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SPECIALE BIENNALE DI VENEZIA / 1

Luci e ombre sulla Biennale

Il nostro resoconto sulla mostra d'arte di Venezia parte da ILLUMInazioni, la rassegna curata da Bice Curigher dove i "lumi", dipinti o intellettuali, fanno da protagonisti. I riflettori si accendono sulle tele di Tintoretto e i piccioni di Cattelan, in uno spazio espositivo non sempre agevole per i visitatori


di Chiara Di Stefano

Maurizio Cattellan, Turisti (2011) sulla facciata del Palazzo delle Esposizioni


Nelle intenzioni della curatrice svizzera Bice Curigher, la luce doveva essere la protagonista di questa mostra che si svolge tra la sede dell’ex Padiglione Italia - ora Palazzo delle Esposizioni - e i Giardini. Pensando che la luce nell’arte si manifesta per la prima volta con Tintoretto si è deciso di piazzare tre ampi teleri del celebre pittore veneziano proprio nel salone centrale della Biennale.
 
Segnatamente la scelta è caduta su alcune opere fragilissime come Il trafugamento del corpo di San Marco, L’ultima cena e La creazione degli animali che hanno fatto alzare gli strali dei conservatori circa la precarietà dello spazio espositivo. Tra l’altro Il trafugamento è stato spostato con somme spese dalle rinnovate Gallerie dell’Accademia, situate due anse del Canal Grande prima della sede dei Giardini. 
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La scelta del Tintoretto come maestro della luce lascia perplessi poiché le tre tele, circondate da una security degna di una rock star, sembrano defraudate del loro spazio vitale e inserite in un contesto stonato. Indubbiamente comprensibili dal pubblico non specializzato, ma ahimè “prime della classe” non integrate, diverse per epoca, tecnica e mestiere. Di certo la Biennale di Venezia ama sorprendere i suoi visitatori ma questa operazione, un po’ "piaciona" se mi si passa l’espressione, lascia perplessi anche gli amanti dell’arte moderna e contemporanea. Soprattutto se si pensa che le tele del Tintoretto (come del resto tutto lo spazio del padiglione, compresa la facciata rinnovata) sono sovrastate dai già visti piccioni imbalsamati di Maurizio Cattelan, anche se opportunamente decentrati. 
 
Chi scrive non è contraria in maniera assoluta all’accostamento di opere appartenenti da epoche diverse. Alcuni anni fa il Centre Pompidou di Parigi ha tentato un’operazione simile ottenendo un buonissimo riscontro. Ma i piccioni al lato delle tele del Tintoretto sembrano riportare un’idea di Venezia da cartolina illustrata, stereotipo tra gli stereotipi. Un filo rosso che prosegue anche con il lavoro di Pipilotti Rist, Non voglio tornare indietro (Ospedale) del 2011, una video proiezione sovrapposta ad una veduta di scuola del settecento veneziano. Questo lavoro è allestito in una sala molto buia, basterebbe una fisarmonica e sembrerebbe di stare all’Hotel Venice di Las Vegas. (sopra Norma Jeane, Who is afraid of free expression?, 2011)
 
La mostra dei Giardini risulta fredda e disarticolata, spesso il visitatore non riesce a cogliere il discorso sulla luce - che a volte è luce fisica, a volte è luce del pensiero illuminista.
La novità reale introdotta da Bice Curigher sono quelli che lei ha chiamato parapadiglioni: strutture architettoniche all’interno delle sedi espositive, che creano uno spazio nello spazio. Nel caso dei Giardini il parapadiglione è della polacca Monika Sosnowska e ospita David Goldblatt con i suoi meravigliosi ritratti di ex detenuti sui luoghi del crimine. Il parapadiglione nelle intenzioni dovrebbe risultare una forma scultorea e funzionale ma nel caso di quello della Sosnowska è solo incomprensibile e rende difficile la fruizione delle immagini all’interno.
 
Il Palazzo delle Esposizioni riserva qualche bella sorpresa, come i sempre ironici travestimenti di Cindy Sherman o l’installazione creativa di Norma Jeane che piazza un cubo di plastilina nei tre colori della bandiera dell’Egitto. I visitatori sono invitati a portare via la plastilina, a scrivere sui muri ad esprimere la propria libertà d’espressione accendendo il lume della ragione. 
 
Se ai Giardini la luce ci guida a tentoni, all’Arsenale le cose sembrano andare meglio. Lo spazio è più organico e anche i parapadiglioni si integrano piacevolmente nel percorso della mostra. Proprio uno di questi ci accoglie all’ingresso dell’Arsenale. Song Dong ha ricostruito la casa dei suoi genitori in una sorta di allestimento cubo futurista che si estende per tutta la sala e si può attraversare o salire. Il tema della luce in questo spazio è molto più manifesto e anche il progetto espositivo sembra più lineare. Il solito Turrel (affascinante per chi non ha mai provato l’esperienza diretta col colore locale, un po’ noioso per chi sa già di cosa parliamo) raccoglie ampie frotte di visitatori che in fila indiana attendono il loro turno per “entrare” nella parete di luce, ma non prima di essersi tolti le scarpe. 
  
Un difetto di questo spazio è nell’eccessivo buio di alcune sale: in una delle prime, in particolare, i visitatori sono stabiennale2.JPGti costretti ad accendere i visori dei telefonini per farsi strada fino alla stanza successiva. Affascinante l’installazione dell’italiana Elisabetta Benassi che propone una serie di schermi da microfilm dove scorrono le immagini dei giornali legate al periodo degli anni di piombo. Il Leone d’oro Franz West ci porta a casa sua, precisamente nella sua cucina, creando il terzo dei quattro famosi parapadiglioni. Discutibile la scelta di appendere alle pareti disegni pornografici e video di sodomie (ma in casa propria, o meglio nella propria cucina, ognuno fa quel che vuole).
 
Il video di Christian Marclay è allestito in tutto e per tutto come in una sala cinematografica, e in effetti lo spettatore deve stare comodo dal momento che questo bel lavoro, premiato dal Leone d’Oro, è un collage di spezzoni di film nei quali compare un orologio e consta in ventiquattr’ore reali di proiezione. Il Leone d’oro alla carriera Urs Fischer (a sinistra, Untitled 2011) porta alla Biennale delle monumentali statue di cera tra cui una riproduzione del Ratto delle Sabine del Gianbologna. Le statue sono accese, si consumeranno e, come questa ennesima Biennale e tutte le polemiche che porta con sé, finiranno in cenere. Aspettando la numero 55.



Tags: Biennale Venezia, Chiara Di Stefano, Il corpo di San Marco, Illuminazioni/Illuminations, La creazione degli Animali, luce, Maurizio Cattellan, Tintoretto,
14 Giugno 2011

Oggetto recensito:

ILLUMInazioni - ILLUMInations, Giardini - Arsenale, Venezia

Fino al: 27 novembre
A cura di: Bice Cugher
Orari: tutti i giorni, dalle 10 alle 18. Chiuso il lunedì
Ingresso: 20 euro, ridotto 16 euro. I particolari di costi e tariffe qui 
Sito ufficiale: www.labiennale.org
Speciale Biennale/2: Sgarbi veneziani

giudizio:



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