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TEATRO

Il burattinaio Rezza

Non è da solo, perché come sempre gli habitat della compagna Flavia Mastrella lo accompagnano nell'abbattimento delle pareti convenzionali del teatro borghese: eppure anche nel nuovo spettacolo Fratto_X l'attore è demiurgo del suo testo, padrone di una scena che coinvolge gli stessi spettatori 


di Igor Vazzaz

 foto di Stefania Saltarelli


"Ma ancora esiste la spensieratezza?" Sono dovuti passare tre anni dall’ultimo spettacolo a firma Rezza-Mastrella, l’ideoaritmetico 7 14 21 28 primo episodio di un filone d’evocazione matematica, per giungere a Fratto_X, debuttato a Torino lo scorso novembre e riproposto in una tournée che vorremmo senza fine.
 
Nel frattempo, è stata la volta di Doppia identità elevata al superficiale, caustico percorso intermedio d’abbinamento e collazione di sketch preesistenti, best of d’indagine sui temi dell’omosessualità e del gender secondo i tipici stilemi eversivi e incontenibili del duo. Ché di duo s’ha da parlare, sfuggendo a certo maschilismo (e attorocentrismo) neppur troppo strisciante e che vorrebbe sempre riferir del brutt’Antonio per (sot)tacer di Flavia. Gli spettacoli, da che mondo è duo, hanno la peculiare e stringente matrice del doppio: concepimento, gestazione, parto, calibratura. Mastrella dà forma alle proprie allucinazioni variopinte, strutture fusionali che, nel tempo, sono trascorse dalla bidimensionalità astrattista degli inizi (le tele lacerate di Pitecus, concrezioni evocanti certe pitture di Lucio Fontana) verso una propagazione a tutto tondo, non priva di furenti tensioni verticali.
 
Fratto_X_Rezza.jpgLa deflagrazione effusiva dello spazio è però strategia conseguente la scrittura scenica propriamente detta, affidata al talentaccio iconoclasta di Antonio, al suo atletismo performativo, al suo humour devastatore e tirannico. Di titolo in titolo, l’attore ha ispirato il movimento dettando il passaggio (in una metafora calcistica che certo non gli suona sgradita) a Mastrella, puntualissimo architetto (di centrocampo) per gli habitat scenici in grado di contenere (seppur a stento) la follia sulfurea del compare d’arte.
 
Fratto_X rappresenta l'ulteriore evoluzione d’una scrittura accanita, feroce, che, pur muovendo da stilemi consueti quali la struttura a numeri, l’utilizzo creativo dell’ambientazione organizzata da visionarie logiche d’artista, l’impiego d’umorismo teppista e senza ritegno, muove in direzione di costrutti più conchiusi e compatti. Non si parli (mai!) di scrittura testuale in senso proprio, concessione al “potere” che i due detesterebbero e, da tempo, cercano di eludere, lavorando per sottrazione, fuga, smontaggio: la paradossale precisazione di locandina (si veda la scheda) è tutt’altro che casuale. Per l’occasione, lo spazio di Flavia appare maggiormente libero, arioso, rispetto al passato, segnato da due lunghi drappi appesi, e poi intrecciati, a simulare, appunto, una gigantesca X pavimentale. Antonio, sempre più dinoccolato e smunto, si snoda plastico in scena, ora utilizzando vari oggetti (un triciclo, una struttura smontabile di aste e panni, una sorta di manichino semovente chiamato Timoty) ora vestendosi della tela stessa.
 
L’immaginario (dis)umano agito è di acre, desolante comicità, sviluppata su fratture logiche, inciampi linguistici, in un’ottica espansiva che rompe non tanto o non solo la quarta parete (quella immaginaria, trasparente, che il teatro borghese idealizza a separare attori e spettatori), ma lo spazio concreto deputato alla performance: Rezza, nelle vesti d’un improbabile Mario, pedala verso l’esterno uscendo dal passaggio a centro fondale per una serie di evoluzioni percepibili in sonoro (le grida belluine off) a suggerire l’ulteriore uscita, in strada, del triciclista. La contestazione virale dello spazio si perpetra alla fine: l’attore in costume stregonesco, per mezzo d’una sorta di vincastro (il bastone pastorale utilizzato dagli alti prelati) alla cui sommità è fissato uno specchietto, spara direttamente sul pubblico i raggi luminosi delle luci sceniche, traendone una puntuale e beffarda narrazione drammatizzata. Di lì il ricupero di quella poetica agonistica, muscolare e atroce, tanto amata dagli habitué delle scorribande rezziane (non a caso tacciati di masochismo) e che pareva prerogativa assente da questo allestimento.
 
Non si tratta, però, della classica frattura guittesca, il truccaccio sempre potente dell’attore rivolto senza velami allo spettatore: è strategia sapiente, raffinata, a suggerire l’estensione della scena alla sala e, implicitamente, al mondo, rievocazione di certe incursioni avanguardistiche o, perché no?, del caffè col professor Santanna in Questi fantasmi! di Eduardo. Non solo. Il Rezza artifex della pupazzata, protagoniste le figurine imbarazzate e sorridenti degli spettatori segnati dalla luce e letteralmente impossibilitati a disobbedire all’imposizione narrativa, s’erge a presenza sovrana del costrutto scenico, sorgente prima del fatto teatrale e ribadisce, de facto, come tutti siamo marionette nelle sue mani, presenze ridicolose mosse dalle stesse (e basse) pulsioni, abitate da logiche meschine, attraversate dalla vocalità di questo macilento titano d’attore che ci riempie la bocca a proprio piacere e discernimento: "Ma ancora esiste la spensieratezza?"
 
FRATTO_X-foto-Stefania-Saltarelli_-500x333.jpgL’impiego della voce costituisce l’altra notevole direzione di questo abbacinante Fratto_X, nelle sequenze in cui Antonio imbastisce un duetto d’altissimo sincronismo virtuosistico con Ivan Bellavista (consolidato compagno di palco, passato dallo status di supermarionetta e oggetto scenico in forma umana a presenza attiva e putentissima), letteralmente “doppiato” dall’artista per un battibecco che rappresenta un autentico e divertentissimo cortocircuito logico-teatrale. La voce è presenza/assenza dell’artifex, insufflazione (quasi) divina ("In principio era il Verbo" è pur sempre la radice prima della tradizione religiosa occidentale), ribadimento dispotico di come tutto dipenda dalla creazione artistica, sorgente di ogni atto o (som)movimento in scena.
 
Si ride, ci si contorce, si resta abbacinati. Gli spettacoli di Mastrella e Rezza sono stringenti, geniali, esplosivi. Talmente densi, che per parlarne in modo compiuto (ammesso che parlare in modo compiuto di un’opera d’arte sia possibile, sfida che, da critici, abbiamo accettato da tempo, assumendocene i rischi del caso senza mai dimenticarli) due visioni sono persino poche. Per paradosso, la comicità detonata nelle convulsioni di riso da parte del pubblico rischia di rappresentare il punto debole per questa accoppiata terribile o, meglio, per il sistema teatrale che li dovrebbe recepire come si conviene. Perché il comico, alle nostre latitudini, è sempre ritenuto di rango inferiore, con l’obbligo perenne di giustificarsi culturalmente, accreditarsi, rendendo quindi problematico, difficile, e implicitamente sconsigliabile, assegnargli inequivocabili patenti di grandezza.
 
Eppure, mai come in un’epoca come la nostra, ormai deprivata di orizzonte tragico (non quello delle disgrazie, pane quotidiano di qualsiasi organo d’informazione, ma quello della sapienza teatrale, dionisiaca), il comico, quello terribile e autentico, rappresenta una delle poche possibilità di vedere le cose che sono nascoste, scorgere, anzi, ridere la verità.



Tags: Antonio Rezza, Doppia identità elevata al superficiale, Flavia Mastrella, Fratto_X, Igor Vazzaz,
28 Febbraio 2013

Oggetto recensito:

Fratto_X, di Flavia Mastrella, Antonio Rezza

La locandina: (mai) scritto da Antonio Rezza, habitat di Flavia Mastrella; con Antonio Rezza, Ivan Bellavista e con la partecipazione di Timoty Granger; Massimo Camilli, assistente alla creazione; Mattia Vigo, disegno luci; Stefania Saltarelli, organizzazione generale
 
produzione RezzaMastrella – Fondazione TPE –TSI La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello
 
Prossimamente: Padova, Teatro Verdi, 1-3 marzo; Milano, OutOff, 5-24 marzo; Napoli, Teatro Bellini, 5-7 aprile
 
Visto a: Torino, Teatro Astra, 13 novembre 2012 e Firenze, Teatro Puccini, 15 febbraio 2013
 
Il libro: Antonio Rezza e Flavia Mastrella, La noia incarnita. Il teatro involontario di Antonio Rezza e Flavia Mastrella, a cura di Rossella Bonito Oliva, Firenze, Barbès Editore, 2012

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