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ARTE

Questo Caravaggio sembra la Gioconda

Nell'anno in cui si celebra il genio della pittura, la mostra alle Scuderie del Quirinale riscuote un successo enorme. La ressa attorno alle opere è tale che l'effeto finale è analogo a quello di una famosa sala del Louvre: non si vede niente


di Chiara Di Stefano


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Le aspettative su questa mostra sono grandi. Non solo perche ricorrono i quattrocento anni dalla morte del grande artista ma anche perché sono riunite ventiquattro opere certificate di Michelangelo Merisi da Caravaggio, alcune, come la Canestra di frutta (1600), mai uscite dal luogo espositivo di origine. Così, carica della giusta attesa, mi accingo a varcare la soglia della prestigiosa sede selezionata per l’evento, le Scuderie del Quirinale, che celebrano i dieci anni dalla apertura con questa enorme produzione blockbuster.
Superata agevolmente la coda stimata di tre ore, entro in quello che, da ricordi di belle mostre passate (una per tutte, Burri gli artisti e la materia, del 2004) dovrebbe essere l’ingresso di una delle sedi espositive di punta della Capitale; la calca che si affolla ovunque, invece, ricorda da vicino un pomeriggio di un qualunque giorno lavorativo nella metropolitana romana: un caos.
 
Sperando che la folla si dissipi grazie al filtraggio all’ingresso, salgo la bella scalinata accolta da un suono acuto e penetrante, tanto da pensare ad una qualche istallazione contemporanea di dubbio valore accostata all’opera del genio lombardo. Giunta nell’atrio si svela l’arcano. I visitatori sono talmente costretti negli ambienti semibui che vanno a sbattere contro le fotocellule d’allarme, superano inevitabilmente la soglia dell’infrarosso di sicurezza che suona, e suona e suona.
La mostra dunque si presenta un poco come la scena che un turista medio vede al Louvre di fronte alla Gioconda: ci si accorge di essere arrivati all’agognato dipinto solo grazie alla folla assiepata intorno all’opera, che si intravede da lontano tra le teste dei visitatori. È quello che accade a me in questa prima sala dedicata alla giovinezza del Caravaggio, come sottolineato nel percorso espositivo dal colore verde delle pareti. Lo stesso espediente cromatico è utilizzato anche per le opere del successo (rosso) e della fuga (grigio) in una disposizione che si snoda con una certa puntualità cronologica al primo piano e che risente di una certa qual frammentazione al piano superiore.
 
Le opere esposte sono grandiose, meravigliose, così assolutamente attraenti che la moltitudine fornita di audioguida non ne lascia libera alla vista neanche una. Solo nella terza o quarta sala si riesce a prendere fiato di fronte a due opere meno note come il San Giovanni Battista (1602 circa) di Kansas City. L’incertezza sulla posizione dell’opera non è ahimè una dimenticanza, piuttosto è dovuta al senso di spaesamento provato dopo essere stata spintonata nell’inutile tentativo di vedere l’assolutamente imperdibile Giuditta che taglia la testa a Oloferne (1599–1600), un pezzo di rara maestria, in cui il gesto violento della decapitazione è sublimato nello sguardo duro ma deciso della giovane ebrea (immagine in alto).
La storia fin qui raccontata, del vano tentativo di fruire delle opere, continua identica nel resto della mostra. Un ulteriore accenno però va riportato nei confronti dell’illuminazione delle opere che, monumentali o di formato più ridotto, vedono anacronistici faretti puntati nel solito “fuoco ideale” che permette una visione ottimale allo spettatore che si ponga al centro del cono visivo. Il malcapitato che volesse cambiare angolazione per amore di anticonformismo, o piuttosto che fosse costretto a farlo, intrufolandosi di lato come la sottoscritta per poter scorgere qualcosa, vede soltanto il riflesso della luce stessa, che rimbalza sull’olio della tela e restituisce un riverbero che annulla l’immagine.
 
Eppure sarebbe piaciuto riuscire ad avere il giusto tempo per ammirare il lavoro dei restauri recenti su alcune tele, o il pregio del rarissimo dipinto su tavola della prima versione della Conversione di Saulo (1601) o ancora il riverbero del calice del Bacco degli Uffizi (1597). L’unica opera osservata con attenzione alla fine si è rivelata la Canestra di Frutta ambrosiana, ammirata per bene dalla balaustra di uscita alla mostra, che passa su un corridoio sopraelevato e che affaccia sulla prima sala. (!)
L’organizzazione della mostra ha annunciato un’apertura anche di lunedì dalle 9.30 e fino alle 22.30 nei weekend. Stupiscono i 5000 visitatori al giorno di media, e sono ben lieta di pensare che tutte queste migliaia di persone decidano di passare un pomeriggio al museo invece di star piantate davanti alla tv. Il dubbio è che dopo un’esperienza del genere, il visitatore occasionale decida di non ripetere, non vedendo sostanziali differenze con un pomeriggio trascorso in un qualunque centro commerciale.


Tags: bacco, canestra di frutta, caravaggio, Chiara Di Stefano, conversione di saulo, giuditta che taglia la testa a oloferne, san giovanni battista, scuderie del quirinale,
16 Marzo 2010

Oggetto recensito:

CARAVAGGIO, Scuderie del Quirinale, via XXIV Maggio 16, roma

Fino al: 13 giugno 2010
Info: 06/39967500, 06/696271, www.scuderiequirinale.it
Chi: mostra ideata da Claudio Strinati. A cura di Rossella Vodret e Francesco Buranelli

giudizio:



9
Media: 9 (2 voti)

Commenti

si verissimo, ma dopo aver

si verissimo, ma dopo aver aspettato cinque minuti che una scolaresca si levasse da giuditta e oloferne ho passato 15 magnifici minuti a rendermi conto di quel volto quasi incerto di giuditta che dopo aver dato il primo colpo al collo tira indietro la lama per staccare la testa di oloferne. un misto tra sforzo e pentimento che solo vedendo il quadro dal vivo si percepisce in tutta la sua forza. valeva francamente la visita e le code

Condivido tutto. Sono stata

Condivido tutto. Sono stata all'inaugurazione e ho vissuto le medesime sensazioni di fastidio, soprattutto quello acustico. Ho inoltre avuto uno spiacevole senso di claustrofobia a causa dei paramenti tanto cupi, anche se capisco che sono stati installati per far risaltare "le luci" dei dipinti. Splendida la "Conversione" su tavola di cipresso. Il dipinto di "Bacco" è così reale che ho visto fremere il vino rosso nella coppa e ne ho annusato la fragranza... La cronologicità dell'esposizione impedisce però, a mio avviso, di godere delle differenze tra le due "Cena di Emmaus", avrei preferito di molto se fossero state appese vicine. La "Canestra di frutta" è come se uscisse dal quadro, sembra un collage tridimensionale... In ogni caso mostra bellissima. Bisognerà tornare a Roma a rivederla fra qualche mese, passato l'entusiasmo della novità! Roberta C.

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