericano più calunniato della storia del jazz


di Dario De Marco


“In California a Charlie Parker riusciva difficile trovare la droga, più difficile che a New York: il suo problema era questo. Glielo risolse una volta per tutte Dean Benedetti, un ex sassofonista che aveva per lui una vera venerazione e che lo seguiva dovunque andasse per ascoltarlo e registrare i suoi assoli. Aveva smesso definitivamente di suonare dopo averlo sentito una volta”. Da questo minuscolo brandello del monumentale Jazz di Arrigo Polillo, Vittorio Giacopini è partito sulle tracce del misterioso Benedetti, l’italoamericano (nell’America degli anni ’40 semplicemente l’italiano) più sfigato e calunniato della storia: ricordato dalle testimonianze ufficiali come un fallito, un frustrato, un tossico, una sanguisuga – tanto da meritarsi l’appellativo di “ladro di suoni”; o peggio un millantatore, perché i nastri con gli assoli di Parker per decenni non saltarono fuori, diventando il sacro Graal del jazz.
 
Fallito e frustrato Dean Benedetti forse lo fu davvero, ma per ragioni diverse, ben più profonde e tristi. Sempre al posto sbagliato: nato in una famiglia di immigrati fissati con la lirica, e lui appassionato di jazz; volenteroso jazzista ma bianco, quando ancora il jazz era “roba da negri”; all’opera sulla west coast quando tutta l’iradiddio stava succedendo a New York, precisamente sulla 52esima strada; tornato a morire, giovane vecchio, a Torre del lago Puccini, in un’Italia che non conosce e che non lo riconosce.
La sua rovina fu di non essere del tutto privo di talento: sennò sentire Charlie Parker detto Bird suonare, cinguettare, starnazzare e volare, non lo avrebbe mandato in delirio. Da quel momento ebbe una sola idea: carpire il suo segreto, penetrare il mistero di quell’arte. Registrava gli assoli (con strumenti di fortuna e in posizioni imbarazzanti come i cessi) all’inizio con la scusa che poi li avrebbe trascritti, studiati e sezionati, poi semplicemente soggiogato dal genio.
Ma sanguisuga non era: sia perché di Bird fu a tratti una specie di amico, altro che pusher. Sia perché su quei tesori non pensò mai di lucrare (come altri furbastri fecero, con registrazioni pirata pensate apposta), se non vagamente e alla fine. Né millantava niente, perché poi i nastri uscirono e furono pubblicati.
 
Dei tanti modi che la letteratura ha di rompere la barriera tra fiction e non-fiction, Giacopini ne ha scelto (o creato) uno affascinante: all’incalzante indagine sulle fonti, da segugio più che da storico, segue un’elaborazione da scrittore vero, che si scioglie in una narrazione avvincente – anche se con uno stile non privo di qualche vischiosità. Rispetto al precedente Re in fuga. La leggenda di Bobby Fischer, questo Il ladro di suoni aggiunge il pregio di illuminare non i lati oscuri di un personaggio famoso, ma la storia scura di una persona dimenticata. Per di più riscattandola non solo dal buio ma anche dall’infamia.
Perché è vero che il milieu è noto. C’è la rivoluzione del be-bop, che fu rivoluzione musicale ma anche sociale (il jazz per la prima volta non era più musica con cui i neri facevano ballare i bianchi, mero entertainment, ma musica da ascoltare, arte). C’è la vita on the road – gli anni, i personaggi, i luoghi sono quelli – di un gruppo di sbandati, senzatetto, hipster. C’è l’autodistruzione, che può assumere la forme della droga, dell’alcol, o di una tranquilla stanza di manicomio dove passare 40 anni senza ricordarsi più chi si è, e che rovinò le menti migliori di quella generazione, sia i geni riconosciuti come Parker sia gli sfigati come Benedetti. Ci sono tutti i topos del mito di Bird, dai trionfi in America ed Europa al soggiorno al Camarillo, dalla drammatica session di Lover man alla fine allegra – schiattò letteralmente di risate davanti alla tv.
Il milieu è noto, si diceva, e raccontato in modo coinvolgente. Ma quando l’intreccio si sposta troppo su Parker, al lettore viene da pensare: “Si vabbè, ma parlaci di Dean. Ok taglia corto, e Dean nel frattempo? Interessante Bird, ma torniamo al protagonista!”. E questa è la più grande riabilitazione che il ladro di suoni poteva avere.


Tags: Arrigo Polillo, bobby fischer, Charlie Parker, Dario De Marco, Dean Benedetti, eroina, jazz, lo straniero, on the road, vittorio giacopini,
15 Gennaio 2010

Oggetto recensito:

VITTORIO GIACOPINI, IL LADRO DI SUONI, FANDANGO, P. 156, EURO 15

L’autore: redattore della rivista Lo straniero. Tra i suoi libri: Scrittori contro la politica (Bollati Boringhieri 1999), Viaggiatori senza biglietto (L’Ancora, 2000), Una guerra di carta, il Kosovo e gli intellettuali (Eleuthera 2000), Al posto della libertà, breve storia di John Coltrane (e/o 2005), Re in fuga. La Leggenda di Bobby Fischer (Mondadori 2008, premio Comisso per la letteratura)
 
Non c’entra (quasi) niente, ma leggete anche: Carl Woideck, Charlie Parker. Vita e musica, Edt
giudizio:



8.01
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