• Seguici su:
ARTE CONTEMPORANEA

L'arte della conquista

Colonizzare una terra significa cambiarne la storia e ridisegnarne la geografia. Svedese di nascita e brasiliano di adozione, Runo Lagomarsino con Violent Corners riflette sui modelli culturali che l'Europa imperialista ha imposto all'America del Sud, anche attraverso l'architettura e la cartografia


di Riccardo Bonini

Runo Lagomarsino, A conquest means not only taking over, 2010 - 2011


“Come si articola il rapporto tra l’invenzione della descrizione storico-geografica del pianeta ad opera della ragione europea e il dominio politico di esso?”. Attraverso questo quesito Luigi Fassi (direttore artistico di Ar/Ge Kunst, Kunstverein di Bolzano) introduce il lavoro di Runo Lagomarsino, artista (e dichiararlo subito risulta vantaggioso per meglio definire il suo approccio a questo tipo di ricerca) e apolide per definizione. Svedese per caso (classe 1977) ma da genitori argentini che fuggono in Nordeuropa per sottrarsi al regime militare, ora l’artista vive tra Malmoe e San Paolo, Brasile, dove ha sviluppato la documentazione necessaria all’ambizioso progetto Violent Corners, sua prima personale in Italia.
 
L’urgenza socio-politica dell’autore, il suo tentativo di evidenziare un modello culturale alternativo a quello dell’imposizione europea (dal colonialismo in poi) vengono sostenuti da testimonianze inserite in un contesto che spinge ad una nuova lettura. 
La premessa dell’installazione A conquest means not only taking over si connette direttamente al comune denominatore della casualità che sta dietro ad ogni conquista e guida le relazioni tra universi costretti ad un reciproco contatto. In questo caso il riferimento storico è Francisco Pizarro, motore dell’occupazione spagnola nell’America centro-meridionale: il più celebre dei conquistadores era infatti completamente analfabeta, incapace di legare il suo nome a qualunque atto ufficiale che sancisse relazioni e legami coi territori assoggettati se non attraverso una sorta di ghirigoro.
 
Partendo da questo"segno", Lagomarsino ricrea una carta da parati che tappezza le pareti della sala principale: con la scelta del colore rosa cala sull’operazione un effetto kitsch che ricorda la proverbiale mancanza di gusto di una certa borghesia da salotto. La stessa che nel corso dei secoli ha finanziato svariate imprese coloniali. 
 contratiempos_latin11_0.jpg
Oggetti e manufatti di varia natura completano l’ambiente, invitando lo spettatore ad interrogarsi sugli effettivi legami tra conquista e produzione, inscindibilmente connesse. Lo spettacolo offerto è pieno di rimandi, non necessariamente evidenti o consequenziali, ma stimolanti proprio perché tentano di fornire un’alternativa alla linearità della successione storica. La copia di un affresco europeo a ritrarre un Inca, erroneamente raffigurato con un piumaggio sulla falsariga degli Indiani del Nordamerica, un graffito catturato per le strade di San Paolo, fino ad altri reperti quotidiani, vogliono tracciare un corrispettivo ideale tra modernità e colonialismo.
 
Un livello successivo della riflessione di Runo Lagomarsino si rivolge inevitabilmente all’idea di "cartografia" e "territorio geopolitico". Durante i mesi di ricerca dell’autore a San Paolo, numerose sono state le passeggiate nel Parco Ibirapuera: uno dei più grandi fallimenti di importazione dell’ideale architettonico di razionalismo modernista à la Corbusier in contesti differenti da quello europeo. 
Il parco in questione è un’enorme concentrazione di edifici legati ad attività culturali e pubbliche, connessi tra loro da un camminamento coperto in cemento, che si estende su una superficie di 28.000 ㎡: si tratta di uno degli spazi pubblici più vissuti della città. Contratiempos (2009 -2010, sopra a sinistra) è l’opera che trae diretta ispirazione da queste "passeggiate in un ideale": una serie di diapositive traccia un ritratto amaro del degrado di un complesso che era nato come un importante tentativo di dare un’identità ‘sociale’ alla cultura pubblica sudamericana.
 
Si documentano crepe, spaccature, scrostature dell’immenso selciato; queste forme ricordano tutte, in una somiglianza inquietante, la forma del continente latinoamericano. La successione delle immagini trasmette all’osservatore la consapevolezza di un continente-isola in continuo divenire: già traccia del suo passato e coagulo di macerie di una dominazione secolare, ma anche in questo caso lontano dall’immobilismo di un continente, l’Europa, irrimediabilmente statico anche nella violenza.
 
Ecco dunque che i Violent Corners, gli Angoli Violenti del titolo, nell’analisi dell’artista non rimangono solo quelli geometrici e fisici dei confini architettonici e materiali ma anche quelli ideali della cartografia, prospettive e successive elaborazioni della storia e del destino di mondi in collisione. Il lavoro di Runo Lagomarsino (presente con la sua produzione anche alla Biennale di Praga, che inaugurerà il 19 maggio prossimo) è un osservatorio delicato sulle molteplicità interpretative che legano indissolubilmente vita (e cultura) popolare ed emancipazione di un continente-mondo, quello brasiliano, ai nodi della sua storia velocemente proiettata in un futuro dalle sembianze contemporanee: un futuro già pieno di ricordi.



Tags: Ar/Ge Kunst, Bolzano, cartografia, colonialismo, Luigi Fassi, recensione, Riccardo Bonini, Runo Lagomarsino. A conquest is not just taking over, violent corners,
11 Maggio 2011

Oggetto recensito:

Runo Lagomarsino, Violent Corners, ar7ge kunst, via museo 29, Bolzano

Fino a: 4 giugno
A cura di: Luigi Fassi
Orari: tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19 tranne il sabato, dalle 10 alle 13. Chiuso il lunedì
Ingresso: libero

giudizio:



8.2575
Media: 8.3 (8 voti)

Commenti

Invia nuovo commento

Il contenuto di questo campo è privato e non verrà mostrato pubblicamente.
 
CAPTCHA
Questa domanda serve a verificare che il form non venga inviato da procedure automatizzate
Image CAPTCHA
Enter the characters (without spaces) shown in the image.