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DISCHI

L'infallibilità del pop

Questa volta è messa in discussione: Scratch My Back, il nuovo album di Peter Gabriel, è una raccolta di cover che fanno incontrare classici e novità, da Neil Young agli Arcade Fire; ma tutte in versione così patinata da diventare stucchevoli


di Massimo Balducci


Per la prima volta, un disco di Peter Gabriel non raccoglie il consueto coro di plausi. Facile infatti restare delusi, se dopo otto anni di silenzio discografico non si concede
che un disco di cover…
 
Peter Gabriel spiega che l’idea del suo nuovo album, Scratch My Back, gli è venuta pensando al formato digitale e in particolare ad iTunes. Si tratta infatti di un progetto per così dire “aperto”, di cui l’attuale uscita costituirebbe soltanto la prima fase. In essa Gabriel reinterpreta a modo suo 12 classici del pop, più o meno recenti e più o meno celebri: da Heroes di David Bowie a The Book Of Love dei Magnetic Fields, da The Boy In The Bubble di Paul Simon a Street Spirit (Fade Out) dei Radiohead, da Philadelphia di Neil Young a My Body Is A Cage degli Arcade Fire. Da qui in avanti, e a cadenza mensile, è previsto il processo inverso: saranno cioè Arcade Fire, Neil Young, Radiohead eccetera (tranne David Bowie, che ha snobbato lo scambio) ad eseguire la loro versione di un pezzo tratto dal repertorio di Peter Gabriel. 
  

La trovata è senz’altro curiosa, ma forse la popstar inglese sta sopravvalutando l’importanza del supporto discografico nella musica. Che lo si ascolti su cd, su mp3, su musicassetta o su vinile a 78 giri la sostanza non cambia: si tratta pur sempre di un disco di cover, un tipo di
operazione facile da realizzare, che comporta pochi rischi ma in compenso ha quasi sempre un sicuro effetto sul pubblico
(basta pensare ai Fleurs di Battiato, un altro che da parecchi anni ha messo la sua creatività in letargo).
La funzione principale di un disco di cover è la celebrazione degli autori coverizzati, e in questo senso le scelte di Peter Gabriel sono senz’altro brillanti: inserire a fianco dei Bowie e dei Neil Young nomi come Arcade Fire, Bon Iver e Magnetic Fields, servirà almeno a levare un po’ di polvere da quel Pantheon della storia pop che da troppo tempo - per la pigrizia ampiamente condivisa da pubblico e critica - si è fossilizzato. In questo caso la celebrazione, peraltro, è presa molto sul serio: abbandonata la strumentazione rock, qui è infatti un’orchestra classica ad accompagnare la voce di Gabriel: che peraltro è di per sé aristocratica, misuratissima, autorevole, e non spreca mai nemmeno il più piccolo soffio di fiato rispetto al necessario. 
  
Nonostante tutta questa eleganza, Scratch My Back (ed è la prima volta che succede nella sua carriera) ha ricevuto un’accoglienza decisamente controversa: se gli estimatori continuano ad apprezzare l’originalità, e la lentezza non omologata, dell’ex leader dei Genesis, in molti si sono permessi di stroncarlo mettendone perfino in discussione l’infallibilità. E il problema non sta nella scelta dei pezzi (che è anzi l’aspetto più interessante), e nemmeno nella scelta in sé di “classicizzare” le canzoni con l’orchestra, quanto nel suono così patinato e da colonna
sonora
che ne esce fuori. Scratch My Back dimostra cosa diventa la musica (e non solo il pop) quando viene schiacciata sulla dimensione intellettuale, esprimendo una perfezione così apollinea e poco appassionata da risultare stucchevole. A dare il colpo di grazia è infine il prezzo: 15 euro per la sola versione in mp3, in pratica con quello che una volta si pagava per l’oggetto fisico qui si compra il diritto a scaricarlo. Sarebbe questo il “Rinascimento musicale” di cui lo stesso Gabriel straparla nelle interviste?



Tags: Arcade Fire, cover, David Bowie, Magnetic Fields, Massimo Balducci, Neil Young, Paul Simon, peter gabriel, Pop, Radiohead, scratch my back,
03 Marzo 2010

Oggetto recensito:

Peter Gabriel, Scratch My Back, 2010

giudizio:



6.867693
Media: 6.9 (13 voti)

Commenti

Mi spiace ma questa volta non

7.02

Mi spiace ma questa volta non condivido. Detto che un album di cover dà sempre un pochino meno di uno composto da originali (che, temo, ormai Peter non ha più la forza di concepire) è proprio la chiave rarefatta e cristallina a rendere prezioso questo disco (del cui costo poco mi cale). Prendere pezzi spesso potenti e tirarne fuori le risonanze più nascoste è un grandissimo pregio. Il pop non è solo energia e ritmo, la passione sappiamo bene piò anche essere affilata come una lama. E questi pezzi spesso lo sono!

beh, è servita a farmi

beh, è servita a farmi tornare in mente un pezzo dei Talking Heads che avevo dimenticato. Non lo so, devo ascoltarlo, prima

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