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ARTE

L'anno di Giorgione

A 500 anni dalla morte del Maestro una grande mostra lo celebra a Castelfranco Veneto


di Cesare de Seta


2-FI-Uffizi_Prova_di_Mose_big.jpgCon sincerità detesto i libroni d’arte che spesso e volentieri non giustificano lo spreco di cellulosa, la deforestazione dell’Amazzonia, l’inquinamento dovuto a inchiostro tipografico e confezione, e il prezzo, ovviamente esorbitante. Sta di fatto che questi libroni vanno, come si dice: la Phaidon e Taschen e altri giganti dell’editoria mondiale producono libroni enormi, e anche in Italia Marilena Ferrari-Fmr, Cosimo Panini, Salerno editrice e altri ancora si danno da fare. Mi chiedo chi siano gli acquirenti: macellai se ne servono come batticarne, notai per arrampicarsi come su scale verso i loro faldoni, dentisti per nascondere protesi e strumenti di dolore, ricconi per buttarli nel camino crepitante e impreziosire la fiamma delle loro residenze. Va a capire. 
 
Questo su Giorgione che ho sul tavolo, di 24 x 34 cm, è quasi un tascabile del genere extralarge al confronto: ma in tal caso la dimensione è giustificata, perché l’impaginazione taglia in due l’altezza di 34 cm e fa correre in alto il testo e in basso documenti scritti o illustrazione, che sono pendant alle grandi pagine illustrate e a quanto scrive l’autore. Il quale scoraggia subito il lettore, dicendo la verità, cioè che del pittore di Castelfranco Veneto si sa poco o niente. Quel poco ce lo fa dire direttamente dai documenti, di cui - giudiziosamente - riporta larghi passi. Morto di peste nel 1510, le opere documentate sono solo quattro, di cui tre perdute e una, la Nuda del Fondaco dei Tedeschi, in uno stato pietoso. I suoi maggiori sono Giovanni Bellini, Cima da Conegliano, Carpaccio e, come Giorgio Vasari ricorda non a caso, Leonardo: gli sono vicini i più giovani Tiziano e Sebastiano del Piombo. Vasari nella seconda edizione delle Vite (1568) amplifica e modifica le notizie su di lui. Comunque, dice Vasari, è nato nel 1478, una vita assai breve ma segnata da capolavori indimenticabili: a partire dal Ritratto di donna a Vienna, di maistro Zorzi dice una scritta sul retro. Sta di fatto che, essendo pochissimi i documenti, ci furono anche dei buontemponi e maniaci che nel corso dell’Ottocento documenti apocrifi se l’inventarono, per complicare ancor più le carte. Marcantonio Michiel è invece uomo di fede degna. Baldassarre Castiglione lo mette in gran compagnia con Michelangelo, Leonardo, Raffaello e Mantegna; l’Ariosto “furioso” invece lo rimuove e gli preferisce Giovanni Bellini. I diari di Marin Sanudo sono fonti attendibili e credibili per saper quel poco che si sa delle sue tele. 
 
S’entra poi nell’analisi delle opere e qui s’incrocia il discorso con la mostra, a cura dello stesso Enrico Dal Pozzolo con Antonio Paolucci e Lionello Puppi, catalogo Skira, al Museo Casa Giorgione di Castelfranco Veneto. L’ottimo Paolucci, sul quale ormai come un destino incombe la nostra premessa, dice parole acconce sulla memorabile tavola del paese nativo, incardinata in un triangolo, che conserva ancora oggi nel paesaggio caratteri riconoscibili di quel tempo antico. E’ vero? Forse è vero, se si conduce analisi comparativa col nord-est industrioso, che molti sghei ha guadagnato ma il dolce Veneto di Palladio Giorgione e Tiziano ha devastato.
La mostra ha al suo centro i capolavori del Maestro provenienti, come si dice, da destra e da manca, dall’Italia e dall’estero. Attorno a questo mallo, colleghi di gran nome come il Dürer, il Cima da Conegliano, Palma il Vecchio, Giovanni Bellini, ma anche il ferrarese Lorenzo Costa e il Perugino umbro. Non c’è di che annoiarsi, soprattutto poi se si ha la lucidità di affrontare di petto Lionello Puppi, che qui diviene Leone e sciorina al sole tutta la sua erudita passione giorgionesca. 
  
tempesta.jpgE poi c’è lui, Giorgione, che non ci dà tregua col suo eccelso talento: Saturno in esilio della National Gallery di Londra, con quel pavone insensato sulla sinistra (simbolo d’immortalità) e il ghepardo che oltre alla forza e all’eleganza confesso non saper cosa simboleggi: gli è pendant Mosé alla prova del fuoco degli Uffizi (qui sopra). Non so perché, assai poco guardo le sontuose scene e personaggi che animano queste tavole, ma il mio occhio corre ineluttabilmente sul paesaggio e lì si placa la mia ansia di vedente. Già, perché Giorgione è paesaggista sommo, di struggente ricchezza, dove, come nei Bellini, ritroviamo memoria petrosa dei paesaggi di Mantegna. E con i suoi 82 x 73 cm domina su tutto La Tempesta (qui accanto), tela sulla quale s’è incardinato per anni Salvatore Settis con un volume fortunato e molto controverso, e con saggi giorgioneschi successivi, ora felicemente raccolti nel volume Artisti e committenti fra Quattro e Cinquecento, Einaudi: e dico felicemente non solo per la dovizia erudita del dettato e (la capziosità) delle interpretazioni, ma perché non si dovrà correre di qui e di lì per seguire il filo del discorso. Per tornare alla mostra, non si potrà certo tacere di Giorgione sommo ritrattista, qui presente con diverse opere, su cui spiccano Le tre età dell’uomo e quel magico e oscuro Alabardiere del Kunstistorisches Museum di Vienna, dal naso apollineo accanto cui appena emerge dall’ombra un volto grifagno.



Tags: castelfranco veneto, Cesare de Seta, enrico maria dal pozzolo, giorgio vasari, giorgione, la tempesta, libri d'arte, mosè alla prova del fuoco, ritratto di donna, salvatore settis,
03 Marzo 2010

Oggetto recensito:

GIORGIONE, MUSEO CASA GIORGIONE, CASTELFRANCO VENETO (TV)

Fino a: 11 aprile 2010
Orari: tutti i giorni dalle 9 alle 19, da venerdì a domenica fino alle 22, sabato e domenica fino alle 19 ingresso riservato ai visitatori prenotati
Prenotazioni: tel. 800904447; www.giorgione2010.it
La monografia: Enrico Maria Dal Pozzolo, Giorgione, Federico Motta editore 2009, p. 383, sontuosamente illustrato

giudizio:



9
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