• Seguici su:
TEATRO

Simposio nei Bassifondi

Il regista teatrale Oskaras Korsunovas smette gli allestimenti shakespeariani che l'hanno portato in giro per il mondo e porta sul palco il capolavoro protrorivoluzionario di Gor’kij. Attori radunati a "banchettare" attorno a un tavolo, come una Ultima Cena laica e stracciona


di Sergio Buttiglieri

 


Una sorta di ultima cena laica, in cui gli attori lituani dell’OKT/Vilnius City Theatre, diretti dal giovane regista Oskaras Korsunovas (Premio Europa 2001), disinibiti dalla vodka, mettono in scena il racconto di un'umanità arrabbiata, annoiata da tutte quelle parole che, a turno, diventano improvvisamente di moda, e altrettanto improvvisamente scompaiono nell’oblio.
 
I Bassifondi (1902) di Maksim Gor’kij, capolavoro pre-rivoluzione che esordì a Mosca nel teatro di Stanislavskij, è lo spunto, che Korsunovas utilizza per interrogarsi sulla vita infelice degli uomini, non solo quella di chi nei bassifondi ci vive, ma anche di coloro che si ritengono realizzati. E lo fa con quello stile autoanalitico che il pubblico che lo segue da anni nei Festival internazionali in cui spesso è ospite - in Europa, come in America, Asia e Australia - conosce bene. I suoi attori ci sbattono in faccia, con ferocia ma anche con ironia, la nostra necessità "di superare la calma che ci circonda per comprendere le decisioni che prendiamo per vivere, per realizzare che la nostra vita si fonda su un'illusione”.
 
Lo aveva già fatto in passato in un memorabile Hamlet che continua a essere una delle sue magnifiche ossessioni, e infatti il personaggio di Amleto lo ritroviamo ancora qui, nelle scene finali di questi Bassifondi (premiato in Lituania come miglior spettacolo del 2010), con il suo celebre monologo sul senso della vita. Ancora prima c'erano stati un Sogno di una notte di mezza estate e un Romeo e Giulietta al cui OKT_KORSUNOVAS_D.Matvejevo nuotr.(3).jpgintreccio, non a caso, rimanda la diafana ma vitalissima attrice del gruppo (con una violenza sonora che solo i lituani possiedono: abbiamo ancora bene in mente i primi magnifici lavori di Nekrosius con la propria compagnia...): è lei a iniziare con il racconto di una storia d’amore tanto impossibile che avrebbe intrigato persino Maria de Filippi, mentre il resto della compagnia ironizza sulla sua vicenda, coinvolgendo anche il pubblico in sala. Eppure le sue disperazioni sentimentali sono anche le nostre. Assieme a lei ci sentiamo tutto ad un tratto inutili e irretiti dalla potenza di fuoco di questo gruppo barbarico che si sveste dalle solite maschere  per mostrarci che “è inutile truccarsi anche l’anima, dopo essersi truccati le guance”; “Dal momento in cui mi ricordo di esistere è come se avessi davanti a me della nebbia”.
 
E’ una sorta di sconclusionato tribunale dell’umanità impregnato di vodka quello che ci troviamo davanti: “voi non siete uomini ma parassiti”, “La gente mente, come se fosse dal… giudice” ,si urlano e ci urlano addosso. Uno di loro piroetta e agita il berretto con un'energia degna dell’Arlecchino di Ferruccio Soleri. “Perché vivete? Perché vivono gli uomini?", si domandano i commensali, “perché sperano in un futuro migliore”, gli risponde uno di loro, “Tu vivi su di me come un bruco su una mela”, urla indignata l’altra irrefrenabile attrice del gruppo. Furiosi litigi, buio in sala, e lei parte con una energica tirata sul suo essere donna libera che non capisce perché dovrebbe sposarsi per fare la serva ad un maschio. “Sposarsi per una donna - continua - è come gettarsi nell’acqua gelida, quando uno l’ha fatto una volta… se ne pente poi per tutta la vita” E per chiosare adeguatamente le sue convinzioni, (tragicamente attuali) racconta la storiella dei due che fanno l’amore, lui impugnando il bastone. “Ma qui i maschi ora sono più educati: picchiano solo dopo essersi sposati”.
 
Se pure e' inevitabile che i quesiti che si/ci pongono questi attori assumano per noi un retrogusto vintage (sembra una sorta di analisi di gruppo in stile anni ’70) , tali quesiti rimangono di importanza capitale. forse irrisolvibili ma sempre veri: “cos’è l’uomo? Ci sarà un motivo perché sono nato? Si deve amare l’uomo quando è vivo; il talento non è altro che fiducia in se stessi; l'uomo bisogna rispettarlo, non umiliarlo compatendolo; l'uomo è più nobile della fame; gli uomini hanno bisogno di rispetto, soprattutto i bambini. I bambini hanno bisogno di libertà”. E il regista porta avanti questa sua incontrollabile energia predicatoria, che è stata già di Gor'kji, ma sporcata di irriverente e provocatoria vitalità, contamina il suo gruppo di efficace e genuina capacità comunicativa, e scatena nel pubblico un effetto liberatorio.



Tags: Bassifondi, Maksim Gor’kij, Oskaras Korsunovas, recensione, rivoluzione russa, Sergio Buttiglieri,
10 Maggio 2013

Oggetto recensito:

I Bassifondi di Maksim Gor’kij, regia di Oskaras Korsunovas

Prossimamente: domenica 12 maggio alle ore 16 la compagnia di Korsunovas andrà in scena in prima nazionale al Teatro del Giglio di Lucca con Miranda, sua inedita reinterpretazione de La tempesta di Shakespeare

giudizio:



6.03
Media: 6 (1 vote)

Commenti

Invia nuovo commento

Il contenuto di questo campo è privato e non verrà mostrato pubblicamente.
 
CAPTCHA
Questa domanda serve a verificare che il form non venga inviato da procedure automatizzate
Image CAPTCHA
Enter the characters (without spaces) shown in the image.