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FILM

Le folli avventure di un chirurgo (Antonio Banderas) ai limiti della moralità, raccontate con enigmatica suspence. La pelle che abito, ultima fatica del cineasta spagnolo è una girandola di citazioni artistico-cinematografiche che però non sa replicare il grado di coinvolgimento dei film precedenti


di Marinella Doriguzzi Bozzo

La dolcezza insinuante, quasi midollare, del brano Petite fleur (1952) di Sidney Bechet a separare in due metà la storia, il cui racconto comincia dalla seconda per risalire fino alla prima. Si tornerà in seguito sul fatto ad aggiungere l’estrema agnizione, che arriva, appunto, all’ultimo secondo del film, quasi come un sigillo: l'unico momento di commozione tardiva in una pellicola che il regista Almodovar estrae di peso dal suo consueto bagaglio delle meraviglie, senza però mai riuscire a trasfigurarlo in repertorio artistico.  
27 Settembre 2011

FILM

L'ultimo film del grande regista spagnolo scivola nella melassa e in metafore incomprensibili


di Elisa Martinelli

“Datemi” diceva la Bergman rivolgendosi a se stessa “la capacità di comprendere questo mondo, questa gente, questi personaggi”. Nel nostro caso, la capacità di discernere i nuovi nati dal genio creativo di Almodóvar, cineasta ripiegato sulle bobine degli abbracci spezzati. Spezzati nella vita, dalla morte.   Lena (Penélope Cruz), la protagonista, è figlia, puttana e attrice. Mateo (Lluís Homar) è regista, padre inconsapevole e poi cieco irreversibile. La cecità lo indurrà a sposare una nuova identit&agr
24 Novembre 2009