La seconda mezzanotte si inserisce nel filone apocalittico: in un futuro prossimo, e nemmeno troppo improbabile, Venezia è in mano ai colonizzatori cinesi, che dopo averla salvata la trasformano in un crudele parco a tema... Chi o cosa ci salverà?
di Dario De Marco
Antonio Scurati è un raro esempio di intellettuale totale, uno che scrive saggi avvincenti come romanzi, e romanzi documentati e interessanti come saggi. La seconda mezzanotte è l'ultimo romanzo, che segue quello dell'anno scorso: Il bambino che sognava la fine del mondo. Qui la fine del mondo è già avvenuta, però non siamo dalle parti della narrazione post-apocalittica in senso stretto, alla McCarthy de La strada. In quel genere ultimamente very cool, infatti, di solito l'apocalisse viene lasciata nelle premesse, e anzi il fascino vorrebbe essere proprio quello di partire in medias res, ponendo l'azione tra le macerie, ma senza raccontare il crollo.
Qua no, qua il crollo viene raccontato, anzi c'è l'apposito Prologo. Siamo piuttosto nel campo della “fantascienza di prossimità” (vedi anche qui): fatti futuri ma molto probabili, e anche paurosamente vicini (al 2072 qualcuno tra noi può pure arrivarci). I cinesi che comprano il nostro debito pubblico e con questo grimaldello ci colonizzano. Il surriscaldamento globale, con il mediterraneo che diventa un'area tropicale, la laguna rossa e acida d'inquinamento, i cataclismi nei luoghi più remoti del globo che rimbalzano in diretta sui megaschermi piazzati ovunque. E a un certo punto è arrivata l'Onda, e ha sommerso Venezia.
Geniale la scelta di ambientare a Venezia, simbolo perfetto di un occidente che è da secoli in decadenza, ma non è ancora caduto. Venezia, una piccola parte di Venezia, viene salvata dai cinesi con un sistema di muri e dighe, ribattezzata Nova Venezia e trasformata in un grande parco giochi per la top class del mondo: una specie di Disneyland al sangue, con i gladiatori al posto dei pupazzi.
Ferree leggi soggiogano gli autoctoni: il divieto di religione e soprattutto di culto per i defunti, il divieto di portare armi da fuoco, il divieto di riprodursi attuato mediante castrazione chimica. La storia si concentra sui gladiatori, razza di eroi moribondi, e in particolare sul Maestro, che a quarant'anni è già quasi un vecchio cadente.
La trama non è travolgente, ci si sofferma più che altro sulle varie situazioni: le sordide calli, i locali notturni, le sopraffazioni, la violenza sessuale autorizzata; frequenti sono i flashback e le spiegazioni. I fatti hanno un'accelerazione nella seconda parte, dove c'è anche un'escursione fuori delle mura, nella Città Sommersa, che sorprendentemente scopriremo non disabitata. E sul finale c'è un dilemma etico, un bivio tra rivolta politica e rivoluzione privata, ma appena adombrato. La potente bellezza di questo romanzo, si è capito, non sta tanto nello scorrere della narrazione, nei fatti che si susseguono nel tempo, ma nella visione d'insieme, nell'affresco terribile che risulta.
Tanto da farci chiedere: ma c'è una speranza, una salvezza? E se sì, qual è? Si potrebbe pensare che Scurati voglia suggerirci: la religione. La grande esclusa, bandita dal nuovo ordine (e forse questa è la cosa più fantascientifica) viene, nei pochi punti in cui appare, associata a valori e momenti positivi: memorabile la scena della chiesa sperduta nella città esterna, in cui si celebrano riti con la serenità dei primi martiri. Ma in realtà io penso che la risposta sia: la lettera, la parola.
E questo nonostante il Dottore, co-protagonista, e azzarderei alter ego dell'autore, a un certo punto dica che gli sarebbe piaciuto scrivere i fatti che sta vivendo, ma alla letteratura ci ha rinunciato, anche perché ai padroni cinesi interessa la realtà, non i romanzi. Ma i messaggi impliciti vanno nel senso opposto: innanzitutto il libro è pieno di rimandi letterari, ed è tanto più divertente farsi cogliere da una citazione in quanto è criptata. Poi, c'è la lingua, passata al cesello: e se a un'osservazione superficiale l'uso di certi termini desueti, o tecnici, può sembrare compiaciuta ricercatezza, si tratta invece di una precisione perseguita con acribia, di un'esattezza che ricorda certi passaggi di Calvino.
Insomma, mentre a parole lo nega, nei fatti Scurati afferma: con la parola, ci salveremo. O almeno dobbiamo provarci. Perché non è possibile che non ci sarà più il romanzo, la letteratura, la narrazione. Qualcuno starà sempre lì a raccontarla, e allora tanto vale che siamo noi. O che almeno proviamo a fornire la nostra versione. “Da sempre, sono i popoli che fanno la storia. Da sempre, sono i potenti che la scrivono”: lo diceva un grande rivoluzionario, un antico cinese, un potente. Mao Tse Tung.
Tags: Antonio Scurati, Dario De Marco, il bambino che sognava la fine del mondo, la seconda mezzanotte, occidente, venezia,
Antonio Scurati, La seconda mezzanotte, Bompiani, p 550, 19 euro
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