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LIBRI - NARRATIVA

Il fil noir di Cognetti

La protagonista di Sofia si veste sempre di nero sembra essere una piccola ossessione per il suo autore, che la "pedina" dalla nascita al compimento del trentesimo anno. Dieci racconti ce la narrano, tutti diversi ma percorsi da un'unica sensibilità tragica, che risulta quasi antipatica


di Stefano Nicosia

 


Nel nuovo libro di Paolo Cognetti si entra dritti dalla bella copertina di Alessandro Gottardo, dalla vasca da bagno che della nerovestita Sofia è il rifugio, il rituale di salvataggio. Sconsigliato a chi ama le docce, però, perché nella tinozza ci dovrete restare quasi trent’anni, dalla nascita di Sofia (nel primo dei dieci racconti-sequenze del libro, quasi un’epifania) alla New York malinconica con cui si chiude la sua storia. Almeno in questo libro: perché Sofia ha l’aria di essere una idée obsédante per l’autore, un personaggio intorno al quale esercitare sì la scrittura, ma ancor di più il lavorìo intorno ai ricordi, alla costruzione della memoria. E non è detto che non ritorni, in futuro, nella sua narrativa.
 
In questi dieci racconti, attraverso i quali si potrebbe vagare in ordine sparso (come sostiene lo stesso Cognetti), si incontrano altri personaggi, sui quali Sofia con la sua presenza (o la sua assenza) proietta una luce di sbieco, e ai quali conferisce un’ombra, una tridimensionalità. Sono soprattutto quelli del suo presepe esploso, il San Giuseppe ingegnere all’Alfa Romeo, la madre Rossana angelo frustrato del focolare, la zia re magio tardivo e incerto, ma ad un certo punto cruciale per una Sofia imperfetta e terrena, restia ad ogni santità borghese. Attraverso gli altri protagonisti le storie si moltiplicano, i buchi meramente cronologici della vita di Sofia si riempiono delle vite degli altri, continue compensazioni di assenze, casse di zavorra da dover tenere in equilibrio. 
 
Nascondono tutti, i racconti e le persone, un fondo turbato e inquieto. Anche quando Sofia ha otto anni, in Una storia di pirati – che ha qualcosa della rievocazione di un’età dell’oro, magica ma pensierosa – si trova un movimento quasi minaccioso, come quello delle stagioni che volgono al termine. Che si tratti di bambini, di adulterii, di militanze o di sesso c’è sempre una filigrana a carboncino, una sensibile cellula tragica (come quella dentro il padre di Sofia) che accomuna i racconti, pur diversi per stile, ambientazioni, efficacia, pathos.
 
La lingua e il linguaggio sono invece un filo più forte che unisce le narrazioni, una lotta – sembra spesso – per una chiarezza da autoanalisi, per comprendere oltre che per raccontare, ma come fosse Cognetti stesso a doversi conquistare una limpidità e ad avere l’ansia di farsi capire. A volte questo tentativo sconfina nell’oleografia di una lingua senza graffi, di situazioni con tutti gli ingredienti giusti e dosati secondo ricetta, compreso un anticonformismo da blog letterario, la bohéme di ritorno anni ’70-’80, il ribellismo di prammatica e l’amore lesbico disilluso dell’amica insicura. Ogni tanto, di questa Sofia, si arriva a pensare che è una persona francamente insopportabile. Ha sofferto, va bene; è vittima del conformismo borghese (più volte stigmatizzato dall’autore, però anche lì come fosse una cosa che ci sta), siamo d’accordo; cerca la sua strada in un mondo ostile, respect, sister: però a volte è un po’ troppo, si perde la pazienza.
 
A compensare qualche nervosismo di troppo, gli adulti di Cognetti, Roberto e Rossana soprattutto, forse proprio quelli che danno più forza al personaggio, e che consegnano al lettore le scene più efficaci e intense. Anche loro trapezisti tra il dentro e il fuori – la dinamica tra casa ed esterno, tanto presente in Sofia – e tra vite inconciliabili.



Tags: Minimum fax, new york, Paolo Cognetti, recensione, Sofia si veste sempre di nero, Stefano Nicosia,
22 Novembre 2012

Oggetto recensito:

Paolo Cognetti, Sofia si veste sempre di nero, Minimum fax 2012, p. 203, 14 euro

 

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