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LIBRI - NARRATIVA

Il professore e la classe media

Timidezza e dignità è la parabola di Elias Rukla, un insegnante di liceo che davanti all'indifferenza dei suoi allievi prende coscienza della propria mediocrità. Il personaggio inventato da Dag Solstad incarna una generazione frustrata e "indebitata", con un grande futuro alle spalle


di Giulia Stok


Come può un professore di liceo di mezza età, che ha scelto quel mestiere con una profonda motivazione e con commovente fiducia nelle persone e nel futuro, arrivare a chiedersi se non crede più nella democrazia? E non siamo in Italia, badate, ma nella civilissima Norvegia, con la quale evidentemente condividiamo una classe di insegnanti frustrata, sottopagata e incompresa. 
 
Elias Rukla fa leggere L’anitra selvatica di Ibsen a una classe di maturandi nel modo più meritorio possibile: cercando cioè di scoprire con la sua stessa lezione qualcosa di nuovo sul dramma. E proprio quando gli sembra di esserci riuscito, di aver dato un senso profondamente creativo alla sua attività quotidiana, si scontra con l’indifferenza ostile degli studenti. E così perde il controllo, spacca il suo ombrello nel cortile della scuola e ricopre di insulti una ragazza.
 
Da queste poche pagine di presente parte un lungo flashback sulla vita di Rukla: una vita da eterno secondo, prima dell’amico più brillante, poi della bellissima moglie, ereditata proprio da quell’amico. Rukla in fondo è un inetto, come il protagonista della Montagna incantata di Thomas Mann che continua a citare, uno che si è accontentato della mediocrità, e che d’un tratto sembra diventarne consapevole perché ai suoi studenti non importa nulla di sapere la verità sull’Anitra selvatica. Quest’uomo buono ma un po’ vigliacco nella vita pubblica come in quella privata, che non osa mai prendersi il ruolo che potrebbe avere, è l’emblema di una classe media che sembrava avere tutti i numeri per cambiare la storia, per vivere in modo diverso dai padri, ma che è finita “schiava dei debiti”: peggio ancora, che è finita per vedersi solamente come tale, in eterno affanno tra mutui e rate, rinunciando ad ogni impegno politico e sociale.
 
Dag Solstad descrive in modo mirabile, analitico e disincantato, ma non per questo cinico, le a volte imperscrutabili motivazioni di persone, azioni e legami. Una Jane Austen contemporanea al maschile, che sviscera rapporti umani intrisi di incivili sequenze di non detto, sullo sfondo di un’inquietante solitudine. Dopo un inizio più narrativo, il libro prosegue come critica sociale diretta e coraggiosa, raccontando la triste parabola di una generazione colta ma incapace di mettere in pratica i propri ideali, che si ritrova in una società in cui non si riconosce, e di cui si sente colpevole proprio perché non è riuscita a modellarla come avrebbe voluto.
 
Un romanzo triste e malinconico più che arrabbiato, ma non senza speranza: forse il riscatto sta nell’imperscrutabile moglie, che proprio nello sfiorire della sua leggendaria bellezza trova il coraggio di reinventarsi un futuro diverso. Insomma, si vorrebbe sapere come se la caverà il simpatico Rukla. Quanta dignità ha perso per colpa della timidezza? Oppure, quanta ne ha mantenuta nonostante questa? Una menzione speciale al titolo, lapidario e fulminante, che si merita un sole tutto per sé.



Tags: classe media, Giulia Stok, Ibsen, insegnanti, L'anitra Selvatica, La montagna incantata, mediocrità, norvegia, professori, recensione, Thomas Mann, Timidezza e dignità,
07 Aprile 2011

Oggetto recensito:

DAG SOLSTAD, TIMIDEZZA E DIGNITà, IPERBOREA 2010, P. 175, EURO 15.50

Dag Solstad: scrittore norvegese contemporaneo, si occupa di teatro e narrativa. Con Iperborea ha pubblicato in Italia Tentativo di descrivere l’impenetrabile. Da seguire assolutamente
La citazione/1: “E quando per giunta quel che a lui interessava sul giornale non compariva per niente, oppure, quasi peggio, era relegato in un trafiletto, questo lo faceva sentire vecchio e superato in quanto individuo. Aveva come la sensazione di non riuscire più a stare dietro al suo tempo, e nessuno ha mai avuto quella sensazione senza provarne dolore, o forse anche rabbia”
La citazione/2: “Conversazioni di quel genere, però, Elias Rukla non le faceva più, né a quattr’occhi, con un amico fidato, né attorno a un tavolo, con diversi altri. Non aveva più niente da dire, e non sembrava nemmeno che ci fossero altri della sua cerchia, o ceto culturale, che avessero più qualcosa da dire. Sembrava che non interessasse più a nessuno dialogare. Discutere davvero insieme, tendere insieme verso una comprensione, di carattere personale o sociale, non fosse che per la momentanea scintilla di quella comprensione”

giudizio:



7.679997
Media: 7.7 (3 voti)

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