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MUSEI

La mafia? Una roba da museo

E' a Salemi, voluto dal sindaco Vittorio Sgarbi e intitolato a Leonardo Sciascia. Tra le retoriche tele di un pentito e la galleria di ritratti degli eroi, spiccano le claustrofobiche installazioni di Cesare Inzirillo: il vero volto del crimine organizzato è all'interno di una cabina. Elettorale


di Eleonora Lombardo

L'artista Cesare Inzirillo all'interno di una delle sue Cabine


Nel 1860 fu la prima capitale d'Italia. Oggi, per iniziativa del sindaco Vittorio Sgarbi e dell’ex assessore ai diritti umani Oliviero Toscani, è la capitale provvisoria del Tibet. Salemi, provincia di Trapani, Sicilia, Italia. Non ci sono statue del Buddha, monaci o monasteri, ma c'è un tempio che scongiura l'ascesi e la redenzione. Lo chiamano il museo della mafia, e la parola museo ha scatenato più sdegno di quello che dovrebbe provocare quotidianamente la parola mafia (solita assuefazione alla malavita piuttosto che all’arte).
 
Si può o no concepire un museo della mafia? La mafia, fenomeno tutt’altro che passato, può essere sistemata in una teca da anticaglie? Domande superflue, da professionisti del disfattismo. Per verificarlo basta andare all’ex-collegio dei Gesuiti - ora Museo Civico - ignorare il Museo di Arte Sacra, il Museo dei Cimeli del Risorgimento, e salire al primo piano. Lo chiamano museo della mafia ed è intitolato a Leonardo Sciascia. Perché così fa scandalo e memoria, così è merchandisingzabile, così Oliviero Toscani può disegnare un logo, così vale la visita di un capo di Stato.
 
Ma il Museo non c’è, con buona pace di Sciascia. Manca del tutto il farraginoso sistema museale, mancano i pezzi da esporre, manca la possibilità di compiere l’impossibile.
Non bastano le copie di cento, o più, prime pagine di giornale dedicate all’argomento; non bastano due stanze con i ritratti di chi la mafia la combatte o l’ha combattuta; non bastano i quadri, veramente retorici, di un mafioso in cammino per la redenzione. Non basta neanche la coraggiosa Stanza delle Pale Eoliche che racconta l’ultima frontiera di Cosa Nostra: la speculazione sostenibile. Niente di ciò che sta qui in esposizione basta a valergli il titolo di museo: ma non c’è da rimanere delusi perché ci sono due installazioni dell’artista siciliano Cesare Inzerillo che valgono un biglietto e più.
 
museo_mafia_salemi.jpgDue percorsi da compiere individualmente. Uno alla volta. La prima installazione di Inzerillo si declina in dieci cabine elettorali, dipinte di nero, numerate e sparse casualmente in un buio pesto. Subire il buio. Prima prova. Vacillando e mettendo le mani avanti come per pararsi da una caduta, si può entrare nelle cabine. Aprire la porta e chiudersela alle spalle restando soli, senza sapere cosa accadrà. Seconda prova. E ogni volta accade una cosa diversa. Per dieci volte la mafia rivela il suo volto, fa sentire la sua voce e il suo odore: ogni cabina ha un video e un allestimento scenico.
 
C’è tutto. Non manca niente in queste dieci stanze della verità. Tutte cose che si sanno, perché la mafia che si racconta è quella conosciuta fino a ieri, non c’è nessuna intenzione di indovinare come sarà domani. C’è il rapporto mafia-chiesa, mafia-sanità, mafia-acqua, mafia-informazione, c’è il carcere, c’è il sangue.
 
Poi ci sei tu. Su una sedia foderata di damasco bordeaux. Davanti a te uno specchio deformante. Incolpare se stessi. Terza e ultima prova. Tutto quello che le cabine raccontano lo si sa già. Lo sai prima di entrare e poche ore dopo avrà poca importanza. Ma quello che resta è un grande senso di colpa. Il senso di colpa di vivere fisicamente, con un’esperienza corporea forte, la metafora. L’installazione racconta che l’associazione a delinquere più famosa del mondo cresce grazie a quel gesto semplice di aprire e chiudere una porta, entrare e uscire da una cabina elettorale. L’infezione è lì dentro, l’untore sei tu. 
 
La seconda installazione è sull’abusivismo edilizio. Un tunnel tra due muri di cemento armato con le zanche sporgenti conduce a una parete frontale da cui fuoriesce una mummia, icona cara all’artista. Una cariatide umana che si presenta come decoro dell’osceno.
 
Il museo non c’è. Neanche il sindaco di Salemi Vittorio Sgarbi, che con grande onestà intellettuale ha prestato se stesso, la sua immagine a uno dei quadri di Patrick Ysebaert esposti, è sufficiente per istituirlo. Quello che c’è è l’arte. Scomoda, buia, paurosa e che trasforma chi la fruisce.



Tags: abuso edilizio, cabina elettorale, Cesare Inzerillo, Eleonora Lombardo, installazioni, mafia, Museo della Mafia. Trapani, Oliviero Toscani, salemi, Sicilia, tibet, Vittorio Sgarbi,
04 Giugno 2010

Oggetto recensito:

Museo Leonardo Sciascia, presso il Museo Civico, Via Francesco D'Aguirre, Salemi (TP)

Orari del Museo Civico: dal Martedì al Venerdì dalle 10 alle13 e dalle 16 alle 18
il Sabato dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19 
 
Ingresso: libero

giudizio:



5.865003
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