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ATTUALITÁ

La vita magra

I suicidi in carcere, 71 quest'anno, continuano ad aumentare nell'indifferenza generale


di Remo Bassetti


“Sto imparando a non odiare”. Questa frase, che potrebbe sembrare così calzante all’attualità, era il titolo di una giornata di studi di un paio di anni fa, organizzata nel carcere di Padova. L’aveva pronunciata in un’intervista la figlia di un poliziotto ucciso il 14 maggio 1977 da manifestanti che spararono contro le forze dell’ordine. Olga D’Antona, in un incontro con detenuti che si erano macchiati di reati di sangue, parlò del suo dolore ma anche della sua “fortuna di non saper odiare”.
Nell’atteggiamento dei criminali verso le loro vittime, ma anche in quello della comunità verso i carcerati, il confine tra l’odio e l’indifferenza è paradossalmente sottile. In un certo senso, l’indifferenza è la forma più sofisticata di odio.
In quell’odiosa indifferenza il numero dei suicidi in carcere continua ad aumentare. Ieri è toccato ad altri due, e la loro differenza sociale (uno era un assessore accusato di corruzione, l’altro un camorrista pentito) rende terribilmente difficile circoscrivere il rischio a una categoria piuttosto che a un’altra. Il disgraziato vi chiude il cerchio della sua emarginazione, il borghese consacra la sua inabilità fisica alla contenzione, in una sorta di evoluzionismo darwiniano invertito. Siamo a 71 nel 2009. E’ una cifra spaventosa, la più alta mai registrata, insensatamente più alta di quella dello scorso anno, che era 45. A Vicenza siamo al quarto suicidio in quattro anni. Ma qui siamo lontani dal record, visto che nel 1987 a San Vittore si tolsero la vita in 16. Siamo invece sulla buona strada per recuperare terreno nelle statistiche europee che, a onor del vero, non ci vedevano tra i peggiori. Nel 2005 a fronte di 21 suicidi ogni 10.000 detenuti, l’Italia si attestava a “soli” 9,5.
E’ stato Popper, non esattamente un anarchico, a dire che “la civiltà di un popolo si misura dalle condizioni delle sue prigioni”, e certo il tasso di suicidi di quelle condizioni è un discreto indicatore. Nello scegliere questo tema da lasciare per i prossimi giorni natalizi sull’apertura di Giudizio Universale mi è venuta in mente la visita di Papa Giovanni a Regina Coeli, nel 1958. “Siete contenti che sia venuto a trovarvi? Sapevo che mi volevate, e anch’io vi volevo. Per questo, eccomi qui. A dirvi il cuore che ci metto, parlandovi, non ci riuscirei, ma che altro linguaggio volete che vi parli il Papa? Io metto i miei occhi nei vostri occhi: ma no, perché piangete? Siate contenti che io sia qui. Ho messo il mio cuore vicino al vostro. Il Papa è venuto, eccomi a voi” aveva detto. E prima: “Miei cari figlioli, miei cari fratelli, siamo nella casa del Padre anche qui. Siete contenti che io sia venuto? Venendo qui da San Pietro mi sono rammentato che quando ero ragazzo uno dei miei buoni parenti, andando un giorno a caccia senza licenza, fu preso dai carabinieri e messo dentro (n.d.r. in realtà aveva inventato l’episodio). Oh, che impressione! Oh, poveretto lui! Ma sono cose che possono capitare, qualche volta, anche se le intenzioni non sono cattive. E se si sbaglia, si sconta, e noi dobbiamo offrire al Signore i nostri sacrifici. Che grande cosa, fratelli, il Cristianesimo!”. Cosa ne pensano gli attuali crociati della cristianità?


Tags: carcere, cristianesimo, italia, odio, olga d'antona, papa giovanni XXIII, regina coeli, Remo Bassetti, suicidi, suicidi in carcere,
24 Dicembre 2009

Oggetto recensito:

L'INDIFFERENZA VERSO I CARCERATI

giudizio:



9
Media: 9 (4 voti)

Commenti

Che grazia, che bontà d'animo

Che grazia, che bontà d'animo nelle parole di quel Papa! Perfino il ricorso ad un episodio inventato per recare sollievo al prossimo è manifestazione di una carità di cui oggi si sente il bisogno.Non conoscevo queste parole e sono lieto di averle incontrate qui grazie a Lei, Bassetti.

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