Non è la prima volta che lo strumento di Jan Garbarek incontra le armonie vocali dell'Hilliard Ensemble. Nel 1994 uscì Officium, che univa fraseggi jazz a melodie antichissime: un successo inaspettato al quale ora si tenta di dare un seguito

Se mai fosse esistito un remoto strumento musicale scandinavo e se fosse stato utilizzato per scandire i momenti di una spiritualità brumosa - così come possiamo immaginarla a quelle latitudini - questo sarebbe stato il sassofono di Jan Garbarek.
 
Nulla di strano dunque che a Manfred Eicher, patron dell’etichetta Ecm, sia venuto in mente di accostarlo alle sonorità dell’Hilliard Ensemble, uno dei più raffinati quartetti di voci maschili, votato da sempre all’esecuzione di musica antica con incursioni frequenti in quella contemporanea.
 
A dire il vero la pensata data già qualche anno, sedici, per l’esattezza, e si concretizzò, nel 1994, con l’uscita di Officium, album straordinario che tenne la vetta delle classifiche di alcuni paesi europei per qualche tempo. Adesso, dopo il seguito del 1999 (Mnemosyne), Officium Novum reitera l’esperimento andando a pescare melodie proprie della tradizione religiosa armeno-ortodossa alternate a brani dello stesso Garbarek e a qualche pezzo antico.
 
Non cedete alla tentazione di pensare che il “progetto Officium” si riduca a mera elencazione di stili. Lasciatevi trasportare invece dal suo rigore austero magari perdendovi dove la musica stessa si perde, dove si assottiglia la linea tra voce e sassofono e uno compenetra nell’altra. L’effetto che otterrete sarà un continuum che parte dalle radici stesse della musica per arrivare a oggi, un fluire che confonde il tempo, annullandolo.

Oggetto recensito:

Jan Garbarek & The Hillard Ensemble, Officium Novum, ECM 2010

 

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