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LIBRI - SAGGISTICA

Quel violento di Leopardi

Ne I demoni e la pasta sfoglia Michele Mari ha analizzato ossessioni e feticismi dei colleghi. Da un Dickens misantropo al sadismo di Flaubert, ecco un libro sul lato oscuro della letteratura  


di Alessandra Montrucchio


A scuola, gli scrittori non si leggono: si antologizzano, e in ordine cronologico. Vita (parecchia), pensiero (molto) e opere (pochissime) da Sao ko kelle terre fino a M'illumino d'immenso, ben che vada. Gli studenti affrontano non la letteratura, ma la sua storia; apprendono che stili e poetiche si sono evoluti nel tempo, in parallelo ai grandi eventi e alle trasformazioni sociali, come se ne dipendessero. Poi, dopo le antologie, a parlare degli scrittori arrivano gli scrittori, e di solito all'ordine cronologico ci rinunciano, trovando nuovi criteri per classificare stili e poetiche.
 
Michele Mari è uno scrittore, e per parlare dei suoi colleghi sceglie come parametri i demoni e la pastasfoglia. Ovvero: le ossessioni degli scrittori e i metodi con cui vengono trasformate in libri. “Scrittori che hanno nell'ossessione non solo il tema principale (…) ma l'ispirazione stessa. (È) proprio scrivendo che essi finiscono di consegnarsi inermi agli artigli dei demoni che li signoreggiano, finché, posseduti, essi diventano quegli stessi temi."
 
Ci sono le ossessioni pure che attanagliano il Tasso o Hemingway, schiacciato dalla coincidenza fra autore e personaggio. E i feticismi – per esempio le case di Landolfi, rispondenti alla sua “preoccupazione di inattualità”. Poi i furori misantropici che accomunano Dickens e Campana, e il sadismo e voyeurismo di Flaubert come di King. E ancora l'atavismo come destino (da Dostoevskj a London), le estroversioni di Salgari o Cortázar, la violenza della calligrafia in Orwell e Leopardi. 
Con una chiusa sul minimalismo dei giorni nostri, stile spurio e rinunciatario che a Mari, amante di Manganelli e Borges, non piace; la letteratura che racconta lui è fatta di bizzarrie, escursioni nel fantastico, accumuli verbali, parole che non descrivono ma creano il mondo, di horror vacui...
 
Il risultato è un volume spesso, ricco come un timballo anche troppo farcito, disordinato ed eruditissimo, pieno di passione che scaturisce dalla conoscenza – e non il contrario. Volume per pochi, per dotti e per ossessi: perché se gli scrittori parlano dei propri demoni fino a trasformarsi in essi, i lettori leggono di quei demoni fino a esserne invasi. E l'ossesso Mari lo sa molto bene.



Tags: Alessandra Montrucchio, cavallo di ferro, Charles Dickens, ernest hemingway, Giacomo leopardi, I demoni e la pasta sfoglia, Michele Mari, recensione, scrittori, Stephen King, storia della letteratura,
17 Novembre 2010

Oggetto recensito:

Michele Mari, I demoni e la pasta sfoglia, Cavallo di Ferro 2010, p. 618, euro 28

Prima edizione: Quiritta, Roma 2004
Gli autori analizzati (forse) meno ovvi: Sclavi, Greenaway (sì, proprio il regista), Verne, Zola, Simenon
Gli autori analizzati (forse) più amati: oltre a Manganelli e Borges, Gadda, Wölfli, Melville, London, Bufalino
Un'assenza su cui riflettere: Arbasino
Il capolavoro di Mari: Io venìa pien d'angoscia a rimirarti (1990), storia di un Leopardi licantropo

giudizio:



5.67
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