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ARTE contemporanea

A Bologna arte per tutti. Anche per chi non ne vuole

Con la rassegna Art First e il Premio Furla, parata di grandi nomi sotto le due torri. Trivelle finte (ma che fanno rumore vero), impronte di fango e video in HD: ma l'obbligo di coinvolgere non garantisce la qualità


di Mirko Nottoli

Stefano Bombardieri, Rino Petrol Company


Quello compreso tra il 28 e il 31 gennaio è stato per Bologna il weekend di Arte Fiera, momento in cui la città si anima come per incanto e si scopre amante dell’arte contemporanea. Notti bianche, palazzi e gallerie aperti fino a tardi, mostre ed eventi, gente per strada nonostante il freddo polare, file chilometriche davanti ai musei, locali sold out per la gioia di commercianti e ristoratori. Ma l'abbuffata va oltre il weekend, e la durata di alcuni eventi collaterali si allunga fino a fine mese.
 
Bologna art first, a cura di Julia Draganovic (senza un curatore ormai non si muove foglia), punteggia la città di opere d’arte. Si parte da Piazza Maggiore dove, nel cortile di palazzo d’Accursio, troviamo una gigantesca quanto incomprensibile installazione di Paolo Icaro (Cardo e Decumano, nella foto qui sotto). A pochi metri, a Palazzo Re Enzo, Sissi ripropone la potente opera già presentata all’ultima biennale di Venezia. 
 
icaro.JPGIl museo medievale invece ospita un’orrenda scultura di Silke Rehberg, Ericailcane espone al Museo Archeologico, all’Archiginnasio va in scena una performance di Maria Josè Arjona, al Museo della Musica si vola alto con Antony Gormley, mentre in piazza de’ Calderini una finta trivella petrolifera cigola giorno e notte frantumando i nervi dei residenti (in alto). Del resto il coinvolgimento, anche coatto, del pubblico è una delle missioni principali dell’arte oggi giorno. E poi le gallerie, non ce n’è una che in questo week end non abbia inaugurato una personale di questo o quell’altro artista. Sironi alla Cinquantasei, Morandi alla Maggiore, Calzolari alla De’ Foscherari, La Cognata alla Forni, Bergonzoni alla Otto e via così discorrendo. Si rischia l’indigestione. 
  
Per tastare il polso dello stato di salute dell’arte però forse conviene fare un salto al Premio Furla, giunto quest’anno alla sua ottava edizione, nell’appena restaurato Palazzo Pepoli. 5 artisti per 5 coppie di curatori, uno italiano e uno straniero, che per 12 mesi hanno girato in lungo e in largo l’Italia a caccia della crème de la crème della migliore giovane arte nostrana. La lunga ed estenuante selezione ha partorito infine i nomi di Alis/Filliol, Francesco Arena, Rossella Biscotti, Matteo Rubbi e Marinella Senatore, qui esposti con la supervisione della curatela di Chiara Bertola.
 
Con queste premesse e un tale dispiegamento di forze in campo ci si aspetterebbe di entrare a Palazzo Pepoli e trovarsi nella Cappella Sistina dell’Arte Contemporanea. E invece ci si trova davanti a una tenda colorata che pende dal soffitto. E poi i soliti video, che sembrano film ma sono troppo brutti per essere film e allora li si chiama video, le solite performance da teatro sperimentale fuori corso, le solite installazioni sonore, le solite noiose operazioni concettuali/intellettualistiche. I video una volta più erano “sporchi” più erano artistici. Ora si sottolinea che sono stai girati in HD. 
  
Per sopperire alla mancanza di creatività si ricorre sovente all’impegno civile e sociale, come l’opera ispirata alla morte dell’anarchico Pinelli, una serie di oggetti sparsi per la stanza inutilmente segati a 92 cm d’altezza (l’altezza della finestra da dove è caduto Pinelli), o come la lapide forata dai nomi delle vittime della strage di Bologna. Nel migliore dei casi si entra in una sala, si guarda l’opera sconcertati e si corre a leggere la lunga didascalia in cerca di conforto. Ma solo per uscire più perplessi di prima. Nel peggiore, si entra in una stanza, ci si guarda intorno non trovando niente e solo ad un esame più attento ci si accorge delle quattro orme lasciate negli angoli da una scarpa inzaccherata di fango. Quella è l’opera. E’ il fango del luogo dove è morto Pasolini. Ah beh, allora… La sindrome di Alberto Sordi alla biennale di Venezia incombe. 
  
rubbi.JPGPer la cronaca, ha vinto Matteo Rubbi (qui a fianco, Viaggio in Italia) per, come si legge nella motivazione della giuria presieduta da Christian Boltanski, “la sua capacità di interagire con lo spettatore e creare inedite relazioni tra lo spazio espositivo e lo spazio pubblico in uno spirito di generosa apertura”. E’ proprio questa la contraddizione che denuncia i limiti di un’arte che si affanna a coinvolgere, che invade la quotidianità, che ti aspetta sotto casa per farsi notare e che invece provoca solo indifferenza, avulsa dalla realtà, costretta a rincorrere e rimasticare quanto già prodotto da altri, incapace di far parlare di sé se non per questioni esterne alle ragioni dell’arte, un’arte che, per citare Jean Clair, "non è nient’ altro che un idiotismo attraverso il quale si esprimono i capricci infantili di un individuo che crede di non dover più nulla a nessuno". A Bologna, all’iniziativa e alla risposta della gente, 4 soli. Allo stato dell’arte, 4 ombrelli. La media è il voto che assegniamo.



Tags: Antony Gormley, arte contemporanea, bologna, bologna art first, Chiara Bertola, Ericailcane, Julia Draganovic, Maria Josè Arjona, Matteo Rubbi, Mirko Nottoli, palazzo pepoli, Paolo Icaro, premio furla, Silke Rehberg, Sissi,
09 Febbraio 2011

Oggetto recensito:

Bologna Art First 2011, a cura di Julia Draganovic
Premio Furla Pleure qui peut, rit qui veut, a cura di Chiara Bertola, Bologna

Bologna Art First 2011: fino al 27 febbraio; informazioni www.artefiera.bolognafiere.it
Catalogo del Premio Furla: Pleure qui peut, rit qui veut, a cura di Chiara Bertola, Mousse Publishing, p. 159, euro 25

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