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LIBRI

Radicali liberi

Sessant'anni di storia politica e battaglie civili: Marco Pannella li analizza con Stefano Rolando in Le nostre storie sono i nostri orti (ma anche i nostri ghetti). E rivendica l'unicità del suo partito


di Roberto Basso


Le nostre storie sono i nostri orti (ma anche i nostri ghetti) non è una lunga testimonianza. I testimoni esistono attraverso pochi sensi: la vista, per lo più, o l’udito. Invece Marco Pannella la storia l’ha attraversata e l’ha fatta con tutto il proprio corpo. Pochi leader hanno donato il corpo alla politica come ha fatto Marco Pannella: un corpo morso dalla fame e dalla sete, dato alla galera, sollevato di peso dalle strade dei sit-in.

Quei froci e drogati dei radicali (così venivano proposti all’opinione pubblica dai media fino agli anni Ottanta – Pannella è generoso con il sistema dell’informazione quando limita al decennio precedente questa attitudine) sono passati alla storia con l’immagine deflagrante di chi lavora per sovvertire l’ordine giuridico. Al contrario, la radice della loro non-violenza affonda proprio nel rispetto della legge, nella legge costituita come baluardo contro la dittatura di chi concentra nelle proprie mani la quota maggiore di potere (“dove c’è strage di legalità c’è strage di popoli” è uno degli assiomi preferiti di Giacinto detto Marco).
Forse per questo il mondo comunista e post-comunista li ha a mala pena tollerati, i radicali italiani: per questa contraddizione con il principio marxista che riconosce nell’ordinamento giuridico la cristallizzazione dei rapporti di forza tra classi sociali, e perciò propende per disconoscerlo, per superarlo nella progressione verso il nuovo patto civile imposto dalla dittatura del proletariato.

Nella conversazione con Stefano Rolando, sollecitato dall’interlocutore a scavare nelle sue storie (che cominciano dalla Costituente) e nella nostra Storia, Marco Pannella non racconta ma valuta, spiega, interpreta. Certo, apre squarci su singoli episodi ma il gusto della narrazione non prende mai il sopravvento sul piacere dell’analisi, sul valore assoluto delle politiche radicali, e men che meno sulla rivendicazione: qui in particolare rivendica al partito radicale la capacità di cogliere e sviluppare tra la gente temi radicalmente “politici”, perché al tempo stesso concreti e di principio, che altri partiti hanno semplicemente ignorato o intenzionalmente sottaciuto (è vero o no che il Pci non si aspettava che gli italiani avrebbero voluto il divorzio?). Così, con coraggio e intuizione sociale (attitudine impensabile nell’era della dipendenza dai sondaggi), ha conquistato risultati di popolarità che la competizione elettorale non gli ha mai accreditato.
Una constatazione che nel volume risulta libera da qualsiasi amarezza: nello scarto tra il consenso ricevuto sulle riforme sociali proposte per via referendaria (ma non solo) e i seggi parlamentari conquistati alle scadenze elettorali Pannella può iscrivere l’identità, lo specifico del partito radicale. La battaglia contro la partitocrazia che risucchia la legalità, come in un buco nero, è l’ultima ma anche la prima, quella fondamentale. Con questo libro, il ragazzo-epoca ormai ottantenne fa una dichiarazione d’amore e di gratitudine agli italiani, tra i quali ha cominciato la sua marcia a metà del secolo scorso, perché su questo terreno, dove sono nate maggioranze di valori e di princìpi, non lo hanno mai lasciato solo.



Tags: aborto, biografia, comunisti, diritti civili, divorzio, non violenza, pannella, pci, radicali, referendum, Roberto Basso,
07 Gennaio 2010

Oggetto recensito:
Marco Pannella e Stefano Rolando, Le nostre storie sono i nostri orti (ma anche i nostri ghetti), Bompiani, 208 pagine, 15 euro
La citazione/1: “Credendo nella democrazia si percepisce quanto la nozione del “nemico” sia un ingombro enorme. Fornisce un substrato ideologico ai nostri istinti di inadeguatezza. Risolve il problema dando corpo o togliendo il corpo dell’avversario”

La citazione/2: “Ho gratitudine per questo popolo, per la gente, per questo nostro tempo e per quel che mi consente di fare contro il regime, per la possibilità di proporre riforme che non hanno mai il dito puntato contro ma sono concepite attorno a ciò che la legge esige”

La citazione/3: “Siamo un partito che ha durata perché è duro nelle convinzioni”

giudizio:



8.01
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