La scultura di un'artista italiana, Monica Bonvincini, si erge sull'Handball Arena di Hackney Wick, e fa da incoraggiamento e da monito per la capitale inglese: RUN è un augurio per l'imminente sfida delle Olimpiadi, e un avvertimento a non 'scappare' una volta che la febbre dei giochi sarà finita
di Eleonora Scherini
Se la candidatura di Roma per il 2020 non è arrivata nemmeno ai blocchi di partenza, per Londra il traguardo della trentesima edizione delle Olimpiadi si trova appena dietro l'angolo. E' l'ultima e più importante tappa di una 'corsa' a una rimessa a punto generale delle infrastrutture sportive e turistiche: per dare una risposta adeguata alle aspettative il comitato organizzatore ha pensato di inserire nel programma urbanistico, oltre alle migliorìe di servizio del caso, una serie di interventi artistici che secondo il sindaco Boris Johnson contribuiranno a definire l'identità delle zone che ospiteranno le competizioni sportive. Una preziosa risorsa una volta finite le Olimpiadi, continuando ad attrarre turisti e confermandosi come punti di riferimento per i cittadini locali.
Per la zona dell'Handball Arena di Hackney Wick, sede prevista per gli incontri di basket, è stata scelta un'opera dell'artista italiana, Monica Bonvicini: una scultura in vetro e acciaio che, con un'altezza di nove metri, reciterà in caratteri cubitali la parola RUN. Grazie all'effetto a specchio della superficie riflettente durante il giorno l'opera riverbererà l'intorno del parco, costituendo un tutt'uno con lo stesso, mentre durante la notte, grazie a un sistema di led interni che illumineranno la struttura, creerà un ambiente altamente suggestivo e un'ingegnosa fonte di illuminazione per l'area in cui si trova istallata.
La parola - scelta dall'artista perché identifica bene la natura polivalente dell'infrastruttura sportiva - è certamente in linea con lo spirito olimpico, con un potere evocativo che la associa ai concetti di evoluzione, progresso e sano sforzo teso al superamento dei limiti personali, ma in questa occasione è anche un monito. Il lavoro dell'artista veneziana, principalmente sviluppato attraverso installazione, video e fotografia, è da sempre orientato a investigare, attraverso il sovvertimento sistematico del pregiudizio e delle prime apparenze, le dinamiche che regolano la società occidentale.
In un’esposizione del 2000, intitolata Run, take one square or two, che come dice l’artista è stata d’ispirazione nella scelta del soggetto olimpico, ritroviamo l'uso dello stessa parola, questa volta presa in prestito dalle canzoni Run, run, run dei Velvet Underground e Running dry di Neil Young, che accompagnano una video-proiezione (a sinistra): in questa, invertendo lo stereotipo di genere, compare un uomo che agisce tra le quattro pareti di un ideale spazio domestico, proposto come unico orizzonte possibile, mentre una donna corre per strada, attraversando un cantiere urbano, metafora di progresso. L'identità sessuale dei protagonisti però non è del tutto chiara. La donna che corre potrebbe essere un ragazzo con i capelli lunghi e l'uomo confinato in casa è forse una lei dall’aspetto mascolino: l'incertezza dello spettatore afferma l'impossibilità (e l’inutilità) di correlare un genere all'identità economica, sociale, culturale o politica.
Nella traiettoria artistica di Monica Bonvicini, della sua volontà di smuovere e increspare sempre la superficie delle cose, quell’enorme scritta RUN diventa un’ispirazione per gli organizzatori di Londra 2012 (che hanno assicurato che l'eredità dei Giochi olimpici sarà una priorità e un valore tenuto in alta considerazione) senza scordare le esperienze precedenti, quelle Barcellona e Atene per citarne alcune, quando le celebrazioni olimpiche hanno supposto ingenti spese con i conseguenti, enormi debiti e dove le installazioni sono state abbandonate al degrado e al disuso.
Per questo RUN si fa bandiera del valore positivo della competizione sportiva e allo stesso tempo minaccia con l’imponenza dei suoi nove metri (luminosi, come se non bastasse) la possibilità di trasformarsi in una scomoda avvertenza su di un paesaggio desolato, abbandonato dopo poche settimane di festino olimpico a tutta velocità .
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RUN, di Monica Bonvincini, Handball Arena di Hackney Wick, Londra
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