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LIBRI - SAGGISTICA

Con Ferraris la donna pensa

Filosofia per dame è un dizionario del pensiero per il pronto uso quotidiano. Da Anima a Web, ogni voce parte dai grandi autori e arriva a considerazioni personali, alternando toni elevati a un colto "cazzeggio". Pensato per le lettrici, consigliato a tutti  


di Cesare de Seta

 


In una leggenda chassidica si narra del silenzio, dell’arte del silenzio, del magistero del silenzio. Un giovane che studia la Torah chiede a un vecchissimo rabbino: “Come s’impara l’arte del silenzio? Il vecchio stava per rispondere. Ma nulla si udì” (M.Buber, Storia e leggende chassidiche, a cura di A. Lavaggetto, Mondadori).
 
Maurizio Ferraris sebbene discorra del saper ascoltare (vai alla voce Ascoltare), nulla ha a che vedere con quel vecchio Rabbi. Nel suo Filosofia per dame, dizionarietto scritto per Donna moderna, narra di taluni concetti che gli sembrano essenziali: nelle pozioni che prepara senza alcuna inibizione, non cela nulla (o quasi), anzi esibisce gli ingredienti. Quando prova a tacere di se stesso, scopre, con una certa innocenza, le sue carte non affatto segrete, operazione che in lui, professore di filosofia teoretica, non ci sorprende. Di lui recentemente ho letto Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce (Laterza) un testo denso e fondante nella sua metodica del sapere. Assai diverso dall’ultimo e pour cause: con accortezza Ferraris in premessa si qualifica professore di filosofia, non filosofo, come ahimé ogni professorino di filosofia, cioè amico della saggezza, ama definirsi, senza conoscere quel sano sentimento che è il pudore (voce che manca) o lo scorno. 
 
Le voci di questo dizionarietto hanno sapore algarottiano che esplicitamente l’autore ricorda in un post-scriptum, ma direi anche volteriano, per quanto di leggero e frizzante serpeggia nelle pagine. Le voci vanno da Anima a Web e sono costruite secondo uno schema ordinato, ma con molte variazioni come in una sonata: dapprima illustra il tema, ad esempio dell’anima, e dice che Cartesio è termine a quo essenziale almeno in età moderna: hanno gli animali un’anima? Segue citazione colta. Per Cartesio gli animali non hanno anima, sono degli automi, ma aggiunge di suo Ferraris che anche gli stupidi che detestiamo sono degli automi, “ma io e lei”, no! perché noi sì che abbiamo un’anima.
  
filosofia per dame.jpgOgni occasione è propizia, anche l’Armadio è utile per filosofeggiare: io aggiungo che anche l’Armarium dei gladiatori di Pompei lo era, ma ora s’è dissolto, ridotto in un montarozzo di pietre, mattoni e intonaci, offrendo una variazione della sonata assai particolare: voce addendum, utile anche al ministro Bondi.
 
Basta è un voce chiave che ritorna ossessivamente: rassomiglia ovviamente a Fine, ma non è la stessa cosa: perché in Fine c’è qualcosa di mortuario e cimiteriale, basta può essere il segno di un inizio. In Bugie si parte da Machiavelli, (forse impropriamente?) chiamato in causa, e a cui si fa generalmente colpa anche del machiavellismo e di altre nefandezze e sconcezze, e si perviene alla Rimozione di Freud. In Buio a me pare che la filosofia non sia di grande aiuto, perché il buio si vede e Hegel (citato) non lo vede: invece lo vede Goya in Las pinturas negras e in talune incisioni, e se ne è accorto - meglio di ogni altro - un poeta e filosofo come Yves Bonnefoy quando racconta della figura misteriosa e quasi illeggibile che esce da un muro. Il buio lo racconta assai meglio di Hegel, Rotko con una delle sue tele drammaticamente monocrome e nere. La filosofia non è tutto, ma parte del tutto: come l’arte.
 
L’autore all’inizio di ogni voce, tra parentesi, dispone le voci correlate (espediente utile, ma graficamente un po’ fastidioso al lettore, perché di pagina in pagina l’elenco dei riferimenti cresce): avrei preferito uno schema a grappolo come quello che adottammo per l’Enciclopedia Einaudi, volume ultimo Sistematica. Ma la mia non è che è una provocazione, perché a un volumetto di duecento pagine non si può pretendere una strumentazione allestita per un’opera di quattordici volumi. 
 
Vi sono voci in falsetto, leggere, altre molto impostate nella voce e dannatamente serie: come Difetti in cui il filosofo, indica la soluzione ideale: i difetti non resta che confessarli spietatamente con sincerità. Già, ma il problema rimane: siamo certi di riconoscere quelli più gravi, o agisce la rimozione? Ci risiamo con Freud, il quale ovviamente torna con il Lutto, a cui Ferraris attribuisce il “lavoro del lutto”. Ma io, che nulla ne capisco, avevo sentito che nell'analisi freudiana e post-freudiana si parla di “elaborazione del lutto”, concetto sul quale di sono dissanguati generazioni di psicanalisti. Interrogativi che si rincorrono e ritornano. Un testo che scintilla per associazioni intelligenti e diagnosi profonde, è anche lardellato di quello che comunemente s’indica a Roma come cazzeggio (voce assente): lievito indispensabile per far lievitare la pasta di questa filosofia per dame. Caso esemplare la voce Prestiti, che può esser traccia per uno sketch di Verdone, o persino di film-panettone della premiata ditta De Laurentiis-Christian De Sica.
 
Sale di molto il tono con Sentimenti e con Sole ("dormire da sole") in cui l’autore, d’un tratto abbandona il suo tono lieve, discorsivo e arguto, e assume la smofia pessimista di un busto di Franz Xavier Misserschmidt, tanto da rasentare un niccianesimo nichilista. La voce Timidezza è un piccolo cammeo, e direi, un autoritratto dell’autore, nel quale mi riconosco io medesimo: con un risvolto drammatico per quanto mi riguarda. Perché se Ferraris dice che è un timido, chiunque lo prende sulla parola; se a dirlo sono io, scateno risate scomposte. In Suoceri c’è di che sgavazzare, ma non lo perdono quando maramaldeggia con la cara Carla Bruni, che aveva rapporti così buoni con Raphäel, figlio del filosofo Enthoven, tanto da farci un figlio. Beh, nessuno è perfetto!
 
“Ascoltare, dì quanto basta e non dire più del necessario”, è una massima di Paul Grice a cui non sempre Ferraris s’attiene, ad esempio alla voce Giudizio: “Se a un mio collega dessero il Nobel troverei del tutto naturale che fosse contento e non mi sognerei di dire ‘alla tua età non dovresti lasciarti influenzare dal giudizio degli altri’, perché capirebbe che la mia è solo invidia”. Temo d’aver fatto assai peggio di lui: interpellato a dire la mia su un illustre collega e scrittore di successo, ho detto di lui tutto il bene possibile, e, assolutamente sincero, ho concluso: “Gli auguro di vincere il Nobel, ma solo un anno dopo Philip Roth”. Dopo aver inviato il pezzo mi sono reso conto della mia perfidia del tutto naturale. Non tanto perché pongo l’amico scrittore in una posizione subalterna al grandissimo americano, ma perché Roth – essendo detestato dai parrucconi di Stoccolma - mai vincerà il Nobel. Un’inconscia, naturale, cattiveria. Il male viene naturale, il bene è difficile, mi pare lo dica Baudelaire. 
 
Il pregio maggiore del dizionario di Ferraris è di chiamarci in causa di continuo, di stimolarci, farci riflettere e pensare - in maniera interattiva - su cose e concetti dannatamente seri, e, immagino, questo valga a maggior ragione per la dame a cui è destinato.



Tags: Cesare de Seta, dizionario, Donna Moderna, Filosofia per dame, guanda, Maurizio Ferraris, recensione, Sigmund Freud, voce,
07 Marzo 2011

Oggetto recensito:

Maurizio Ferraris, Filosofia per dame, Guanda, p 201, 13 euro

 

giudizio:



8.292861
Media: 8.3 (7 voti)

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